20) Un Halloween sfigato

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GIULIA

Il lunedì mattina, il giorno prima di Halloween, mi sveglio alle 7:15 precise, e mi preparo per andare a scuola.
Stefan stanotte non è rimasto a casa mia, per andare a caccia con suo fratello e prepararsi a una possibile battaglia con i vampiri prima dell'intervento dei fondatori.
Mentre mi lavo i denti, mi ritorna in mente l'intensa giornata di ieri e ripenso allo sguardo triste che aveva Stefan mentre mi raccontava il motivo per il quale i vampiri ce l'avessero tanto con lui. Fin dall'infanzia suo padre, Giuseppe Salvatore, lo aveva tirato su con storie sui demoni della notte e con allenamenti su come affrontare possibili nemici, che poi scoprì che sarebbero stati i vampiri. Poi un giorno, in seguito alla cattura di un vampiro, il padre lo costrinse ad ucciderlo e, essendo ancora molto giovane, lui ne rimase segnato per sempre.
Smetto di pensare a queste cose per evitare di fare un altro ritardo a scuola, e mi dirigo verso la porta. Non faccio nemmeno in tempo ad uscire che subito sento il telefono di casa squillare e lo prendo in mano frettolosamente.
«Pronto?» chiedo io.
«Hey Giulia, sono Caroline! Lo so che ti ho chiamata un po' tardi, ma avrei bisogno che porti a scuola gli inviti alla festa di Halloween che avevamo preparato qualche tempo fa, così lo consegnamo a chiunque voglia venire».
'Oh già! La festa di Halloween al Grill!' penso dandomi uno schiaffo sulla fronte. Dopo tutto ciò che è successo ultimamente, mi sono completamente dimenticata di questo evento.
«Ah ma certo Caroline, tranquilla. Ci vediamo a scuola, ok!?».
«Fantastico, ciao!» mi dice riattaccando subito dopo.
Metto subito giù il telefono e corro in camera a prendere i biglietti d'invito, ma ci metto 10 minuti e sento già la campanella della scuola suonare.
Mi sbrigo ad uscire da casa, la chiudo a chiave e mi metto a correre come una pazza con i libri che saltano nella borsa a ogni gradino.

La prima ora di laboratorio di scienze è passata velocemente, tra colori chimici e provette rotte - oops-, e finalmente ora ho un'ora buca al posto di ginnastica, per l'assenza del professor Tanner.
'Pace all'anima sua'.
Noto che di fronte agli armadietti del corridoio principale hanno fatto un angolino con le candeline e con frasi profonde e riflessive sulla morte, e mi ritrovo ad asciugarmi le lacrime, nonostante mi ritorni in mente la perversione di quell'insegnante inquietante. Mi ricordo che una volta, per decidere il mio voto della verifica, mi ha chiesto il mio numero di reggiseno, ed è stata una delle cose più raccapriccianti che mi siano mai successe.
Scrollo le spalle, per levarmi il brivido che mi era arrivato alla schiena, e mi decido a fare retro-front verso il bar della scuola. Solo che nel girarmi velocemente, mi scontro con qualcuno, e chiudo immediatamente gli occhi aspettandomi di sentire subito dopo il colpo contro il pavimento freddo.
Ma non avvenne.
Sento un braccio cingermi la vita, prima che potessi cadere. Apro lentamente gli occhi e mi trovo davanti lo splendido sorriso del mio ragazzo.
Mi tira su e io mi aggrappo alle sue spalle muscolose per evitare di cadere ancora.
«Hey, mio Salvatore» lo saluto ridacchiando.
Si mette a ridere anche lui e mi risponde con voce profonda:«Sempre a sua disposizione, Madame».
Gli metto le braccia attorno al collo, e lo bacio con passione.
Ci stacchiamo quasi subito, sentendo la voce di Caroline che mi chiama dal fondo del corridoio.
«Giulia! Hey, hai portato gli inviti?» mi chiede lei con il fiatone, probabilmente a causa della corsa che ha fatto per venire da me.
Le sorrido dolcemente e inizio a rovistare nella borsa, alla ricerca dei biglietti:«Certo Caroline, come avrei potuto dimenticarmeli» finalmente li trovo e glieli porgo «ecco qua!».
«Grazie mille, ti adoro!» mi dice grata, prendendo gli inviti «Voi ci sarete vero? Dimmi di si! Ho bisogno di te per organizzare la festa!».
'No, assolutamente no!' penso completamente contraria alla richiesta della mia amica. Però il suo sguardo supplicante...
«Okay, ti aiuterò!» rispondo sbuffando, chiedendomi come ho fatto a farmi convincere così facilmente.
«Fantastico! Te l'ho già detto che ti adoro?!». Mi abbraccia forte e scappa in mezzo alla folla facendo opera pubblicitaria della festa.
Mi giro verso Stefan con uno sguardo divertito, per il comportamento buffo della mia amica, e lui ricambia con uno confuso:
«Di che festa parlava?».
«Della festa di Halloween che avevamo organizzato io e Caroline qualche tempo fa. È come un ballo della scuola, diciamo. Solo che dopo tutto quello che è successo, me n'ero completamente dimenticata. E ora, devo pure mettermi ad organizzarla» dico annoiata, passandomi una mano sul viso.
«Ehi, dai che ti aiuto io» dice lui con voce profonda, prendendomi le mani tra le sue «allora, che ne dici: ti va di venire alla festa di Halloween con me?».
Mi sorride teneramente e io accetto con voce squillante l'invito:«Certo che mi va! Aspettavo solo che me lo chiedessi!».
Mi bacia le labbra, mi prende per mano e mi porta verso il bar, per aspettare il momento di entrare in classe. Mentre andiamo, girando in un altro corridoio, ci troviamo davanti Sara, intenta a fissare la bacheca della scuola.
La chiamo quasi urlando, per attirare la sua attenzione, e lei si gira verso di noi sorridente.
«Ciao! Come va?» ci chiede lei venendoci incontro.
«Bene dai. Che cosa stavi guardando?».
Lei mi guarda imbarazzata:«Beh, veramente stavo guardando il foglio di iscrizione alle cheerleaders. Tu hai intenzione di iscriverti?».
Mi metto a ridere:«In verità, Caroline è da anni che mi chiede di iscrivermi, ma ho sempre declinato con piacere l'offerta. Sai, lei è il coach, per così dire».
La mia amica mi guarda sorpresa:«Davvero? Non lo sapevo. Comunque, a me piacerebbe iscrivermi: nella mia vecchia scuola non c'era questa possibilità» si ferma e mi guarda dritta negli occhi, per poi chiedermi supplicante:«Ti iscrivi insieme a me? Ti prego! Lo faccio solo se lo fai anche tu».
Spalanco la bocca per la richiesta improvvisa:«Veramente io...».
«Ti prego! Fallo per me! Se mi dirai di no, porrai fine a questo mio desiderio...vuoi davvero vivere con questo senso di colpa?».
«Me ne farò una ragione» ribatto impassibile, anche se sento che se vuole davvero convincermi, ci riuscirà.
«Dai! Ti prego! Ti prego, ti prego, ti prego!» ripete lei supplicandomi.
'Guarda cosa mi tocca fare!' penso io sbuffando.
«Va bene! Mi iscriverò» affermo, sicura che me ne pentirò presto.
«Sii, ti voglio bene!» urla la mia amica saltandomi addosso per abbracciarmi.
Ci mettiamo a ridere, e intento vedo Stefan, che era stato lì tutto il tempo a ridacchiare, avvicinarsi anche lui alla bacheca.
Dopo neanche 3 secondi, lo vedo esultare con un sorriso da un orecchio all'altro. Mi viene in contro e mi solleva, facendomi girare e dicendo:«Sono nella squadra di baseball!».
Gli sorrido e lo abbraccio forte:«Visto!? Te l'avevo detto che ci saresti riuscito!».
Ci mettiamo a ridere tutti e tre, per le nostre nuove conquiste, e nel frattempo, i nostri sorrisi vengono spenti dal suono della campanella, che avverte dell'inizio di una nuova ora di strazio.

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