2ºCapitolo

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Alexander l'ho conosciuto in estate, di preciso nel mese di luglio. L'estate è da sempre la mia preferita, io il freddo non lo sopportavo affatto, odiavo dover affrontare quelle giornate buie e soprattutto il freddo gelido che dovevo affrontare ogni mattina per andare a scuola. Una cosa che amavo dell'estate erano quelle rare giornate in cui pioveva, dopo svariati giorni di sole e caldo soffocante finalmente arrivava la pioggia. Io penso che non a caso associ Alexander ad una tempesta, un fulmine a ciel sereno che mi ha colpita subito, inaspettato come una tempesta in piena estate.
Mia madre, Kate, fin da giovanissima ha dedicato la sua vita ad aiutare gli altri, precisamente quelle persone che persa la retta via si rifugiavano nelle dipendenze, giovani madri abbandonate a se stesse e soprattutto aiutava giovani ragazzi senza famiglia. Io l'ho sempre ammirata, con i suoi occhi aveva visto cose orribili e ha purtroppo perso persone che non è riuscita a salvare, ma ciò nonostante non aveva mai smesso di lottare e sorridere. Il mio sogno era seguire le sue stesse orme.
Possedevamo un centro di ritrovo dove tutte quelle persone, che ormai conoscevano mia madre da anni, si recavano.

Luglio, due anni fa..
Erano ormai un paio d'anni che, una volta arrivate le vacanze estive, per non stare a casa a perdere il mio prezioso tempo, aiutavo la mamma con il suo lavoro.
"Tesoro buongiorno"
-mi aspettava in cucina, già vestita e con la colazione in tavola.
"Buongiorno mamma."
I capelli rossi li avevo ereditati da lei, gli occhi invece da papà; anche il carattere forte e la gentilezza li avevo ereditati da lei. Niente di più prezioso che svegliarmi ogni mattina e trovarla sempre lì.
"Come mai sei già pronta, ho per caso fatto tardi io?"
-diedi uno sguardo veloce all'orologio appeso in cucina.
"no Cass, tranquilla. Oggi ho una marea di impegni e non penso di poter fare un salto al centro."
"Ci vado io!"
-non me lo sarei fatta dire due volte.
"Sei proprio sicura di potercela fare da sola?"
"vedrai che a Kim non dispiacerà tenermi compagnia."
"Va bene tesoro, mi raccomando. Ora devo andare, a più tardi."
-mi lasciò un bacio sulla fronte ed uscì di casa.

