6ºCapitolo

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Ne avevo abbastanza di tutto quel rumore, dell'infrangersi a terra di ogni oggetto che Alex lanciava con forza, le sue urla mi stavano facendo uscire fuori di testa. Il destino quel pomeriggio volle mettermi alla prova, sarei mai stata in grado di intraprendere le stesse orme di mia madre? Sarei stata forte quanto lei o avrei ceduto al primo ostacolo?
"Basta!"
-con tutta la voce che avevo lanciai un urlo disumano. Si fermò e mi guardò scioccato, doveva smetterla non ne potevo più. Sentendosi in colpa si avvicinò a me e mi abbracciò. Penso che ne avesse più bisogno lui che io.
"Perdonami, ma ora voglio che tu vada via"
Decisi di non controbattere, mi aveva scocciata. Così, arrabbiata lasciai casa sua e soprattutto lasciai lui e la maledetta droga, come potevo io vincere contro di lei, l'avrebbe sempre preferita alla sua stessa vita e ciò mi rendeva così impotente. Tornai a casa con dentro una marea di emozioni contrastanti, sentii di aver fallito.
Alex quella fu la prima volta in cui mi trovai dinanzi ai miei sentimenti, mi accorsi che non a caso io reagissi in quel modo ogni volta che mi guardavi, la fiamma che ardeva dentro me eri tu. Non ti nascondo che dopo quella tua brutta reazione io ti abbia odiato, ero così arrabbiata con te che non volevo più vederti, stavo lasciando tutto ciò in cui avevo sempre creduto e soprattutto mi resi conto di quanto sarebbe stato difficile di lì in poi averti nella mia vita. Ma ciò nonostante non volevo lasciarti andare, non ti avrei mai lasciato perdere del tutto, sapevo per certo che una volta passata la rabbia sarei corsa a cercarti. Eri nella mia vita da soli pochi giorni e già non riuscivo a fare a meno di te.
Una volta a casa mi lasciai ad un pianto liberatorio, mi abbandonai nelle braccia della mia mamma e piansi davvero tanto. Non piangevo perché ero triste ma tutta quella tensione doveva pur andar via in qualche modo.
"Cassandra il mio non è un lavoro facile, verrai sempre coinvolta emotivamente e ciò ti distruggerà, ma se hai davvero intenzione di fare la differenza in questo mondo devi avere coraggio ed essere gentile. Cadrai tante volte ma l'importante sarà avere la forza di rialzarti."
-La mamma mi coccolava come se fossi ancora una bambina, avevo bisogno di lei e della sua forza per intraprendere quel mio cammino. Cosa avrei fatto se lei non ci fosse stata.
"Grazie mamma, sarei persa senza te."
-le baciai una mano, poi corsi a fare una doccia, sentivo la puzza di muffa impregnata nei miei vestiti.


Dopo cena il mio unico desiderio era quello di mettermi a letto, leggere un libro, e poi finalmente mettere fine a quella stressante giornata. Ma i miei piani andarono in fumo; un mio caro amico d'infanzia, Chris, quella sera mi chiese di uscire per prendere un gelato e mi sembrò scortese rifiutare. Christopher era il principe azzurro della mia infanzia, grandi occhi celesti come il cielo e biondi capelli. Eravamo cresciuti praticamente insieme e da sempre ci univa una forte amicizia. In fondo prendere una boccata d'aria non mi avrebbe fatta male, continuavo a pensare ad Alex e a cosa fosse successo quella mattina e francamente volevo liberarmi da quei pensieri ossessivi.
Da gentiluomo qual era, Chris venne a prendermi fin fuori casa, puntuale come un orologio svizzero mi aspettava fuori. Era da sempre un caro amico, la persona migliore che io abbia mai conosciuto ma crescendo le nostre vite hanno preso strade diverse e non abbiamo passato più così tanto tempo insieme; lui era molto diverso da me, ambiva ad una vita molto diversa ed io non volevo seguirlo ecco perché col tempo ho iniziato ad allontanarmi.
"Ciao Cass"
-mi baciò entrambe le guance,
"Ciao Chris"
-io l'abbracciai forte, proprio come quando eravamo bambini.
Com'era calda l'aria quella sera, il cielo era così limpido che riuscivo a contare le stelle. Mio passatempo preferito da quando ero bambina. Ma tutta quella tranquillità, il silenzio tombale del parco di fronte la gelateria, e soprattutto i discorsi senza ne capo ne coda di Chris mi stavano dando alla testa. Volevo stare concentrata sui miei pensieri, così rumorosi che se solo il biondino avesse taciuto, avrei potuto metterli in ordine. Per mia sfortuna non era passata manco mezz'ora da quando avevo lasciato casa e mi ero già pentita di quella mia scelta, quando non si sa dire di NO a niente e nessuno, spesso questa è la conseguenza.
"Oh Cass perdonami, come al solito parlo troppo."
-finalmente il nostro principe aveva smesso di assillarmi coi suoi inutili racconti sul collage.
"Ma ora dimmi di te, come va?"
-accennai un sorriso falso quanto le tette di alcune star di Hollywood.
"Sto bene Chris, e comunque sì, il vizio di parlar troppo non l'hai mai perso."
Ciò lo mise in imbarazzo, aveva sempre odiato quella sua caratteristica, diceva che faceva scappar via tutte le donne. E ci credo. Ma a parte questo suo piccolo difetto, Christopher Kingsley sarebbe potuto essere il sogno di ogni ragazza etero, tranne il mio ovviamente. Troppo perfetto secondo i miei standard; io avevo la cosiddetta sindrome da crocerossina e di certo il biondino non doveva essere salvato da nulla. Un bel maschione che sfiorava il metro e novanta, i capelli biondi e gli occhi celesti, ci mancava solo il coro angelico in sottofondo e la luce divina ad illuminarlo, poi sarebbe stato un vero e proprio angelo. Proprio per questo preferivo tenerlo come amico.
Arrivati ad un punto morto della serata, mi annoiavo così tanto che quasi dormivo però la fortuna girava dalla mia parte, erano quasi le undici e mezzo ed io dovevo tornare a casa. Così entusiasta come non mai gli feci notare l'ora ormai tarda e lui scattò in piedi pronto a scortarmi fuori la porta di casa. La felicità che avevo di tornare a casa mi fece ritornare l'uso della parola.
"E' stata una bella serata questa, ti ringrazio."
-lo presi sotto braccio e mi strinsi a lui, il braccio muscoloso e possente mi dava sicurezza. Passeggiare sotto quella spruzzata di stelle nel cielo più blu che avessi mai visto con un pizzico di aria fresca che ti dava un sollievo dal caldo torbido, ora che tornavo a casa era diventato piacevole. Forse un po' mi sentivo in colpa.
"Sono contento di averti rivista, non sei più la bimba paffuta di un tempo."
-sorrise divertito, lo stesso anch'io, era bello ricordare quei meravigliosi momenti di spensieratezza passati con lui. Ridemmo per un po', ancora stretti l'uno all'altra e per qualche minuto, quella serata non mi sembrò poi così un disastro. Poi d'un tratto Chris si fermò, eravamo quasi a casa mia, sotto un lampione.
"Finalmente il tuo viso, ora posso vederlo meglio."
-lo sguardo dolce, la sua carezza così rassicurante. E allora anch'io potei vedere meglio il suo viso, lo stesso bambino che anni prima mi aveva chiamata peli di carota, lo stesso ragazzino che prima di partire per un altro stato e dirmi addio per sempre, dopo un pianto durato giorni, mi diede il primo timido bacio. E ora sotto la luce fioca di quel lampione, in quella strada deserta e dal silenzio tombale, provava a baciarmi ancora una volta. Ma io non ero più una bambina, e lui neanche.
"Chris.."
-mi allontani per evitare che le sue labbra si posassero sulle mie rubandomi quel bacio.
"Perdonami, non so cosa mi sia preso. Vedi io.."
Entrambi fummo interrotti da una voce che poi si trasformò in un'ombra che vacillava nel buio. Un senzatetto, pensai, ma spaventati decidemmo di allontanarci. Ma poi la voce divenne familiare.
"Cassandra!"
-chiamava me, ne ero certa. Ma perché un senzatetto ubriaco chiamava il mio nome?
"Ce l'ha con te?"
"Quello è il mio nome, ne sono sicura."
-dissi per sdrammatizzare quella situazione angosciante.
"Chi sei?!"
-Urlai al buio, la figura sembrava essersi dissolta. L'uomo chiamò di nuovo il mio nome, a quel punto ne ero certa: quello non poteva che essere Alex.
Attraversai la strada correndo noncurante delle auto che passavano, ed ecco che quell'ansia tornava. Quando si trattava di Alex lasciavo perdere ogni cosa, mi sentivo estranea al mondo esterno. C'era solo lui. Lo sentivo, ma vederlo ancora no. Infine lo trovai appoggiato all'unico lampione non funzionante, le condizioni erano peggio dell'ultima volta; ciò che indossava non meritava neanche di essere chiamato indumento e la puzza, la puzza insopportabile di vodka gli stava addosso come una zecca.
Oh Alex, nel giro di qualche settimana ti avevo già trovato mezzo morto due volte. Se pensavi di far colpo su di me così, ci sei riuscito, mi hai provocato una decina di colpi al cuore. Ma perché tornavi da me dopo avermi cacciata? Questa era una di quelle cose a cui non ho saputo dare una valida spiegazione. Ma che poi in fin dei conti non c'era nulla da spiegare; ero l'unico essere umano a cui importava ancora qualcosa di te e pur di non perdere me e la speranza di restare vivo ancora per un po', mi chiedevi aiuto disperatamente. Ciò che odiavo era il modo in cui lo facevi, da sobrio e lucido non saresti mai riuscito a chiedere aiuto a nessuno, ecco perché arrivavi a toccare la morte con un dito prima di correre in strada a cercarmi.
"Tu lo conosci?"
-Il biondino era particolarmente scioccato dalla situazione e di certo non si aspettava che io conoscessi un ubriacone puzzolente.
"Lunga storia Chris, ora per favore aiutami a portarlo a casa mia."
Ero disperata sì ma non persi il controllo, sapevo che quella non sarebbe stata l'ultima volta. Così io e il mio amico trascinammo quella pezza fradicia di Alex fino ad arrivare alla mia porta d'ingresso.
"Grazie Chris, ti chiamo io domani. Ora va pure, ce ne occupiamo io e la mamma."
Allora il biondino, al quale ero molto riconoscente, si fidò di me e tornò nella casa dei suoi nonni dove alloggiava per le vacanze.

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