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Mi siedo sul divano a due posti, di stoffa antiquata. Accavallo la gamba sull'altra e nel frattempo che prende posto accanto a me, non si perde l'occasione di guardare la pelle scoperta dalla gonna.

Si è riempito un altro bicchiere e lo tiene nella mano sinistra – immancabilmente adornata perfettamente dai suoi anelli – che appoggia pigramente sul bracciolo. C'è un silenzio che nemmeno la notte potrebbe muovere. In quel silenzio, sembra come se stia attirando a sé lievi ricordi che tuttavia, non sembra gli faccia piacere tirar fuori.

Fissa il suo amaro, come fosse un appiglio alle sue emozioni ed io guardo lui, perché so che è l'unico modo per rendere chiaro ciò che provo in sua presenza.

E so perfettamente, che al termine del suo racconto, uscirò da qua dentro con il passato che tornerà a travolgermi nonostante prima stesse solo bussando.

C'è una parte di me che pensa che non mi racconterà nulla, che se ne starà zitto a contemplare il gusto del suo inseparabile amaro.

«La prima volta l'ho vista sul palco del Resplandor Del Alma – bagliore dell'anima – un night club di Alicante, in Spagna. Ed ogni venerdì sera, sono tornato lì per lei. Aveva i capelli neri, come i pensieri che facevo su di lei quando ballava sulle mie gambe; e corti, come mi sembravano i momenti che passavamo insieme. Non era mai in sé, prendeva delle pasticche che in realtà potevano anche non essere così pesanti, se non fosse per il fatto che lei ne prendesse il più del dovuto.»

Fisso il vuoto sentendo l'ansia divorarmi lo stomaco.

«Penso avesse diciotto anni e io venti. Ero in Spagna per lavoro e stavo attraversando un periodo dove ero in cerca di qualcosa che stimolasse la mia mente, ero in cerca di qualcosa che mi facesse provare che non ero immune ai sentimenti, così come pensavo di essere. Andavo a letto con le donne e non provavo un cazzo, a parte la semplice soddisfazione del piacere, chiaro; ma non mi bastava. Non avevo tempo per gli hobby, dovevo sempre lavorare. Non provavo interesse per niente e nessuno e avevo qualche peso e qualche mancanza che...» si blocca e porto immediatamente gli occhi sul suo viso.

Si lecca le labbra e scuote il capo prendendo un sorso dal bicchiere. Abbraccia il bordo di cristallo con le labbra carnose, e ne seguo ogni impronta che lascia.

Non continua. E per mia sfortuna, quella parte di racconto, rimane a me sconosciuta.

«Non sapevo niente di lei, né se fosse del posto, né chi fosse nella realtà o come si chiamasse realmente. Però lei più ballava e mi sorrideva, più io ero attratto. Dal suo volto, capivi che quel lavoro che faceva non le andava giù. Perciò ho sempre pensato che le pasticche le prendesse proprio per quello; per lasciarsi andare e per dimenticare gli uomini con cui stava.»

Sento il cuore battere tremendamente veloce che quasi mi pulsa la testa. Ho una voragine di emozioni dentro che se solo fosse possibile aprire uno spiraglio di cuore per guardarci dentro, verrebbe fuori una valanga.

Mi agito ad ogni parola, ad ogni sua supposizione. Ma sono brava a rimanere di pietra.

«Non mi ha mai detto perché facesse quel lavoro, quando era chiaro che non volesse farlo. Diceva solo di volersi lasciare una storia alle spalle. Io le assicuravo sempre che l'avrei aiutata, in qualunque modo, se solo me l'avesse chiesto. Ma non accettò mai. Avrei potuto darle qualsiasi cosa. Parlava raramente, ero io quello che parlava e pure tanto. Mi veniva spontaneo. Lei ballava solo, era lì per quello. Ma io ero lì per lei, per vedere la sua pelle chiara muoversi ad ogni mio impulso, ad ogni nota che doveva ballare. Tuttavia, nonostante la voglia di averla, non la toccavo. Era lei che lo faceva, ed io la bloccavo. Io volevo lei, non il suo spettacolo.

Passai qualche mese lì, e sebbene ogni giorno vagassi per tutta Alicante alla ricerca di quest'ultima, non ero in grado di trovarla da nessuna parte. Solo il venerdì sera lei spuntava, sbocciava come un fiore in primavera, sempre più bella e non per tutti. Aveva gli occhi di chiunque sempre puntati addosso, che non la meritavano, ma li attirava per il viso angelico, le labbra fine e gli occhi da gatta. Non era il modo in cui si muoveva, era proprio lei... l'aura che aveva attorno, la bellezza che rivestiva la sensazione di averla accanto. Avevo più volte chiesto di lei, ai suoi colleghi, al proprietario e a chiunque pensavo fosse ovvio che potesse conoscerla, ma non sapevano niente. Fingevano tutti di non conoscerla, e davvero non capivo il perché. Alicante non potevi trovarla, non potevi conoscerla. Ogni giorno era solo una città, il venerdì sera diventava il mio paradiso.»

𝘿𝙚𝙫𝙞𝙡'𝙨 𝙂𝙡𝙤𝙬 || hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora