Le setole del pennello restavano appena sospese sulla tela innevata di niente, nuda e scarna, colma di vuoto, immensa di nullità.
La mano dell'uomo fremeva titubante, il cuor suo palpitava pesantemente nel dubbio, e la mente era simile a una pianura annebbiata.
Non c'era niente, nessun elemento, nessun volto e nessun paesaggio da cui prendere ispirazione.I fari di luce che in quella notte lo accecarono, gli rendevano difficile vedere con chiarezza ciò che gli stava di fronte.
La neve che gli giaceva silente sul viso, il rumore croccante delle suole sull'asfalto, il suono delle acute sirene, lo straziante lamento del figlio e le parole che pendevano confuse e sconnesse dalle labbra dei paramedici.Era una caramella sul palato che non perdeva gusto, anche se masticata e ingoiata, l'asprezza e l'acidità restavano vivide e pungenti sulla lingua.
Loris guardò con delusione la tela, si reputò incapace.
La sua ispirazione dimorava nel cimitero, la sua fantasia era stata resa cupa, e un grande blocco incombeva su di lui quasi fino a inghiottirlo.
Frustrato dalla sua inabilità di disegnare, lasciò il pennello e sospirò arreso.
La stanza era ricca di silenzio, l'uomo si trovava al centro di un disordine mentale piuttosto che d'arredamento. C'era polvere ovunque, si respirava cera e umidità, acrilico e legna, carta da parati e pagine di vecchio giornale.
Dalla finestra non entrava aria, le tende erano rigide e assenti d'animo, proprio come lui. C'era molta più vita nelle ragnatele presenti negli angoli, i ragni che con il tempo avevano tessuto le loro dimore, rendevano la stanza nettamente viva.
Mentre il pittore solitario meditava sulla propria impotenza contro il blocco, della sua inabilità e del talento smarrito, udì la porta di casa chiudersi.
Il tintinnio di chiavi che interruppe la sua meditazione, venne poi accompagnato da una lunga serie di passi: leggeri per il soggiorno, più pesanti sulle scale, e nuovamente lenti e lievi.
L'uomo uscì dal proprio rifugio, cogliendo il giovane scolaro lungo il corridoio in via verso la camera da letto, dove bramava di recarvici già tra i banchi della scuola.
Addosso aveva un maglietta chiara con il colletto alto che gli nascondeva l'intero collo, portava dei jeans stretti e scuri con ai piedi le solite scarpe piatte e semi slacciate. Reggeva lo zaino sulla spalla sinistra come l'oggetto più prestigioso del mondo, sebbene carico di materie, strozzava il manico con timore di esserne privato da un momento all'altro.
Pareva un vampiro con la sua pelle lattea ed estranea al sole, i suoi capelli erano un contrasto a questa, poiché tetri come la pece.
Anche il suo occhio era scuro, non sfuggì di certo a quello del padre, che preoccupato chiese subito cosa gli fosse successo.Il ragazzo rispose senza alcuna esitazione, confessò al padre la ragione per cui avesse l'occhio scuro.
«Mi è arrivata una palla in faccia durante educazione fisica»«Strano, educazione fisica ce l'hai il giovedì e il venerdì» rispose l'uomo, al corrente di tutti gli orari scolastici del figlio. Issò un sopracciglio e attese una risposta del ragazzo, la quale non tardò ad arrivare.
«Il professore era assente, così ci hanno diviso in diverse classi, io sono finito nella quarta, che a quell'ora stava svolgendo educazione fisica» il figlio pregava in cuor suo che il padre avrebbe creduto alla menzogna edificata con accuratezza lungo il marciapiede. Ci aveva impiegato tempo per poterla pianificare, riconosceva il fiuto attento del genitore e la sua abilità nello scrutare anche la più piccola beffa.
Non doveva mostrare segni di debolezza, come fuggire con lo sguardo, grattarsi smaniosamente la pelle attorno alle unghie o mordersi il labbro. Ciò avrebbe reso chiara la recita, tale atteggiamento lo avrebbe di certo esposto e le conseguenze sarebbero state più che amare.

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stOrge|| Non voglio il tuo amore
RomanceLoris Anderson è un giovane padre vedovo che non sa cosa sia veramente l'amore. Egli, in questo racconto, cercherà d'interpretarlo, di tradurlo e disperatamente di correggerlo. Ma purtroppo è incapace sia di darlo che di riceverlo, perché accecato d...