Negare

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A lezione fu diverso.

Quel giorno mi sentivo diverso.

Più sicuro. Più sfrontato. Consapevole.

Pronto a correre rischi.

Per questo, nonostante mi stesse palesemente evitando dopo il mio tentativo di affondo con Althea quella mattina in sala comune che aveva rischiato di esporre entrambi agli occhi di Victoria, fui comunque io a passargli la ciotola di crine di unicorno che cercava sul nostro tavolo da lavoro pieno zeppo di ampolle, coltelli, recipienti colmi e rami di aconito e dittamo sparpagliati ovunque.

Gliela porsi con tranquillità, fissandolo senza alcun risentimento.

Ricambiò il mio sguardo con la stessa facilità con cui io l'avevo cercato.

Pulito. Armonico. Rigenerante.

Era così che mi sentivo dopo giorni di silenzioso vuoto e bruciante assenza.

Come sempre troppo diretto da restarmi incollato dentro fino al centro del petto che sentivo fremere. Mentre tutti si affaccendavano a mescolare e riempire quei calderoni che sbottavano capricciosi sotto di noi, per un attimo, la clessidra sulla cattedra di Lumacorno sembrò fermarsi.

Quei granelli congelarsi nella caduta.

L'intero tempo sembrò sospeso come la piega delle sue labbra leggermente dischiuse per la concentrazione. L'avevo sorpreso così, mentre era assorto a studiare i passaggi del libro di teoria aperto sul tavolo al suo fianco. E persino quando si concentrava, con i capelli appena scarmigliati dai vapori nell'aria, e la luce grigia di dicembre che gli pioveva sul volto scultoreo, sapeva come essere intenso, come se anche la minima e più banale delle attività diventasse un ritratto di arte quando era lui il soggetto a compierla.

Allungò una mano pacifico e prese la ciotola dalla mia: misurato, lento, attento a non toccarmi.

Senza mollare il mio viso.

Mi fece un cenno, per ringraziarmi.

Annuii e tornò di corsa a concentrarsi sulla sua pozione.

Lo feci anch'io.

Cullando quel liquido azzurro con il mestolo di legno, con la tranquillità di chi ha già una E sul registro.




E quello fu il nostro unico contatto del giorno.

Perchè ultimamente Scorpius Malfoy sembrava avere la tendenza a sparire più del solito. Anche se i ritiri e gli allenamenti erano sospesi in vista delle vacanze natalizia alle porte.

O forse, semplicemente, era solo lui ad essere fuori dai miei radar dato che non mi stava più intorno.

Me lo chiesi in quel momento, mentre approfittavo di quell'insolito attimo di solitudine per una ricerca in biblioteca. Il che era comico, perchè un tempo essere solo era la regola. Adesso un'eccezione.

Volevo onorare la mia promessa ed esserci per Victoria. Ma ero impreparato.

Non sapevo nulla dei disturbi alimentari, né se ci fosse un modo per controllarli o persino guarirli.

Non ero sicuro nemmeno di saperli identificare correttamente.

Ma sapevo dove cercare.

Mi spinsi nel reparto babbano nell'ala più isolata della biblioteca.
Le candele bruciavano lente illuminando meticolosamente gli alti ripiani in legno, laminando d'oro, smeraldo, candido e scarlatto le copertine di centinaia di libri che riposavano l'uno accanto all'altro, mentre la pioggia snocciolava lenta la sua preghiera serale fuori dalle finestre bifore: piccoli squarci di impressionante oscurità in quella tela legnosa e dorata nel quale sostavo.

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