Everard stava là, in piedi sulla porta, aspettando la risposta di Solomon come se pensasse che avrebbe davvero potuto dirgli di uscire da quella stanza, che avrebbe preferito la compagnia di Floki per quella notte. Si era tolto il mantello, che aveva sottobraccio, e aveva addosso la bisaccia da viaggio che avrebbe posato nella loro camera. Avrebbe dovuto farsi la barba che cominciava a spuntare di nuovo, la cicatrice sulla sua gola si intravedeva dal colletto, e gli occhi scuri e titubanti lo risucchiarono intero.
“Perché?” chiese Solomon, anziché invitarlo a entrare o dirgli di andar via. “Perché vuoi passare la notte con me?”
Lui si strinse nelle spalle. “Ho pensato che potessi essere spaventato per domani. Ho pensato che avrei potuto aiutare. Ma se ho pensato male me ne vado, non voglio peggiorare la situazione, io…”
“Resta,” disse Solomon, anche se so sentiva in imbarazzo, un po’ a disagio e un enorme idiota che non sapeva cosa fare o dire. “Avevi ragione. Sono spaventato per domani. Stai qui.”
Everard entrò nella stanza e si chiuse la porta alle spalle, piano per non emettere suono. Gettò bisaccia e mantello sul letto opposto a quello su cui era seduto Solomon, e poi si voltò a guardarlo. Anche lui sembrava a disagio, come se non sapesse bene dove guardare.
Fu allora che Solomon si decise ad alzarsi in piedi, ad andargli incontro, fermandosi solo a pochi centimetri da lui. Il ragazzo restò immobile, in attesa che fosse lui a fare qualcosa, qualunque cosa, e Solomon pensò che glielo doveva. Everard era andato da Floki a chiedere il cambio di letto, aveva già fatto il suo, ora spettava a lui.
“È strano,” mormorò, resistendo all’impulso di sporgere il braccio avanti e di toccarlo, per assicurarsi che era davvero lì. “Saperti qui con me per la notte, intendo.”
“Non voglio che sia strano. Voglio che sia facile come prima. È sempre stato facile stare insieme a te.”
Solomon non sapeva come rispondere a quell’affermazione. Sapeva però cosa desiderava davvero.
Anch’io voglio che sia facile. Voglio te, come non ho mai voluto nient’altro al mondo. Ti voglio perché siamo qui, a dieci centimetri di distanza, e sono dieci di troppo per come la vedo io.
“Posso abbracciarti?” gli chiese, perché voleva averlo vicino.
“Penso che se non vieni qui subito potrei morire,” rispose Everard.
Così Solomon gli gettò le braccia al collo e sentì che lui gli passava le braccia attorno ai fianchi stringendolo a sé.
Everard infilò il volto nell’incavo della sua spalla e gli diede un breve bacio sul collo.
Rabbrividì e lo strinse più forte.
Per un attimo, tutti i pezzi in cui si era infranto tornarono a posto, come se Everard lo stesse tenendo insieme. Aveva paura che appena avesse mollato la presa si sarebbe rotto di nuovo, ma essere di nuovo tutto d’un pezzo fu qualcosa di così grande che si accorse di stare tremando.
Everard lo baciò sul collo una seconda volta e poi una terza, e Solomon gli infilò le dita tra i capelli come aveva desiderato fare da quando l’aveva visto la prima volta settimane prima.
“Sei qui,” gli sussurrò Solomon all’orecchio. “Per davvero.”
“Sono qui, per davvero.”
Nonostante il ragazzo lo stesse stringendo forte, facendogli scricchiolare le ossa della sua schiena, ebbe l’impressione che la sua cassa toracica si stesse espandendo nel suo petto, e che il suo cuore stesse diventando sempre più grande. Chiuse gli occhi e si aggrappò a lui con tutta la forza che aveva, inspirando a pieni polmoni con la mente annebbiata da tutta quella vicinanza così intima che non c’era stata in tutte le settimane che avevano viaggiato insieme.
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Amma della Mente
FantasyREVISIONE IN CORSO | leggere solo i capitoli con la spunta [nuovo] o [revisionato] ATTENZIONE: sequel di "Tanvar delle Fiamme", che trovate su questo profilo. Jasper è stato sconfitto e Richard si è insediato sul trono. Nonostante la buona notizia...