Kimberly, o semplicemente Kim, era la mia unica amica al di fuori della scuola ed io la consideravo la migliore. La dolce e minuta Kim era il mio esatto contrario, esuberante e sempre euforica. Ciò nonostante la considero parte importante della mia vita, quando meno me lo aspettavo ho potuto contare su di lei, e anche se quella forte sono sempre stata io, essere debole con lei era una vera e propria liberazione. Lei come me adorava stare con i bambini e al centro, soprattutto di mattina, i piccoli non mancavano mai. Era straziante ogni volta dover vedere decine di bambini con le facce tristi, i volti scavati per via della fame, molti di loro con traumi causati dalle dipendenze dei genitori e soprattutto, ciò che mi distruggeva e allo stesso tempo mi spingeva a combattere erano i loro occhi, avevano così tanto da raccontare e la mia voglia di aiutarli era davvero tanta.
Quella mattina quindi fu proprio la mia cara amica a tenermi compagnia e proprio quella mattina, per la prima volta, io ho visto te.
La mia piccola auto grigia, regalatami da papà ai miei sedici anni, anche quella mattina faceva i capricci.
"Dovresti aggiustarla"
-disse Kim con la sua dolce vocina.
"Ne sono consapevole, ma non ne ho voglia e poi papà mi ha detto di aspettare che torni da New York."
-provai un'ultima volta a farla partire e finalmente essa partì.
Kimberly era veramente entusiasta quella mattina, aveva portato con se una marea di giochi da fare con i bambini e non vedeva l'ora di renderli felici. Ogni volta che la guardavo ed era contenta per una minima cosa non potevo non pensare a quanto fosse ingenua e soprattutto a quanto fosse buona, era un'anima fragile ed io sentivo di doverla proteggere a tutti i costi, era la mia dolce Kimmy ed era troppo buona per questo mondo.
Sai Alex, ora mi rivolgo a te, io quella mattina prima di mettere piede in quella stanza sentii qualcosa nel mio cuore. Hai presente quando d'improvviso un forte tuono rompe il silenzio e qualche minuto dopo inizia a piovere? E allora tutti scappano in fretta per ripararsi e nel giro di qualche secondo piove così tanto che non si riesce a vedere più nulla. Be tu sei stato il mio tuono, la mia tempesta, la mia pioggia. Eri la boccata di aria fresca che aspettavo da tempo, il "finalmente piove" in un periodo di siccità. Quasi non ho più parole per descrivere te e ciò che sei stato, inaspettato, improvviso, bellissimo.
"Kim posso chiederti un favore?"
-eravamo entrambe nell'ufficio di mia madre il quale era un vero disastro ed io ho sempre odiato il disordine.
"Certo"
"sicuramente fra poco arriveranno i bambini, inizia ad intrattenerli io ho bisogno di riordinare questo disastro."
"Va bene ma non metterci troppo, non posso tenerli tutti."
-semplicemente annuii, lei e i suoi capelli svolazzanti saltellarono fuori l'ufficio lasciandomi sola.
Fogli, documenti e cartacce sparse ovunque per tutta la scrivania, per me era un incubo tutto quel disordine ed ero consapevole che con tutto ciò che c'era da sistemare non ce l'avrei mai fatta ad aiutare Kim, mi sarei persa le sue imbarazzanti danze per intrattenere i piccoli, i quali insieme a me si facevano delle gran risate.
D'un tratto poi ho sentito dei passi pesanti rompere il mio silenzio, conoscevo perfettamente il passo della mia amica e non poteva di certo essere così pesante. Uno, due, tre passi, poi ti sei fermato ed ho visto la tua esile mano dalla carnagione quasi albina, quasi come se avessi paura hai battuto con leggerezza il pugno sulla porta, il tuo viso ancora non lo vedevo. Non mi spaventai, era di normale routine che qualcuno entrasse in ufficio, ma allora perché il mio cuore batteva così forte? Indossai il sorriso migliore che avevo, presi la mia gentilezza e lasciai perdere ciò che stavo facendo, mi girai e tu eri lì appoggiato timidamente allo stipite della porta. Cosa ho provato quando ti ho visto? Questa è una storia che ti racconterò poi. Il ragazzo che mi si presentò davanti ero uno spilungone dai capelli ricci e neri come la pece che gli cadevano sugli occhi, il corpo esile e il viso magro, gli occhi da felino erano neri proprio come i capelli e tristi come la sua intera figura.
"Lei è Kate?"
-la sua voce riecheggiò nella mia mente come se ci fosse l'eco, era forte ma lasciava trasparire un po' di imbarazzo.
"Sono sua figlia,"
-Non mi imbarazzai e non smisi un attimo di sorridere e mostrargli la mia gentilezza, volevo si sentisse tranquillo.
"piacere, io sono Cassandra"
-gli tesi la mano. Forse in quel momento un po' di imbarazzo l'ho provai anch'io, il riccioluto era a pochi centimetri da me e impassibile continuava a fissarmi.
"Piacere, io sono Alexander."
-timidamente mi strinse la mano e per pochi secondi mi guardò dritta negli occhi. Hai sempre avuto paura di guardare le persone negli occhi, ti fidavi così poco del mondo che anche un contatto visivo ti spaventava.
Ti ho pensato tanto sai, per tutta la notte non feci altro che pensare ad ogni minimo dettaglio del tuo corpo, quando ti passavi la mano fra i capelli che a parere mio sono sempre stati troppo lunghi, vedi proprio quel gesto è rimasto dentro me. Lo ricordo ancora oggi con un pizzico di malinconia, forse qualche volta mi commuovo, ma questa è un'altra storia..

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