4ºCapitolo

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Dopo quella chiacchierata non rividi Alexander per un bel po' di giorni, convinta che fosse in comunità evitai di cercarlo.
Dopo che il mio cellulare squillò per la quarta volta decisi di smettere di ignorarlo e di rispondere.
"Quante volte ti ho detto di non chiamarmi la mattina se non sono almeno le undici?"
"Cassandra smettila di dormire e vieni ad aprirmi la porta."
Il sabato era per me il mio giorno di riposo, non ne volevo sapere di lavoro e soprattutto non ne volevo sapere di essere svegliata prima delle undici. Kim era solita disturbare la mia pace, nonostante sapesse quanto mi irritasse quel suo comportamento, negli anni non era mai cambiato.
"Allora perché tutta questa fretta e soprattutto perché mi hai disturbata?"
"Indovina dove andiamo stasera?"
-euforica come una bambina al Luna Park mi guardava contenta con i suoi occhietti da cerbiatto.
"Kimberly, per favore non trascinarmi a nessuna festa.."
"Non voglio sentire scuse, va a prepararti e andiamo a fare shopping"
-come non detto, il giorno di riposo era ormai saltato. Non ero affatto contenta all'idea di dover perdere mezza giornata in un centro commerciale a cercare un maledetto vestito che poi non avrei più rimesso, ma per Kim avrei fatto questo ed altro.

"Fra qualche settimana torna papà"
-disse la mamma ricordandomi che di lì a poco sarebbero iniziate le vacanze estive di papà.
James, il mio papà era spesso fuori per via del suo lavoro, erano pochi i mesi in cui potevo averlo qui a casa con me ma ci ero abituata. Era un grande papà il mio, riusciva a starmi vicino anche da lontano e non mi ha mai fatto pesare la sua assenza.
La festa si sarebbe tenuta nella villa di uno dei giocatori di football della nostra scuola, io non ero amante delle feste e soprattutto mi ero sempre tenuta alla larga da quella gente e dal loro mondo. Ma come ho già detto io e Kim eravamo molto diverse e lei faceva di tutto per entrare a far parte di quella vita, ed io perché le volevo bene ero sempre la sua accompagnatrice. Erano rare occasioni quelle e proprio per questo mi piaceva esagerare, i ragazzi della mia scuola mi notavano infatti solo in quelle feste poiché normalmente tendevo ad evitarli e quindi a non farmi notare. Indossai un vestitino in pelle rosso lucido che si fermava poco sopra le ginocchia. Lasciava nude le spalle e le braccia, solo il collo era coperto. Scelsi un vestito attillato perché amavo lasciar trasparire le mie curve e andavo fiera del mio corpo, ciò che invece odiavo erano le scarpe col tacco, un vero inferno per me. Ed infatti fregandomene misi semplicemente un paio di scarpette comode. I miei lunghi capelli rossi scendevano liberi lungo la schiena, i miei occhi leggermente truccati, le labbra dipinte da un rosso acceso.
"Tu aspettami qui, mi pare di aver visto Nathan"
-i suoi occhi da cerbiatto cercavano disperatamente quel ragazzo che non aveva fatto altro che farla soffrire.
"guarda che dopo non ti riaccompagno a casa mentre piangi, mi raccomando."
"Sta tranquilla."
-mi baciò la guancia e sparì fra la folla in cerca di quell'imbecille.
Odiavo tutte quelle persone, non avevamo mai condiviso nulla con nessuna di loro e i loro sguardi sprezzanti e pieni di superbia non li avevo mai sopportati, mi sono sempre tenuta alla larga da loro perché ho sempre voluto distinguermi dalla massa. Non avevo di certo bisogno della loro amicizia e delle loro feste per spassarmela. Fu lo champagne a tenermi compagnia quella sera, Kim sparì per quasi tutta la serata ed io ero veramente furiosa con lei, perché continuare a cercare Nathan se poi dopo due giorni scompariva nuovamente, io veramente non la capivo. La mezzanotte era passata già da un bel po' ed io non ne potevo più, sgolai l'ultimo bicchiere ed uscii finalmente fuori da quell'inferno senza preoccuparmi di dove fosse Kimberly.
Guidavo distrattamente col volume della musica basso e canticchiavo allegramente, poi ho visto te, di nuovo. Nell'attimo in cui mi accorsi che quell'uomo immobile a terra aveva la stessa maglia di Alex mi ripresi e frenai bruscamente.
"Alex!"
-niente, continuava a non muoversi. Accostai l'auto e scesi di tutta fretta. Perché eri lì Alex?
Non mi ero sbagliata, quella era proprio la stessa maglia dell'ultima volta in cui l'avevo visto. Il cuore mi batteva così forte che quasi stava per esplodere, e se fosse morto proprio nelle mie braccia? E se l'avessi trovato già morto, io cosa avrei potuto fare? Alex quella fu la prima volta che ti salvai la vita nel vero senso della parola e credimi per tutte le volte successive io ho sempre avuto paura allo stesso modo. Ogni volta mi dicevo "e se non dovesse farcela?", ma tu ce la facevi sempre.
"Alex per favore svegliati"
-continuavo a scuoterlo bruscamente, immaginai perché eri in quello stato. La paura di perderti prima di viverti fu davvero tanta, poi finalmente i tuoi occhietti da felino si sono aperti e mi hai guardata. Ho sorriso, eri ancora vivo.
"Alex sono Cassandra, perché sei qui?"
"Aiutami.."
Senza perdere altro tempo ti caricai in macchina e ti portai a casa mia, sotto la mia ala saresti stato protetto. Da incosciente non avvisai mia madre che uno sconosciuto stava dormendo nella stanza degli ospiti ed infatti il mattino seguente entrò in camera mia urlando come una matta.
"Cassandra! Che ci fa lui qui?"
-quasi mi venne da ridere nel vederla in quello stato, spaventata, ancora in pigiama e i capelli arruffati.
"Aspettami di sotto, è una lunga storia. Ora vado a svegliarlo."
Entrai silenziosamente nella camera degli ospiti, lui dormiva ancora come un angioletto. I suoi capelli ribelli cascavano sugli occhi umidi, probabilmente aveva passato la notte a piangere in silenzio. Mi avvicinai e gli accarezzai il viso.
"Cassandra!"
-Si svegliò d'improvviso facendomi sobbalzare, probabilmente si spaventò anche lui.
"Oh Alex ti chiedo scusa"
"in realtà devo scusarmi io, penso che tu voglia delle spiegazioni da me."
-Ti ricordi quella fu la prima volta che mi prendesti la mano, avevi le mani così fredde ed erano così magre, ma al tuo tocco si accese in me una fiamma altissima.
"Ne parliamo dopo, aspettami qui, fra poco ti riporto a casa."

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