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Ricordo che da piccola, ogni volta che si avvicinava il Natale, nessuno mi fermava. Diventavo un tornado di emozioni e speranze.

Speranze perché sapevo che Babbo Natale in qualche modo, sarebbe sempre riuscito a regalarmi ciò che più desideravo. Ed ero un fascio di emozioni, perché sapevo che ci sarebbe stata la neve, che ci avrei giocato con la mia famiglia e che tutta quella felicità, mi avrebbe divertita, fatta star bene.

Quando ho capito poi, che Babbo Natale non esisteva e che non era lui a portarmi i regali, anziché venirmi fuori una delusione, esplosi di gioia.

Se mi dovessero di fatti chiedere, qual è il momento più bello in assoluto che ricordo di aver vissuto da piccola, direi proprio questo: il giorno in cui scoprii che Babbo Natale, era mio papà.

Mia madre mi portò in uno dei miei negozi preferiti di giocattoli. Era un pomeriggio pieno di neve che cadeva lenta e soave dal cielo buio e le luci e gli addobbi per le strade, nelle case, fuori e dentro ai negozi, sembravano accenderlo. Scaldavano i cuori, regalavano sollievo, mi infestavano di gioia.

Arrivammo all'entrata di questo negozio, dove un lungo cortile era addobbato da un grandissimo albero vero, pieno di luci e palle colorate, mentre un tappeto rosso, era già ricoperto in gran parte dalla neve caduta e dai bambini che la sollevavano.

Alcune renne finte, erano posizionate qua e là e accanto a una di loro, c'era Babbo Natale; in piedi e con un cesto pieno di caramelle a penzolare sul suo avambraccio.

Mia madre, mi prese per mano e mi accompagnò a prenderne una.

Io rimasi lì, davanti a quest'uomo, che sebbene sapessi che tutti i natali mi rendeva felice, ora avercelo davanti agli occhi, in carne ed ossa, mi faceva strano. Ed ero timida, non sapevo cosa dire mentre non parlava ma mi guardava con gli occhi sorridenti da sopra la barba bianca finta e lunga, che completava il vestito rosso e il cappello del medesimo colore.

Non era come spesso l'avevo visto nei libri di scuola, o in televisione, no.
Era diverso, non era neanche vecchio.
Mi avvicinai di più, lo guardai meglio, poi osservai le mani, infine le scarpe.

«Ma è Papà!» Urlai di gioia infine.

Sì, l'avevo riconosciuto. E non se l'aspettavano mica mamma e papà, ero troppo piccola.
Eppure, li avevo fregati.

E ad ogni bambino che poi s'avvicinava per prendere la caramella, urlavo che era lui, il mio eroe, la mia felicità, colui che tutti amavano, colui che dava tutti quei doni: mio papà.

E lo urlavo, lo spifferavo a tutti: «E' mio papà! E' mio papà!»

E lui mi diceva di stare zitta, di non dirlo.
Ma papà, ti avrò pure rovinato il travestimento, ma tu mi avevi migliorato la vita. Io dovevo dirlo, dovevo urlarlo che ero fiera, che eri tu. Perché solo io, in quel momento, avevo un papà Babbo Natale.
Solo io, avevo tutti i giorni accanto a me, un uomo fantastico come te.


Ora che raggiungo l'appartamento di Candice, e sento la musica rimbombare all'interno, vorrei tornare indietro a quando tutto era bello, a quando mia madre c'era ancora, e mio padre era Babbo Natale.

«Hailey», una voce mi fa sobbalzare.

Preme le labbra quasi in imbarazzo, ma mi regala un sorriso. E' stretto in uno smoking verde petrolio, e tiene le mani nascoste nelle tasche del pantalone a sigaretta.

«Paul. Che ci fai qui?»

«Non ci siamo più visti da quando abbiamo avuto quella discussione fuori dal pub. Ho pensato fosse meglio chiarire la situazione con la mia più cara amica, prima di concludere questo anno. Dicono porti sfortuna lasciare in sospeso le cose.»

𝘿𝙚𝙫𝙞𝙡'𝙨 𝙂𝙡𝙤𝙬 || hsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora