Il cielo di Roma

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L'aria era gelida fuori dalla casetta, mentre dentro il riscaldamento era stato impostato al massimo dai suoi abitanti. La produzione li aveva avvisati di non sprecare troppa energia, per il loro futuro, per il pianeta, e i ragazzi avevano anche provato ad ascoltare questi consigli giusti, ma l'inverno sembrava star facendo loro uno scherzo con i controfiocchi.

Questo, però, non impediva ai più impavidi di affrontarlo quel freddo, perché dentro la casetta ad un certo punto, circondati dal caldo, dal clima natalizio appena passato e da tutte persone gioiose, prima o poi si finiva con l'impazzire. Anche chi non fumava, molto spesso, si ritrovava a scappare da quella routine, vittima della nostalgia di casa, dei pensieri che volavano verso i propri parenti probabilmente riuniti a festa e allora i volti si alzavano verso l'alto, dritti nelle stelle, che in quelle notti illuminavano Roma.  Non erano rare le sere in cui i ragazzi si ritrovavano fuori zitti a pensare, soprattutto nei giorni che dividevano le feste, tra Natale e Capodanno, quando tutti nelle loro case si preparano all'anno nuovo e loro si ritrovavano lì, fermi, come congelati, vittime del tempo di un programma televisivo.

Christian molto spesso si era ritrovato a ringraziare di essere in quel programma, di avere quella possibilità, di poter maturare, crescere, passare mesi a lavorare al suo sogno sperando che qualcuno là fuori lo notasse per poter rendere quel sogno realtà, fare della sua passione un lavoro di cui andare fiero per tutta la vita. Altre volte, però, proprio quando lo sguardo si perdeva tra le stelle di quella città così lontana e diversa dalla propria, si chiedeva come avrebbe potuto essere se mesi prima lui non si fosse presentato ai casting, se in quel momento fosse a casa, circondato da sua mamma, suo papà, sua sorella e i loro infiniti animali, con il regalo di Natale dei suoi genitori tra le mani, mangiando tutti quei manicaretti che sua mamma preparava per le feste.

E si ritrovava lacrimante tutte le volte, circondato da persone che a loro volta stavano provando le stesse emozioni di nostalgia, eppure si sentiva solo, abbandonato e triste, nel periodo più felice dell'anno. Nella sua vita non gli era mai capitato di passare un Natale tanto importante quanto triste e l'incongruenza dei sentimenti che provava nel petto, alle volte lo facevano stare male.

Nella casetta imperversavano tutti i giorni canzoni di Natale felici e spensierate, che i ragazzi avevano imparato tutti a memoria, tanto che alcuni ballerini avevano iniziato a ballarci su, inventandosi coreografie di sana pianta, forse anche per la mancanza di prove con i professionisti e con i loro professori. Tutti sembravano divertirsi un mondo, persino i nuovi arrivati si erano integrati benissimo, nonostante qualche piccolo momento di debolezza che li aveva portati a scontrarsi, ma anche grazie al clima di festa e al buon cibo inviato con i cordiali omaggi di Maria De Filippi, tutto era tornato alla serenità.

Christian, però, non si sentiva così, nonostante fuori si comportasse come sempre e cercasse di non attirare l'attenzione, come era abituato a fare.

Perché se c'era una cosa che Christian Stefanelli odiava, era stare sotto i riflettori.

Una incoerenza, pensando a dove si trovasse in quell'istante.

Per cui, la maggior parte delle volte, nei momenti in cui si ritrovava a dover cacciare indietro una lacrima prima che venisse ripresa dalle telecamere e poi mostrata davanti a tutta Italia e ai suoi genitori, abbassava immediatamente lo sguardo e sospirava, guardandosi attorno e cercando un piccolo sorriso, uno spiraglio da parte di qualcuno che gli desse un piccola attenzione a cui aggrapparsi per tornare alla vita reale, quella in cui stava affrontando un programma televisivo, in cui era felice di essere e che nel momento meno aspettato, sarebbe anche potuto finire.

La coincidenza voleva che quello spiraglio, la luce infondo al tunnel della nostalgia, gliela fornisse sempre la stessa persona. Quel ragazzo che gli stava accanto dal primo momento in cui aveva messo piede in casetta, non per scelta propria, ma perché era stato lui stesso ad avvicinarsi vedendolo solo, triste, abbandonato, proprio come sentiva sé stesso.

Raccolta OS [Zenzonelli]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora