27. Certe cose non dovrebbero accadere

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Soohyo's pov

“La preghiamo cortesemente di non toccare la nostra paziente. È ancora molto scossa dal trauma subito, e c'è chi, come suo marito, tende a farlo troppo spesso”

Questa qui fu la frase che mi accolse quando misi piede in ospedale per la prima volta, da quando Ririn venne ritrovata.

Avevo opinioni contrastanti riguardo ciò, perché mentre da una parte avrei voluto davvero prendermela con Kihyun, dicendogli che non fosse stato in grado di seguire l'unica istruzione che gli avevo dato, dall'altra, invece, comprendevo perfettamente il motivo per cui lo avesse fatto, e a mente fredda constatai che lo avrei fatto anche io, probabilmente.

Kihyun conosceva i metodi per far parlare la gente, probabilmente, e questo ormai era fuor di dubbio. Avrei dovuto denunciarlo, avrei dovuto buttare giù il Luxure perché probabilmente nascondeva talmente tanti segreti e talmente tanti scheletri da poter risolvere gran parte dei nostri casi in sospeso, perché il quel momento capii che, probabilmente, lì non vi fossero solamente loschi giri di droga, ma vi fosse molto di più, perché la precisione con cui diedero fuoco ad un uomo e alla sua abitazione, a parer mio, non era quella di dei principianti.

Forse era omertoso, e stavo sicuramente andando contro le promesse che avevo fatto prima di venir assunta, ma non avevo intenzione di rovinare la vita a nessuno di loro, perché ne avevano vissute fin troppe. Non lo pensavo per mio marito: avevo poche certezze nella mia vita, ma una di quelle riguardava la bontà di Jooheon, e la consapevolezza del fatto che non sarebbe stato in grado di fare del male a nessuno, ma probabilmente per i suoi amati colleghi non era così, e nella peggiore delle ipotesi, scoprendo per davvero ciò che avevano fatto, gli avrebbero probabilmente dato l'ergastolo. Ririn e Kihyun avevano una bambina, oltretutto: chi ero io per non permetterle di vivere e crescere insieme ai suoi genitori? Probabilmente ero impazzita, non c'era nulla di etico nei miei pensieri, ma poco mi importava.

Quello che invece mi diede da pensare, fu la reazione di Jungkook, perché ero certa del fatto che anche lui pensasse ciò che pensavo io, ma entrambi giocammo ad un gioco in cui tenemmo i nostri pensieri per noi, così come effettivamente facevamo con tutto ciò che riguardava loro ed il Luxure, ormai da tempo. L'unica volta in cui parlammo apertamente, avvenne quando – dopo che Jooheon mi parlò della scomparsa di Ririn – confessai che mio marito lavorasse insieme a loro, ma la sua reazione fu talmente pacata ed indifferente da stupirmi, ma ormai Jungkook mi sembrava cambiato in tutto e per tutto, e ciò provocò un allontanamento nel nostro rapporto.

“Ciao, Rin” dissi a bassa voce, quando mi avvicinai verso il lettino, in maniera tale da non disturbarla “Come ti senti?”

Domanda retorica: aveva delle profonde occhiaie sul viso bianco – un bianco innaturale, e non candido e solare come quello che avevo visto l'ultima volta – e scarno.

“Esattamente come appaio” rispose, infatti, gelidamente, ed io sforzai un sorriso, tentando di non apparire impietosita ai suoi occhi, perché immaginavo che non fosse bello vedere gente piagnucolante di fianco al suo lettino d'ospedale.

“Sei comunque molto più bella di una qualunque persona con l'influenza” ridacchiai, sinceramente convinta di ciò che avevo detto, ma schiarii la voce nel non vedere nessun accenno di sorriso sul suo volto “Mi dispiace tanto per quello che ti è successo...”

“Lo so, dispiace a tutti”

“Cosa ti hanno fatto, Ririn? Puoi spiegarmi in breve cosa è successo, se te la senti?” tentai, per capircene di più, ed intanto avvicinai una sedia al letto per sedermi di fianco a lei. Il suo corpo era coperto fin sotto il seno, ed aveva addosso una di quelle uniformi da ospedale, che lasciavano intravedere le sue clavicole sporgenti.

When a flame dies ☽ 𝙼𝙾𝙽𝚂𝚃𝙰 𝚇 ☾ ✔️Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora