Circolo Chiuso

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Dormii poco e male.

Per tutta la notte la pioggia non fece che picchettare incessante contro le mura del castello e il vento, che ululava negli atri bui e deserti, saliva rombando e accanendosi su imposte e infissi facendo sbatacchiare le persiane.

Un concerto disarmonico e fastidioso che rese il mio sonno difficile.

Mi giravo continuamente nel letto, soffocando i rumori con un cuscino, scoprendomi in continuazione, salvo poi ricoprimi, scosso dai brividi in cerca di calore.

Alle prime luci dell'alba, ci rinunciai.

Mi misi a sedere a letto, stanco e sfinito per quella nottataccia, la mente confusa e annebbiata come dopo una sbornia.

Non so quanti minuti passai a fissare la pioggia colare malinconica lungo la vetrata della mia finestra, sentendomi sempre più prigioniero su una nave di pirati mentre la luce color peltro dell'alba mi circondava. Quando quel senso di avvilimento divenne insopportabile, mi alzai, il contatto dei miei piedi nudi sul pavimento freddo mi rinvigorì.

Raggiunsi la scrivania, mi sedetti e accesi una delle candele.

La fiamma sfrigolò con lo stesso suono di una crepa nel ghiaccio.

Cercai un calore che non riuscivo a far mio da quella debole aura dorata che si faceva spazio nell'atmosfera metallica della mia camera.

Aprii il quaderno di appunti di Trasfigurazione e fissai quelle pagine pregne di inchiostro, come se il mio cervello potesse assorbire quelle nozioni per osmosi.

Non funzionò.





Quando salii in Sala Grande per la colazione, pioveva ancora.

Gli stemmi araldici sulle finestre sembravano sciogliersi come pittura fresca sotto quell'acqua insistente.

Nel soffitto incantato della Sala, le candele ardevano come fosse già sera.

Tutto il castello sembrava più oscuro, buio, avvolto in un eterno crepuscolo, mentre la luce smorta di Dicembre ci assediava.

La notizia di Scorpius trasferito al San Mungo si era già diffusa tra gli studenti, ma questa volta non mi fermai ad origliare le loro stupide teorie al riguardo.

Mentre passavo al tavolo dei Serpeverde, Cole e Brandon mi fissarono come se gli avessi ingannati.

Naturalmente, si erano tutti fidati del mio giudizio. Per loro: "sta bene" significava: "è in grado di giocare una partita di Quidditch oggi stesso."

Il resto della squadra faceva colazione in religioso silenzio.

Non erano gli unici.

Anche Victoria e Aaron sembravano due abitanti di un deprimente monastero di clausura.

Lui rimestava il suo cappuccino come se quel vorticare di latte e caffè fosse tutto il suo mondo.

Lei stringeva in una mano il ciondolo di ametista che portava al collo. Con la coda dell'occhio, fissava il posto vuoto di Scorpius al suo fianco, come se si aspettasse di vederlo occuparsi da un momento all'altro. Chad tagliava zitto il suo bacon, come sempre.

"Buongiorno."

Dissi sedendomi e il mio tono fu così basso e imbarazzato che sembrava essere tornati a quattro mesi prima, quando ancora non li conoscevo.

Victoria sembrò ridestarsi dai suoi pensieri. Mollò il ciondolo e tornò al suo yogurt che aveva abbandonato davanti a sé.

"Ciao."

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