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Un forte battere di pugni alla porta lo svegliò di soprassalto. Christopher, intontito dal poco sonno e da un gran mal di testa, si levò in piedi e si diresse all'ingresso.
Ancora un forte trambusto contro la porta.
«Ma che diavolo... » Quando l'aprì, si ritrovò davanti una Silvia sconvolta, col viso segnato dalle lacrime.

«Il locale... Jenna... » Cercò di riprendere fiato, mentre balbettava frasi sconnesse.

Christopher l'afferrò per le spalle e la scosse. «Silvia!»

Lei incrociò i suoi occhi e, dopo aver fatto un grosso respiro, riuscì a mettere insieme una frase: «Il Flick è distrutto. Jenna e Becky sono sparite.» Sentì le forze scivolare dal proprio corpo e le gambe divennero pesanti, poco prima di svenire fra le braccia di Christopher.

• • •

Con difficoltà e infastidita dalla luce del sole, Silvia riaprì gli occhi. Aveva addosso una giacca leggera, più grande di qualche taglia, e se ne stava rannicchiata sul sedile della Mustang di Christopher.
Si sollevò di botto e guardò fuori per capire dove fosse, ma non riconobbe nulla di quel posto. Sentì solo una voce che proveniva da dietro e si voltò a guardare.
Christopher era al cellulare, un grosso cellulare strano come Silvia non ne aveva mai visto prima. Lasciò scivolare la giacca sul sedile e uscì dall'auto per raggiungerlo.
Mentre lui continuava a sbraitare, rimase a fissarlo senza riuscire a capire di cosa parlasse. Blaterava di tizi pericolosi, rapimento, distruzione. Tutti termini di cui Silvia conosceva il significato, ma ai quali non trovava una spiegazione.

Christopher incrociò il suo sguardo perplesso e ingoiò le ultime parole del discorso che stava facendo. «Ci vediamo al solito posto», terminò infine, e riattaccò. Afferrò Silvia per il polso e la trascinò con sé. La fece sedere sul cofano dell'auto e cercò di catturare tutta la sua attenzione. «Ascoltami bene», iniziò, «ora non ho tempo per spiegarti tutto, ma sappi che non sei al sicuro nel Connecticut. Ti accompagnerò in un posto e aspetterai lì fino a quando non troverò Becky e Jenna.»

Silvia seguiva le sue labbra e sì, l'aveva sentito parlare, ma faticava a capirlo. Non era al sicuro da cosa? Da chi?
«Ti ho detto che so badare a me stessa», rispose infastidita. Scese dal cofano per allontanarsi, ma Christopher la bloccò.

«Non posso lasciarti andare.» Si guardarono negli occhi.

«Che cazzo fai?» si liberò dalla sua presa, «Leon è un mio problema e tu non hai alcun diritto di interferire nelle mie cose.»

Lui sbuffò un sorriso amaro. «Non hai proprio idea di cosa stia succedendo.» Si passò una mano dietro al collo. «Credimi, Leon è l'ultimo dei nostri problemi ora.»
Ancora una volta, lei lo guardò perplessa.
«D'accordo.» Christopher fece un grosso respiro, poi continuò: «Becky e Jenna sono state rapite da persone molto pericolose e io devo trovarle subito, prima che ne perda ogni traccia. Però, per farlo, devo prima portarti al sicuro.»

Silvia iniziò a fare avanti e indietro, incapace di razionalizzare. «Cosa vuol dire tutto questo? Sapevo che stavate nascondendo qualcosa. Lo sapevo!» Gli puntò il dito: «Avevo avvertito Jenna, perché non mi ha ascoltata?» tirò indietro i capelli e si prese la testa fra le mani.

«Senti, ora non ho tempo per le tue crisi isteriche. Dobbiamo andare via.»

«Io non ci vengo con te!» lo affrontò a muso duro.

«Doveva capitare a me la pazza», commentò lui fra sé. «Sali subito in macchina! Siamo in Canada e sei a piedi. Non credo tu voglia fare l'autostop per tornare, o sbaglio?»

«Cosa?» si guardò di nuovo intorno. «Mi hai rapita, per caso? In Canada, ma scherzi?» si agitò. «E poi chi sarebbe la pazza?» gli colpì il petto. «Stronzo!»

Jenna's placeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora