L'ORA DELLA VERITA'

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In una piccola officina, nella parte povera di Sandria, un ragazzo è chino sul motore di una macchina. Si tira su, asciugandosi il sudore della fronte, le mani sporche di grasso.

Tre ragazzi, fanno il loro ingresso, non sono li per ritirare una macchina, forse per ritirare qualcos'altro. L'espressione sui loro visi non promette nulla di buono, fanno parte di una gang molto conosciuta in quella zona. Paul si volta a guardarli, l'aria fredda e distaccata, mentre si pulisce le mani in un panno, già sporco di grasso.

<<Che cosa vuoi Spike?>> chiede con voce fredda, conoscendo già la risposta. <<Non ti sei più fatto vivo... volevo sapere che fine avesse fatto il mio uomo migliore>> nella sua frase non c'è nulla di minaccioso ma il suo tono di voce lo tradisce. <<Ho avuto da fare..>> risponde velocemente, chinandosi nuovamente sul motore della macchina di prima. Si sente afferrare per le braccia, viene alzato da terra e si ritrova faccia a faccia con il ragazzo che prima aveva parlato con lui. Adesso non ha voglia di parlare, tiene le labbra tese, gli occhi socchiusi, una vena gli pulsa sulla tempia. Paul cerca di liberarsi dalla presa degli altri due, non ci riesce. Un cazzotto in piena pancia lo fa piegare in due dal dolore, un altro gancio lo colpisce in faccia, spaccandogli il labbro e forse anche un dente. Sputa per terra, sangue. Il ragazzo, si prepara a tirargli un altro pugno, mentre i suoi complici continuano a tenerlo bloccato. Qualcosa lo interrompe <<Ehi voi andatevene dalla mia officina!>> una voce profonda e asciutta arriva alle loro spalle. Un uomo sulla cinquantina, alto e magro, con indosso una tuta da meccanico, tiene fra le mani un grosso fucile da caccia, mentre guarda i ragazzi minaccioso. <<Ehi Mike non c'è bisogno di tirare fuori il tuo giocattolo...>> <<Andatevene subito dalla mia officina>> digrigna fra i denti l'uomo. Il ragazzo, chiamato Spike, alza le mani in segno di arresa, mentre arretra sorridente <<Salutami tuo figlio! Andiamo non c'è più niente da fare qua>> con un gesto della mano, chiama i suoi scagnozzi e si allontanano.

Paul ormai libero, si massaggia lo stomaco indolenzito, mentre il labbro si è gonfiato. <<Ti avevo avvertito di stare lontano da quella banda>> risponde con tono secco e freddo, mentre abbassa il fucile. Il ragazzo non lo guarda ma sente il suo sguardo addosso come fuoco ardente. <<Sono cazzi miei di quello che faccio!>> urla, non curandosi che è il suo datore di lavoro. <<No ragazzo sono anche miei dal momento che vengono qui!>> si volta, fa per tornare da dove è venuto, poi lo guarda, per l'ultima volta <<L'orgoglio sarà la tua fine...>> se ne va senza aspettare risposta.

Posa il fucile sulla scrivania del suo ufficio, si lascia cadere pesantemente sulla sedia, il respiro si fa più affannoso. Fino a quel momento aveva trattenuto le emozioni che stava provando, aveva paura di quella banda ma avrebbe difeso quel ragazzo anche a costo della vita. Prima non ne aveva avuto la possibilità, non gli era stata concessa e aveva perso tutto. Allunga un braccio sulla scrivania, prendendo una cornice, racchiude la foto di un ragazzo, gli somiglia molto. Suo figlio è morto l'anno scorso, per colpa di quella banda e lui non aveva potuto fare niente per evitarlo. Si allunga sulla sedia, guardandosi intorno. Vede Paul tornare al lavoro, non curante delle ferite. Gli ricorda terribilmente suo figlio, aveva la sua età quando è morto e ancora tutta la vita davanti. Per questo, aveva promesso a se stesso, che avrebbe salvato quel ragazzo da quella banda. Perché uccidono tutto ciò che toccano.

Intanto a casa, Cristy sta mettendo in ordine, vestiti sparsi per la stanza. Prende una felpa da terra e l'annusa, ha il suo profumo. Quel profumo che amava sentire quando facevano l'amore, quando lui la prendeva con voglia e passione. La faceva sentire bella e amata. Adesso invece erano più le notti in cui dormiva da sola che quelle che passava con lui. Butta la felpa sul letto, prendendo dei jeans da terra. Infila le mani nelle tasche per controllare che non ci fosse nulla prima di lavarli. Spalanca gli occhi alla sensazione di qualcosa fra le dita. Un sacchettino. Lo tira fuori e lo guarda. Contiene delle pastiglie. Spalanca gli occhi mentre il sacchettino le cade dalle mani. Per qualche secondo, rimane inerme a fissare quelle pillole sul pavimento. Nella sua mente si insinuavano mille dubbi e paura. Ma lei non ci voleva credere.

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