CAPITOLO 1- La scoperta

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Phiyport, anno 5234

Era immersa nel suo lavoro, con la testa bassa a guardare la moltitudine di fogli che aveva disteso sulla piccola scrivania bianca in metallo.
Il suo reparto era composto da soli uomini, ma lei non se ne faceva un problema.
Si era abituata alla loro presenza da ormai qualche anno, anche se tutti i suoi colleghi la denigravano perché dicevano che non era buona a fare invenzioni decenti, infatti non era come loro: lei era diversa.
"Ho compiuto ventidue anni da poco e mi sono laureata presto rispetto alle altre ragazze della mia età.
Mi sono concentrata fin da piccola sulla mia passione, la scienza, infatti ho dedicato la mia vita alla carriera più che all'amore.
In particolare allo studio delle nuove tecnologie, soprattutto a quelle più innovative."
Ripensò un attimo come era arrivata fin lì.
Aveva deciso di fare quello come lavoro, era un sogno che si portava dietro dall'infanzia e voleva portarlo a termine.
Era cocciuta e quando si metteva in testa una cosa non la fermava nessuno.
"Mi trovo in un'epoca dove le donne non sono ben accette nel mondo scientifico, quindi ho dovuto piegarmi alle necessità.
Ho dovuto mostrare i miei bozzetti di missili ultraveloci in grado di raggiungere ogni punto del pianeta in una manciata di minuti per essere assunta."
Guardò un punto davanti a sé, fissando la porta.
"Per restare nell'esercito ho ideato dei sistemi audio-video capaci di captare ogni mossa del nemico anche da chilometri di distanza.
Mi stanno finanziando questi progetti, li stanno realizzando e testando i miei colleghi.
Alcuni di loro sono invidiosi delle mie idee e per questo non mi approvano."
Impugnò la penna con la mano destra, la strinse e iniziò a scrivere il resoconto della prova fatta il giorno precedente.
"Tutti vogliono sopraffare gli altri e nessuno pensa realmente al bene del prossimo, al mondo da lasciare alle generazioni future.
Invece di aiutare l'umanità le nuove scoperte vengono usate ai soli fini militari."
Questa cosa andava contro ogni suo principio ma non poteva cambiare la mentalità delle persone.
Le sue scoperte volevano aumentare la conoscenza umana.
Il suo obiettivo nella vita era creare una macchina del tempo.
Questo per vedere la vita nel passato e studiarne la cultura, ma soprattutto scoprire le sue agognate origini.

Sentì un rumore di passi farsi sempre più vicino, ogni volta che accadeva percepiva il cuore batterle più forte nel petto, il sudore farsi freddo e sentiva la mano sinistra tremare.
《Brynja, che credi di fare con quei fogli, lo sappiamo tutti qui dentro che non sei buona a nulla! Alzati e vieni qui dai... ci divertiamo un po' insieme almeno, ti va?》rise beffardo un suo collega entrando nella stanza.
La cosa che spiccava era il suo camice bianco, sotto di esso l'uomo indossava dei pantaloni neri, stretti in vita da una cintura.
Lei alzò un attimo lo sguardo, appena lo sentì parlare.
Osservò i suoi occhi neri, come i suoi capelli, il volto era ovale, il naso a patata. La bocca carnosa accennava un ghigno.
Abbassò di scatto la testa, non facendo ciò che le aveva detto.
Non si sarebbe sottomessa così facilmente a un uomo prepotente, che credeva di fare il gradasso ma risultava solo stupido.
Notando che la ragazza non lo ascoltava più, l'uomo allungò le braccia verso la scrivania.
Buttò in terra tutto quello che c'era sopra, la maggior parte di essi erano fogli ma c'erano anche alcune matite e penne rosse.
Il rumore dell'attrito con il suolo risuonò per tutto il reparto, facendo accorrere gli altri a vedere cosa era successo.
Il primo ad arrivare fu un collega con in mano una cartellina, sopra di essa c'era il logo del laboratorio: una scia blu di elettroni che ruotava intorno a un cerchio rosso con dentro delle spade.
Anche lui indossava un camice, ma il suo era blu scuro, questo perché era il capo reparto.
Aveva gli occhi verdi e capelli neri, la sua bocca era spalancata dal disappunto.
《Una buona volta applicati per fare un nuovo fucile, invece di perdere tempo a pensare ad altro!》si unì alla conversazione quest'ultimo.
Tutti i presenti si misero a ridere di lei, ma non era una novità visto che le gridavano in faccia ogni giorno, sempre sullo stesso argomento.
Poco dopo la lasciarono sola e lei ebbe modo di riflettere sull'accaduto, ma soprattutto su quello che le aspettava in quell'ambiente lavorativo, se fosse rimasta.

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