19. Perché menti?

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Soohyo's pov

Passò esattamente un mese, dal momento in cui iniziammo le indagini per scoprire qualcosa di più riguardo al corpo del militare trovato sulle sponde di un fiume. Non ottenemmo particolari informazioni: nessuno dei membri della sua famiglia – compresa sua moglie – aveva idea della vita che conduceva che andasse oltre al lavoro, ed a quanto pare – così dissero – non aveva amici che andassero oltre ad alcuni dei suoi colleghi, tra cui l'uomo che ci consigliò il nome del Luxure.

Non avevamo fatto ancora indagini, lì, perché credevamo di poter lavorare al caso senza dover coinvolgere ancora i ragazzi, perché probabilmente non faceva di certo bene, al locale, avere sempre tra i piedi due detective, perché questo – dato il tipo di pubblico – poteva diminuire notevolmente l'affluenza dei loro clienti. Sapevo bene che non fosse etico, sapevo – quando iniziai a lavorare – di non dover mai farmi trascinare o impietosire da altre situazioni che avrebbero potuto interferire con le indagini, eppure quella volta non potei seguire quel giuramento. Da quando scoprii che Jooheon facesse parte di quell'ambiente, fu inevitabile, per me, sciogliermi, e vedere tutti quanti con un occhio diverso: non stavo facendo ciò solamente per lui, ma lo stavo facendo per Kihyun, per Ririn, per Hyungwon e per tutti coloro che lavoravano lì, perché per quanto poco li conoscessi, mi sentii inspiegabilmente legata a loro, perciò sentivo una profonda necessità di proteggerli, per quanto fosse possibile.

Trovai quasi ironico il fatto che io e Jungkook la pensassimo alla stessa maniera, per lo stesso motivo, ma quello non lo ammise nessuno dei due: io volevo proteggere mio marito e coloro che lui considerava la sua famiglia, lui voleva proteggere Ririn, per la quale aveva evidentemente un occhio di riguardo dal primo momento in cui la conobbe. Non ne parlammo mai apertamente, perché ciò significava non seguire ciò che giurammo in passato, significava ammetterlo, significava assumercene le responsabilità: noi sapevamo ciò che stavamo facendo e ci appoggiavamo a vicenda senza bisogno di dover ammettere qualcosa che ci faceva sentire tanto in difetto, e non potrei far altro che apprezzarlo.

Continuammo comunque a svolgere il nostro lavoro come facemmo sempre: lavorammo ad altri casi, nel frattempo, esattamente come in quel momento.

Ci trovavamo in un vecchio appartamento al nord di Seoul, in compagnia di un uomo – oltre che di alcuni nostri colleghi – precisamente il marito della vittima, uccisa con tre colpi di fucile: uno alla coscia sinistra, uno all'addome ed uno alla spalla destra. Sembravano colpi dati a casaccio, colpi sparati da qualcuno che non sapeva davvero quello che stava facendo.

“Colpi dati da mani tremanti...” sussurrai, proseguendo la linea dei miei pensieri, mentre osservavo il corpo della giovane donna – probabilmente anche più di me – incinta, con addosso un elegante ma allo stesso tempo informale abito per svolgere le faccende domestiche. Aveva un grembiule – bianco, prima che si sporcasse di sangue – ed un fazzoletto alla testa, che portava indietro i suoi capelli neri non molto lunghi.

“Cosa hai detto, Hyo?” mi domandò Jungkook, come sempre accanto a me, con il mio stesso tono di voce.

“Penso che la persona che a chi l'ha colpita stessero tremando le mani” spiegai, mentre la mia mente continuava a lavorare ininterrottamente “È morta da poco, Kook...”

“Pensi che sia stato lui, vero?” indicò suo marito, che in quel momento era seduto per terra, sotto una poltrona vuota.

“Ne sono praticamente certa. Sta continuando a tremare ma non da nessuna informazione concreta... se è stato lui, il fucile non può essere molto lontano da qui”

“Lo cerchiamo?” naturalmente, come ogni volta, comprese alla perfezione quello che intendevo, perciò sorrisi ed annuii.

“Trova qualcuno con cui farlo, io provo a parlare con lui, okay?”

When a flame dies ☽ 𝙼𝙾𝙽𝚂𝚃𝙰 𝚇 ☾ ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora