08. Il vicino (parte I)

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Edelyn Brooks | POV


Sento la scia che la mia migliore amica si porta dietro come uno scafandro. Strascica i piedi a terra e la sua bocca tumulta puzza di alcool da tutte le parti.

La spingo sul letto di camera mia, pregando in qualche divinità soprannaturale, di aiutarmi e far sì che Cecilia non lasci alcuna traccia di particelle stucchevoli.

Mi sa che stanotte le cose sono andate ben oltre l'avermi accompagnata in una camera, sistemata su un letto fresco e pulito.

I suoi vestiti sono mal ridotti ad una maglietta che le viene il triplo, tanto che le maniche che dovrebbero essere corte, le arrivano quasi ai polsi; e dei pantaloni che hanno qualche nota familiare.

Il sole spuntiglia le tende, lanciando qualche filo aranciato sulla schiena della mia amica, creando vasti ghirigori a causa della stropicciatura del tessuto. Sfiancata, Cecilia respira irregolarmente, quasi cercando dell'aria che non ha.

«Ho fatto una cagata» mi spruzza acutamente nelle orecchie, il suono della sua voce in fiamme dalle lacrime. Corrucciata la raggiungo sul letto, lisciando la parte increspata al fianco del suo corpo.

I capelli biondi sono rivolti verso di me e solleticano il mio ginocchio coperto da uno strato di pantaloni.

Pianto una mano sulla sua chioma e la invito indirettamente a proseguire, ma so già che perderemo mezza giornata per formulare una frase di senso compiuto.

Che abbia: soggetto, verbo, complemento.

Ma con la capacità che in questo la mia migliore amica tiene, pari alla mia quando alle due di notte finisco di leggere con gli occhi intersecati, presumo sia inattuabile.

Il mio cervello applica spesso pensieri illusori, talvolta staccherei la spina al frullatore di riflessioni automatico.

«Ho baciato Leonard» scimmiotta voltandosi verso di me.

I suoi tratti sono pallidi ed evidentemente si aspetta una reazione sconvolta sul mio volto, ma l'unica nota fragorosa che esce dalla mia bocca, delinea una risata allegra.

«Non stai mica ridendo!» assottiglia gli occhi in una piccola linea di mascara colato e ombretto sbavato.

«Paul vi ha visti?» pronuncio quel nome come se fosse la peste in persona, attribuendo ad esso anche una smorfia che arriccia il mio naso. I suoi occhi addolorati si chiudono ed annuisce con il capo.

Si butta di nuovo con la testa fra i miei cuscini e la sento urlare.

«Sbava sui miei cuscini e voli fuori di qui, Lia.» preciso iniziando a camminare per la stanza come una maratoneta, alla ricerca di qualcosa per scaldarsi dopo un bagno.

Cecilia alza la mano e accompagna il dito medio, dove sfila un anello fine a metà falange, con una parola ovattata dalle piume dei miei guanciali.

Il comportamento arrogante di Paul - per essere chiari di solito non è altro che un timido mancato - di stamattina era dovuto impercettibilmente ad aver visto Leo e Lia insieme.

Ma come dicono loro: "Non ci piacciamo, siamo amici occasionali".

«Non mi dire che quelli sono indumenti appartenenti ad Evans» li indico quando ciancica dal letto, venendo in mia direzione. Le sue braccia si aprono in un caloroso abbraccio a cui lancio un mio peluche in mezzo.

Il suo petto si stringe mentre Lola cade a terra. Il mio orso di pezza bianco, vestito con una maglietta violetta e gli occhi completamente nero, giace con le zampe all'aria e lo sguardo rivolto alla mia amica.

Come dalie bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora