PROLOGO

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Era in atto una guerra tra due famiglie, una di esse voleva il potere e l'altra cercava vendetta per i torti subiti.
L'unica salvezza era una bambina nata da qualche giorno e già costretta alla fuga.
Sua madre stava cercando in tutti i modi di portarla via dal caos della battaglia, per proteggerla dal male del mondo.
Il suo volto era sporcato dalle lacrime che non accennavano a fermarsi.
La donna era certa di quello che stava per succedere, ma non lo voleva accettare: doveva separarsi da sua figlia.
Non era pronta a questo importante passo.
Avrebbe tanto voluto stare con lei e vederla crescere beata.
La guardò, aveva il viso rotondo e delicato, rigato da piccole goccioline.
Non sapeva cosa fare, dopotutto era diventata mamma da poco e aveva fatto un enorme sforzo nel partorirla.
Le urla erano risuonate tra le macerie dei palazzi, ormai a pezzi come i suoi sentimenti.

Chiuse gli occhi, il ricordo di quello che era successo la tormentava ancora.
Il parto era avvenuto in strada, nel bel mezzo della guerra, la levatrice era stata uccisa subito dopo averle passato la piccola.
L'aveva vista, morente, i piccoli sassolini sotto di lei si erano macchiati di rosso in una pozza di sangue.
Gli occhi di quest'ultima si erano aperti e sgranati, le sue pupille verdi riflettevano la sua disperazione prima di morire.
Per sua fortuna lei era scappata mentre il nemico era distratto, aveva perso tempo per ricaricare la sua arma e lei ne aveva approfittato.
Si era nascosta in un edificio abbandonato lì vicino e aveva aspettato il momento buono per agire.
Doveva compiere la sua missione, poi avrebbe rintracciato suo marito.
Nell'attesa aveva ispezionato le poche stanze che c'erano.
Il mobilio era tutto coperto da teli neri semitrasparenti, le finestre erano tutte sbarrate e non passava molta luce.
Aveva trovato una dispensa ricca di cibo e acqua su uno scaffale in legno dietro la porta.
Avevano lasciato solo i viveri in quel posto, ipotizzò che fosse un rifugio di qualche famiglia.
Si era seduta sul marmo polveroso con la schiena appoggiata al muro, aveva allattato la figlia che teneva tra le braccia.
Tra i sussurri aveva intonato una ninna nanna, la stessa che le cantava sua mamma quando era triste.

Scacciò quei ricordi dalla sua testa.
Stava correndo, i suoi passi erano decisi ma dentro di sé aveva come un macigno nel petto.
Voleva esprimere la sofferenza che provava, ma non poteva perdersi nei suoi sentimenti: era combattuta tra mente e cuore.
Il padre della sua bambina era fuori a combattere contro il grande esercito assoldato dalla famiglia avversaria.
Stava cercando di respingere i nemici per sua figlia.
Doveva essere forte per lei e per sua moglie, ma soprattutto per la sua gente.
Era una delle sue responsabilità, essendo il capofamiglia, ma non era più sicuro della sua posizione, data la precarietà della pace.
Si era perso anche la nascita della sua piccola, a causa di quell'attacco improvviso.
Il dolore era nelle sue vene e la rabbia nel suo cervello, pretendeva vendetta e l'avrebbe ottenuta.
Aveva già perso i suoi genitori in questa guerra e non voleva abbandonare anche la famiglia che si era appena creata.

La donna intanto si era fermata un attimo per riprendere fiato.
Era esausta, ma voleva mettere in salvo la bambina prima di pensare alla sua vita.
Le diede la sua collana con un rubino incastonato nel centro che portava al collo.
Era parte della loro storia, le avrebbe rammentato le sue origini e doveva averla ad ogni costo per ritornare da loro.
Poco dopo riprese a correre con tutte le forze che le erano rimaste, l'avevano ferita alla gamba sinistra durante la sua fuga.
Stava ancora sanguinando nonostante l'avesse fasciato.
Il dolore si stava impossessando di lei, ma lo ignorò.
Doveva tentare, nonostante tutto, di andare avanti e proseguire.

Giunta fuori città si fermò, era arrivata alla sua meta.
Per un attimo richiuse gli occhi stanchi e affaticati, fece un lungo sospiro, che sembrò durare un'eternità.
Fece attenzione al fruscio del vento che smuoveva la polvere sotto ai suoi piedi.
Non sentì altri rumori, questo significava che era rimasta sola.
Quando riaprì le palpebre, osservò il cielo che si stava riempiendo di nuvole grigie.
Si preannunciava una burrasca e avrebbe dovuto mettersi al riparo, invece non si mosse.
A un certo punto un fulmine squarciò l'etere e un lampo di luce bianca illuminò l'orizzonte.

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-Aurora

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