PROLOGO

54 4 7
                                    



Puglia. Ore 2:40. 

In una notte come tante, gli abitanti di Stalli riposavano al sicuro nelle loro case, preparandosi ad una nuova giornata. Chi sarebbe andato al lavoro, chi a scuola, le casalinghe avrebbero lavato, stirato panni e pulito casa. Tutto come sempre. Una giornata come molte altre. Questo pensavano gli abitanti prima di andare a dormire quella sera. Ma, invece, accadde qualcosa che sconvolse l'intero paese e i cittadini di Stalli non lo dimenticheranno tanto facilmente.

La terra cominciò a tremare per alcuni secondi. Poi si fermò. Al primo piano, di una piccola villetta, sul ciglio della strada, un uomo si svegliò. Si mise a sedere sul letto e scrutò la stanza con gli occhi semichiusi. Nulla di strano, nessun rumore: l'avrà immaginato. Si voltò, accanto a lui una donna con lunghi capelli castani dormiva tranquillamente. Uno sguardo alla sveglia sul comodino. Le 3:00. Sospirò, pensando alla lunga giornata che lo attendeva dopo poche ore e si rimise a dormire. Pochi secondi dopo, un boato gli fece spalancare gli occhi. A seguire delle urla: <<TERREMOTO>> La gente in pigiama, usciva in strada con i bambini in braccio. Espressioni di terrore dipinti sui volti. L'uomo, con uno scatto, si alzò dal letto e corse nel corridoio, anch'esso in pigiama e scalzo. Aveva un solo pensiero <<CRISTY>> si diresse verso una porta poco distante dalla sua. L'aprì e andò verso il letto, dove sua figlia di 6 anni lo guardava terrorizzata, velocemente la prese tra le braccia. Raggiunse la moglie, anche lei nel panico, insieme si diressero verso le scale, per scendere al piano terra e uscire da lì prima che fosse troppo tardi. La bimba si stringeva forte al collo del padre, piangendo per la paura.

Il tempo di fare un paio di gradini e la scala interna cominciò a tremare, sotto di loro. La bambina si mise a urlare. La madre, anche se piangendo, cercava di calmarla. L'uomo era l'unico che sembrava avere il controllo della situazione o semplicemente era terrorizzato ma non voleva darlo a vedere. Cercò di non farsi prendere dal panico, se no non sarebbero mai riusciti a uscire da lì. Non vivi almeno. La casa continuava a tremare, il lampadario oscillava pericolosamente, come anche i mobili vicino alle pareti. L'unica via possibile era la finestra del salotto. La scala stava diventando pericolosa, come tutta la casa. Dovevano uscire il prima possibile. Convinse la moglie a saltare giù, una volta scavalcato il corrimano e arrivare così al salotto. Lo fece. Le passò la bambina e saltò pure lui. Il pavimento si muoveva sotto di loro sempre di più, i pensili della cucina si staccavano dalle pareti, lasciando cadere bicchieri e piatti che si rompevano in mille pezzi. La donna spaventata, corse verso la porta ma l'enorme armadio lì vicino cadde e per poco non la colpì sbarrandole così la strada. Andò nel panico, cominciò a urlare, aveva paura. Il marito, di nuovo, riprese sotto controllo la situazione, l'afferrò per un braccio e facendo attenzione ai mobili ancora in piedi, raggiunsero la finestra e uscirono dalla casa. Non erano ancora in salvo. La terra non smetteva di tremare. Le ante delle finestre, sbattevano, i vetri si rompevano, le tegole cadevano e il grosso pino che stava all'entrata del giardino, cadde con un tonfo davanti ai loro occhi. Poco distante una casa crollò. Il terremoto stava distruggendo la pace di quel piccolo paese.

Per la strada, le persone urlavano e scappavano da ogni parte, creando il caos. Un uomo, con i capelli castani spettinati, li raggiunse. Lui era evidentemente nel panico. Poche domande semplici e concrete per assicurarsi che stessero bene per poi tornare dalla sua famiglia. Un bambino gli protese le braccia quando tornò, lo prese stringendolo a sé. Con un gesto del braccio, fece segno di seguirlo. L'uomo, ancora con la figlia in braccio, la passò alla moglie e le disse di seguire l'amico che l'avrebbe portate in un posto sicuro ma lui doveva rimanere lì ad aiutare le famiglie che erano rimaste tra le macerie. La donna pianse, lo supplicò ma non riuscì a fargli cambiare idea. L'amico continuava a chiamarla e sua moglie, la tirava per un braccio per dirle di sbrigarsi. Non riusciva a togliere gli occhi di dosso al marito che, a testa alta e sicuro di ciò che stava facendo, si dirigeva verso una casa crollata, in mezzo a tanta gente che scappava dalla parte opposta alla sua. La donna tese la figlia all'amica e corse verso di lui, con le lacrime agli occhi gli diede un bacio semplice ma intenso che voleva dire tante cose e in quel momento le parole erano bloccate dalla paura. Lui le rispose con un cenno del capo. Come se avesse capito tutto quello che lei gli voleva dire, anche se in realtà alcuna parola era uscita dalle loro labbra. Con lo sguardo pieno di terrore tornò indietro riprendendo sua figlia e si allontanò con gli altri verso il parco.

Ore 4:00 Il terremoto, non sembrava volersi fermare. L'asfalto iniziò a creparsi. Gli edifici e gli alberi crollavano uno dopo l'altro. I pochi uomini rimasti per aiutare, non riuscivano più a gestire la situazione. Stava accadendo tutto così in fretta. Un uomo arrivò correndo trafelato, con il fiatone, il viso pallido e gli occhi sgranati. Si fermò davanti al gruppo, ansimando cercando di riprendere un po' di fiato per parlare.

<< Che succede! I soccorsi dove sono! >> Sbraitò uno, perdendo il controllo

<<Glielo hai detto che abbiamo dei feriti qui? Quando arriveranno?>>

<<Si gliel'ho detto Simone! Dicono che c'è troppa gente seppellita nelle macerie dall'altra parte del parco!>> l'uomo era riuscito a riacquistare la voce.

<<Che cosa facciamo adesso Simone? Non possiamo restare qui siamo in pericolo pure noi! Sta crollando tutto!>> un altro del gruppo si rivolse a quell'uomo che aveva dimostrato coraggio e sangue freddo, restando lì per aiutare chi non c'è l'aveva fatta a scappare in tempo, guardandolo come un leader. Qualunque cosa avrebbe detto loro di fare, l'avrebbero fatta.

Simone si fermò a pensare, guardandosi intorno cercando una soluzione, le strade e le auto bloccate dalle macerie. Dovevano andarsene da lì e in fretta. I suoi occhi verdi si posarono sui feriti, accasciati li a terra. Non tutti riuscivano a camminare e non potevano di certo lasciarli lì.

<<Se i soccorsi non vengono da noi vuol dire che andremo noi da loro!>> esclamò con determinazione. Si chinò verso un uomo, era ricoperto di sangue e ferite ma ancora cosciente, si passò il suo braccio sulle spalle e lo aiutò ad alzarsi, tenendolo saldamente alla vita con l'altro braccio. <<Ma come facciamo!>> esclamò un altro uomo, sbalordito.

<<Andremo verso il parco! A piedi, i feriti si appoggino a noi! Siamo uomini possiamo portarne anche due alla volta, ma nessuno deve rimanere qui!>> pronunciò quell'ultima frase con così tanta determinazione che nessuno volle più contraddirlo.

Il parco era gremito di gente, c'erano le ambulanze e i vigili del fuoco. Poi qualcuno urlò. Non era di terrore, ma di felicità. Infatti una donna con le lacrime agli occhi, indicava un punto non lontano del parco. Il gruppo, con i feriti in spalla e l'aria stanca ma fieri di ciò che avevano appena fatto, venne accolto tra grida e lacrime di gioia. I soccorsi, intervennero subito, medicando e assistendo le vittime. Una figura esile, con lunghi capelli castani, apparve davanti all'uomo, il viso bagnato dalle lacrime, ma gli occhi pieni di orgoglio. Gli buttò le braccia al collo, stringendolo forte quasi a strozzarlo per la felicità di vederlo li. <<Lo sapevo che c'è l'avresti fatta!>> singhiozzò. L'uomo la guardò dritta negli occhi e sorridendo rispose <<E allora perché piangi?>>

Portami con teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora