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Le risate di due bambini felici che si rincorrono per caso in una casa mi affollano la mente, la rendono serena. Il loro papà è lì a rider con loro, ad osservarli felici dalla distanza di una poltrona. Li guarda battibeccare su chi ha barato a quel gioco che lui non capirà mai, e sospira pensando a come sarebbe stato assistere a loro, insieme alla sua amata. Forse lei sarebbe stata più brava, ma in fondo, sapeva di esserlo anche lui.

I due bambini richiamano l'attenzione del padre, ma questo improvvisamente scatta dalla poltrona e li osserva con il sorriso di chi non ha buone intenzioni di donargli un buon futuro. Istintivamente i bambini fuggono, corrono al riparo sotto al letto e lui si trasforma in una brutta creatura, in colui che non ragiona, che si caccia in maledetti affari di guai, e ne esce sovrastato da una morte non voluta ma donata in eredità ai figli.

Perché vivere di una vita priva di sogni e possibilità di scelte, è peggio che morire.

Il papà urla, li cerca, ma questi tremano e si abbracciano strizzando gli occhi, cercando di non piangere per non venir beccati. Ma quando la bambina apre gli occhi, vede i piedi grandi fermarsi davanti al letto e infine una mano tenta di prenderla e il suo urlo scheggia le pareti.



C'è silenzio.
C'è buio.
Il mio cuore batte.
La mia mente non viaggia, è ferma; è tutto quieto, cessante, è tutto saturo, in equilibrio, stabile. Sento i muscoli guizzare doloranti andando a ritmo di ogni pulsazione. Io sono ferma, provo a muovere qualcosa.
Sotto alle mie dita, tasto un tessuto morbido e caldo. Le mie gambe si tendono, beate della posizione ben comoda. Temo di non essermi sentita così riposata e dormiente da chissà quanto tempo e ora, mentre cerco di riaprire gli occhi, le mie palpebre sembrano non collaborare, pare vogliano rimanere a baciarsi con le ciglia.
Forse, sono le labbra secche a volermi far svegliare, ho sete, la gola brucia.

I miei occhi si aprono affaticati, odiandomi; sembrano un telo che si scosta per lasciar libero arbitrio ad un panorama di prestarsi a una vista paradisiaca.

La prima cosa che noto, è il cielo imbrunirsi mentre filtrante, si insedia fra i palazzi di New York. Sfiora ogni finestra, mormora al vento, si prende un respiro sollevato. La finestra di fronte a me, mi accoglie agevolando il buio per lasciarmi abituare alla luce soave che flette attraverso il vetro e colpisce parte del letto su cui sento di aver dormito per ore, forse giorni. Nonostante stia ripercorrendo ogni precedente avvenimento sfiancante, mi sento in equilibrio con ogni squilibrio che ne è stato e ne è della mia vita.

Le quattro mura, sono in silenzio, accanto a me una poltrona vuota, dei macchinari, le mie mani collegate ad esse. Dei fiori sono lasciati freschi e profumati dentro almeno tre vasi annacquati. Uno di questi, siede sul pavimento, ingombrandosi di girasoli che mi trasmettono serenità; una strana e indicibile serenità che oltrepassa ogni dolore vissuto, ogni direzione falsa, ogni pensiero contraddetto, ogni persona che mi ha creato e fatto del male. Ho passato notti intere sveglia, o a rimanere su quella sottile dormi veglia che mi svegliava al singolo chicco d'aria smossa nella stanza. C'era la paura, c'erano i demoni. E ora invece è come se di botto, tutto quel male non esistesse più. Ho aperto gli occhi e come per magia sembra tutto finito, non sento più il macigno costante che mi soffoca il petto, non sento più l'allarme nella testa. Sono sola, con me stessa e la serenità folle che mi sta segnando ogni circuito del cuore.

E' tutto strano, che quasi temo non possa essere reale.
E' tutto così sereno e rilassante, che quasi temo di non essere in grado di adattarlo in me stessa, e invece è proprio da lì dentro che nasce. E' come se sprigionassi attraverso il respiro, ciò che per anni non ho più vissuto, solo a causa delle bugie, delle scelte di qualcuno che avrebbe invece dovuto preservarmi, regalarmi una famiglia e tutto il pacchetto d'amore che mi avrebbe spedita nelle destinazioni del mio cammino.

𝘿𝙚𝙫𝙞𝙡'𝙨 𝙂𝙡𝙤𝙬 || hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora