14 - Tatuaggi vivi e discorsi sulla morte

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- Sta notte posso restare a dormire da te?

- Nessun problema, la tua camera è sempre pronta basta che non fai casini.

- Casini, io? Ma figurati.

I due giovani stavano cenando alla luce sempre più pallida del tramonto, sul tavolo sotto le piante di glicini, ormai sfiorite da tempo, erano state accese numerose candele per rischiarare la serata. Era una situazione davvero piacevole se non per qualche fastidioso insetto.

Dazai infilzò la carne arrosto con la forchetta e la osservò con molto interesse.

- Cosa ne pensi della morte, Chuuya-kun?

- Penso di essere troppo stanco per sentire uno dei tuoi discorsi filosofici, signor duca.

- Dai, magari io sono sul punto di suicidarmi e questo discorso potrebbe essere ciò che mi impedirà di farlo.

- Tu sei sempre sul punto di suicidarti.

- Sono dettagli poco importanti, marchese.

- Parli della morte con tanta leggerezza perché non la conosci.

Sentenziò Chuuya spezzando un pezzo di pane e porgendolo a Dazai. Il duca a quelle parole irrigidì le spalle e rivolse al marchese uno sguardo gelido.

- Cosa ne puoi sapere tu, marchese. Non immagini quanto so della morte.

- Oh, non metto indubbio che l'abbiate conosciuta. È un fatto diffuso e umano morire. Non ho voglia di affrontare questo discorso a tavola. Ti dirò solo questo: se hai intenzione di suicidarti fallo quando sono nei paraggi, così posso ricordarti qualche ragione per restare in vita.

- Tipo?

- Tipo la buonissima grigliata che abbiamo appena mangiato e il buonissimo budino alla vaniglia con frutti di bosco che sta arrivando.

Sorrise Chuuya con soddisfazione al duca.

Finito il dolce e due si alzarono, Dazai fu colto da un giramento di testa che non riuscì molto a mascherare. Chuuya lo prese a braccetto con espressione divertita e si incamminò trascinandolo verso la casa.

- Volevo proporti una passeggiatina serale, duca. Ma non ti vedo nelle condizioni quindi ti accompagno a letto.

- Ma ti prego, smettila. Sto bene.

- Non stai bene. Sei pallido. Sembra che hai perso un'abbondante quantità di sangue.

Chuuya gli rivolse uno sguardo supponente mentre lo sorreggeva lungo le scale. Dazai arricciò le labbra e guardò il braccio di Chuuya stretto attorno al suo, aggrottò le sopracciglia quando si rese conto che il marchese stava... tremando. Intuì che Chuuya lo stava accompagnando a letto non perché fosse preoccupato per lui, ma perché era il marchese stesso a stare poco bene. Si domandò se era il caso di dire qualcosa, ma alla fine optò per restare in silenzio e osservarlo. A parte il tremore delle mani Chuuya sembrava normalissimo. Stesso sorriso spigliato, stessi occhi espressivi e solito colorito pallido ma sano.

Chuuya aprì la porta della stanza degli ospiti e la tenne aperta per Dazai.

- Dopo di lei, illustrissimo duca.

- Oh, ma come siete ossequioso, marchese.

Chuuya scoppiò a ridere poi entrò nella stanza. Indicò una corda sulla parete:

- Se hai bisogno di qualcosa, tira quella. Suonerà un campanello in camera di Tachihara e lui verrà immediatamente da te. Se per caso hai bisogno di me, sai dov'é camera mia. Gradirei, però, essere lasciato in pace almeno di notte.

Dazai si sedette sul letto e annuì.

- Nell'armadio sono già pronti pigiama e vestiti che possono andarti bene e il bagno dovrebbe avere tutto ciò che ti può servire.

- Perfetto.

- Buonanotte, duca.

Chuuya fece un sorriso forzato a Dazai prima di uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle, poi a grandi passi attraversò i corridoi della villa fino alla sua stanza, rapido si tolse i vestiti e guardò il suo corpo seminudo nello specchio.

- Putain. Speravo di sbagliarmi.

Si infilò la casacca di lino che usava come pigiama e chiuse a chiave la porta, poi si sedette sul letto e si prese la testa tra le mani, le sue mani tremavano terribilmente e non riusciva a farle smettere.

Devo solo calmarmi, fare un respiro profondo.

Cominciò a vedere sfuocato, il mondo sembrava spezzarsi, moltiplicarsi e girare. Non la smetteva nemmeno ogni istante, anzi si stava facendo tutto sempre più vorticoso.

Andrà tutto bene. Non devo... Calmati, cazzo.

Chuuya si posò una mano sul petto e fece tre respiri profondi, la vista tornò lentamente normale, ma il tremore non passò. Si cambiò i pantaloni, indossando quelli del pigiama, erano anche quelli di lino come la maglia e venivano dalle coste dell'india. Poi si sdraiò a letto e chiudendo gli occhi con forza obbligò il suo cervello a spegnersi e cadde in un sonno agitato.

Si svegliò di soprassalto qualche ora dopo. Il suo corpo era scosso da tremiti incontrollabili e non riusciva più a mettere nulla a fuoco, i suoi pensieri erano poco chiari, ingestibili, inquieti parevano i pensieri che tormentano un dormiente negli incubi.

Devo resistere, devo far andare via Dazai. È in pericolo.

Barcollando si alzò e armeggiò con la serratura della porta, aggrappandosi allo stipite.

Devo raggiungerlo e mandarlo via, non deve saperlo.

Si incamminò lungo il corridoio incespicando sui suoi piedi. Dio, era così difficile rimanere lucidi e mantenere l'equilibrio contemporaneamente. Stava letteralmente perdendo la testa, la parte razionale di lui, che sapeva che sarebbe andato tutto bene se fosse rimasto chiuso a chiave nella sua stanza, non riusciva a farsi valere su i pensieri violenti, generati dall'istinto, che gli stavano soffocando la mente.

Non deve scoprirlo. Non voglio ucciderlo.

Bussò alla porta della stanza dove riposava Dazai, in realtà più che bussare ci si accasciò sopra provocando un tonfo sordo che rimbombò per tutto il piano della villa. Poco dopo la porta venne aperta, Dazai apparve nel fascio di luce flebile che proveniva da due candele accese nella stanza.

- Chuuya? Tutto bene?

Devo solo dirglielo, devo dirgli di andarsene e andrà tutto bene.

- Dazai...

Chuuya non riuscì a finire la frase che crollò in avanti privo di sensi, Dazai lo prese al volo e lo sostenne con sguardo confuso e preoccupato. Se lo caricò in braccio e lo depose sul letto.

- Cosa...?

Con le sopracciglia aggrottate notò una macchia nera, che fino al giorno prima non c'era, sbucare sul collo di Chuuya da sotto il colletto della casacca di lino. Delicatamente Dazai aprì la camicia e si ritrovò ad osservare uno spettacolo unico e sconvolgente. La pelle di Chuuya dall'altezza del cuore era ricoperta da strani tatuaggi che si ramificavano in tutto il corpo, parevano quasi in movimento. Fino a poco prima raggiungevano appena il collo, ora il tatuaggio era comparso anche sulla guancia.

Dazai indietreggiò e restò a fissare quella scena. Il suo cervello aveva bisogno di tempo per metabolizzare ciò che vedeva. Quando le sue mani lasciarono il corpo di Chuuya dai tatuaggi neri si sprigionarono volute di fumo scuro che avevano un sentore di incenso.

Subito Dazai fu colto di sorpresa da un capogiro, pensava che la magia esistesse solo nelle favole. Che le streghe bruciate al rogo erano solo povere donne, forse quello era solo un incubo... Forse.

Appoggiò una mano sulla guancia di Chuuya, dove doveva ancora apparire il tatuaggio, e la pizzicò provando a svegliarlo.

Non appena le sue dita sfiorarono la pelle pallida del marchese le volute di fumo nero inaspettatmente scomparvero, risucchiate nel corpo di Chuuya.

A. A.
Eeee eccomi signori e signore.

Abisso - SoukokuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora