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Chiudo la porta alle mie spalle, lasciando fuori la paura e la solitudine. Sento che bussano, ma mi trovano distratta e attratta dalla figura grande, possente, ferma immobile davanti a me. Mi da le spalle, si toglie il cappotto e si guarda intorno. I suoi ricci umidi, si muovono ad ogni respiro, non so bene se mio, o suo.

Penso che ancora la sbornia non mi sia passata, eppure sono così ammaliata, che mi dimentico pure d'aver rischiato di schiantarmi al suolo, o addirittura d'aver pianto, prima. Qualche minuto fa, ero da sola in strada a combattere le mie mancanze e le mie nostalgie, invece ora sono qua... in casa mia, con Harry, e non riesco a pensare a qualcosa di meglio, o a qualcosa di più brutto.

Si volta, forse attratto dal mio silenzio e mi osserva da sotto le sopracciglia aggrottate.

Beccata.

«Lascia pure il tuo cappotto sulla sedia, si asciugherà presto.» Raggiungo la cucina, attraversando la mia lieve ansia.

Sento il suo sguardo che mi scorre perpetuamente delicato sulla schiena, avvertendomi del pericoloso momento. Tento di assestare le mie emozioni contratte e che vagano indisturbate, senza veli. Averlo qua dentro, dove le mie paure graffiano le mura, mi fa sentire più spoglia di quando mi sono mostrata rivelandogli d'essere Alicante.

Eppure, non mi sembra sbagliato. E se magari lo è, almeno, avrò appagato per una sera la mia solitudine.

Metto l'acqua nel bollitore e inizio a scaldarla per fare del thé.

«Non ho vestiti asciutti che ti vadano bene, purtroppo» lo informo appoggiandomi al bancone, e trovandolo seduto sullo sgabello, «però potresti fare una doccia calda e per quando avrai finito i tuoi vestiti saranno sicuramente asciutti.»

«Sto bene così.»

«Ma i tuoi vestiti sono umidi. Non me lo perdonerei se ti venisse un malanno.»

«Non è colpa tua.»

Gli getto un'occhiata, poi fingo di controllare l'acqua nel bollitore, dandogli nuovamente le spalle.

«Non puoi dare quest'agonia alla tua pelle, per tutta la notte.»

«Per tutta la notte?»

Cala il silenzio, quindi fermo i miei movimenti, e mi volto incerta verso di lui. Mi sta guardando. Ovvio. Con le mani belle incrociate sulla penisola, il viso leggermente rilassato, con un sorriso inaspettato, impercettibilmente accennato.

«Io intendevo-»

«Per tutta la notte.» Afferma interrompendomi e alzandosi. I suoi muscoli guizzano sotto alla camicia resa più aderente dalla precedente pioggia che l'ha impregnata. I suoi occhi, diamine, quelli arrivano a scavarmi dentro, a scalarmi la mente.

Quando è davanti a me, ci mette quasi un secolo prima di fare o dire qualcosa. Nel frattempo, il rumore del bollitore, mi avverte che l'acqua è giunta a temperatura e sobbalzo.

Tento di spegnere il fornello, ma lui è più veloce di me e mi precede senza darmi modo di muovermi.

Sono in trappola. Una trappola che mi piace e alla quale mi incateno da sola.

«Perché non mi dici mai ciò che davvero vorresti?» Incrocia le braccia al petto, i suoi muscoli si evidenziano facendomi imprecare mentalmente per il fuoco che mi provocano dentro.

«Cosa?»

«Quando mi chiedi qualcosa, so sempre che c'è un secondo fine.»

«E quale pensavi che fosse, quando ti ho chiesto di salire?»

𝘿𝙚𝙫𝙞𝙡'𝙨 𝙂𝙡𝙤𝙬 || hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora