Quando il tempo passato fu abbastanza, Everard chiese a Frederick di coprirgli le spalle. Il ragazzo si sistemò in modo da coprire la visuale, e lui si sedette per terra a gambe incrociate giocando col pugnale e il passante in legno che bloccava la porta della cella. Mani umane non avrebbero mai potuto farlo scattare, ma con la lama nelle sue mani ecco che tutto diveniva possibile.
Sigga non stava più nella pelle, il momento della verità si avvicinava, di lì a poco avrebbe scoperto se Clarice era ancora viva, se stava bene. Sentì un’ondata di emozione travolgerla, e per un attimo fu sopraffatta da un feroce, devastante senso di speranza.
L’avrebbero trovata, sì. Lo sapeva, lo sentiva.
Per un momento fu catapultata ai vecchi tempi, quando le guardie li arrestavano ed Everard li tirava sempre fuori, con quel suo pugnale, infiltrandosi alla guardia e scassinando la cella con la sua arma preferita, la sua fedele compagna. Allora sgattaiolavano tutti fuori sulla strada e Frederick come premio gli stampava un bacio sulle labbra.
Quella volta però era diverso. Erano molto lontani da Bürgann, e a stento vedevano a un palmo dal naso. La serratura che Everard stava cercando di forzare era di legno, non di ferro, e chi li aspettava fuori da quelle sbarre di rami intrecciati non erano le inesperte guardie della corona, ma degli elfi pronti a entrare nella loro mente e costringerli a rientrare lì dentro. Evitare il contatto visivo sarebbe stato fondamentale. In più, dubitava che Frederick avrebbe baciato Everard come premio, questa volta, anche se durante il viaggio li aveva visti più vicini del solito.
“Ma che sta facendo quello?” chiese una donna, strabuzzando gli occhi e guardando verso Everard che armeggiava con la serratura, concentrato.
“Ci ho già provato ragazzo, senza la chiave non c’è verso di aprire quella roba.”
Maledizione, pensò Sigga. Quegli umani avrebbero rischiato di attirare l’attenzione su Everard.
Si guardò intorno, fuori dalla cella. Gli elfi sembravano non fare caso a lui, semi nascosto sotto Frederick, che stava in piedi a schermarlo alla vista.
“Ho qualcosa di meglio di una chiave,” sussurrò Everard, per poi trattenere a stento un verso di vittoria all’apertura della porticina.
I presenti intorno a lui sussultarono.
“Il ragazzo ha aperto la porta!” fece uno.
“Silenzio, o ci sentiranno!” disse un altro.
Una ragazza molto giovane, che sino a quel momento stava piangendo terrorizzata, si asciugò le lacrime con la manica e sbatté le palpebre incredula, davanti alla porta aperta.
“Tutti calmi,” disse Frederick, in un sussurro. “Se si accorgeranno che abbiamo aperto la porta requisiranno il pugnale e ci chiuderanno di nuovo qui dentro. Ci serve tempo.”
“Tempo? Tempo per cosa?” disse la prima donna che aveva parlato. “Usciamo subito, scappiamo!”
“Ci riporterebbero dentro dopo averci ammaliati,” disse Everard, alzandosi in piedi. “Prima ho da fare una cosina,” disse, con un ghigno. Tirò fuori un qualcosa dalla tasca e il suo sorriso si allargò.
“Cos’è quello?” domandò un uomo nerboruto che stava rannicchiato vicino alle sbarre. La porta era rimasta socchiusa, per non far capire agli elfi che era stata aperta a un primo sguardo.
“È un acciarino!” esclamò la donna, la più vicina.
“Questo posto è fatto di legno e pelli, e coperto di grasso. Brucerà come un cerino,” disse Everard. “Ora appiccherò fuoco alle gabbie, questo dovrebbe darci modo di fuggire. Loro hanno paura del fuoco, e chiuderanno gli occhi per la luce improvvisa, non dovrebbero poter ammaliarci in questo modo.”
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Amma della Mente
FantasíaREVISIONE IN CORSO | leggere solo i capitoli con la spunta [nuovo] o [revisionato] ATTENZIONE: sequel di "Tanvar delle Fiamme", che trovate su questo profilo. Jasper è stato sconfitto e Richard si è insediato sul trono. Nonostante la buona notizia...