Capitolo 9

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Per Marinette era arrivato finalmente il momento di entrare in casa e togliersi definitivamente, almeno per la giornata, i tacchi che le stringevano i piedi peggio di un boa constrictor.

“Ahhh!” Fu il sospiro liberatorio che si lasciò scappare dopo aver chiuso il blindato di casa e dopo essersi infilata delle pantofole morbide.

Dio se solo aveva bisogno di un pediluvio e di un bagno rilassante, peccato che la vasca non l’aveva, ma il macchinario per il massaggio ai piedi quello sì.

Quando sarebbe andata a New York avrebbe cercato una casa con la vasca senz’altro, idromassaggio per giunta.

Nei giorni precedenti aveva parlato con Luka ed entrambi erano d’accordo sul fatto che avrebbero iniziato la loro convivenza una volta che Marinette avrebbe messo piede nella terra della Grande Mela, anche se con qualche esitazione da parte di lei.

*

“Certo, dobbiamo cercare casa, se sei d’accordo quando verrai qui per le ferie ad ottobre inizieremo, che ne dici?” Gli aveva chiesto il fidanzato.

“S-si certo, comunque non c’è fre-fretta no?”

“No, no nessuna fretta…stai bene, Marinette?” L’aveva sentita giù di tono e poco entusiasta dell’idea, non era da lei rispondergli balbettando e se lo faceva era perché qualcosa la turbava.

“Sto lavorando molto, Luka, e sono veramente stanca.”

“Non puoi prenderti una pausa?”

“E’ l’unica cosa che mi tiene impegnata la mente dal tuo pensiero e lo sai che saperti lontano mi fa stare male.”

“Lo so, ma non devi preoccuparti, presto staremo insieme per sempre, te lo prometto.”

Luka il giorno dopo si recò in gioielleria per prenderle un solitario.

*

Il telefono trillò nel momento esatto in cui immerse i piedi nell’acqua calda e rigenerante.

“Alya!” Rispose con entusiasmo.

“Marinette che fine hai fatto? Mi mandi un messaggio dicendo che a fine anno ti trasferisci e che ti saresti fatta viva e che fai tu…puff…sparita!”

“Scusa Alya, ma ho dovuto lavorare come un mulo nei giorni scorsi.”

“E ora? Sei ancora al lavoro?”

Marinette guardò l’orologio, erano le sette e trenta.

“In realtà no, sono con i piedi in ammollo!” Sogghignò.

“Ecco brava, prenditi del tempo per te! Ne hai bisogno.”

“Già…come state?” Chiese avviando il macchinario e godendo silenziosamente di quel movimento rilassante e benefico.

“Noi bene. Ora sono sola che Nino sta suonando ad una festa. E io vedo se riesco a buttare giù un pezzo per domani, ora che Chat Noir non si fa più vedere mi è quasi difficile trovare degli articoli validi da scrivere.”

“Tu sei pazza, sei sul posto con più criminalità del mondo e non trovi notizie da divulgare? Comunque se ti interessa Chat Noir è a Parigi.”

“Lo so…ho sentito di qualche sua impresa. Tu hai avuto modo di vederlo?”

“Mmm…una volta…” Fece spallucce prendendo un kit per la manicure da un cassetto in bagno “…tu sei mai riuscita a parlarci?”

“Macché…è già tanto se sono riuscita a fargli una foto, o meglio è stato Nino tornando da un concerto, dicono sia un tipo molto riservato e sfuggente. Non rilascia mai interviste e ti guarda poi con quegli occhi…”

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