Perfetti Sconosciuti

111 7 25
                                    


"No"

Mi ripetevo, mentre sentivo quella semplice parola annegarmi dentro e trascinarmi con se sul fondo.

Lui non l'avrebbe mai fatto.

Non senza quella spilla. Non senza un motivo. Non se non fosse stato costretto.

A parlarmi. A interagire con me. A dover passare del tempo con me.

Senza quella promozione, avremmo trascorso gli ultimi tre anni che ci restavano al castello esattamente come i primi quattro: da perfetti sconosciuti.

Per lui non avrebbe fatto differenza.

Ma per me?

Chi sarei stato io? Chi sarei diventato una volta uscito di qui? Avrei continuato a vivere per tutta la vita come un'automa se lui non mi avesse risvegliato?

Era quello a spaventarmi a tal punto da sentire il mio petto tremare e il respiro incepparsi nella mia gola?

Era per me - per quello che ne sarebbe stato di me senza il suo involontario intervento - o per la consapevolezza con cui davo per certo il fatto che senza di lui io non avrei mai capito chi fossi?

Era questo a gettarmi nel panico a tal punto da sentirmi soffocare?

La sconfinata immensità con cui sentivo di... appartenergli unita alla consapevolezza che dovevo tutto e solo a una casualità. A una promozione della mia carriera scolastica.

E al fatto che per lui tutto questo sarebbe stato accantonabile - passabile - con una facilità disarmante.

Sarei stato un fantasma nella sua vita. Uno spettro che incroci e ti passa dentro lasciandoti nient'altro che vuoto.

Mentre lui mi era rimasto bloccato dentro. Dalla prima volta che aveva varcato quella soglia.

"Albus?"

Era allarmato, sentivo i suoi occhi attenti puntati addosso ma non osava toccarmi.

Mascherai il mio attacco di panico in corso con un banale colpo di tosse.

Tossii sentendo male al petto ma approfittandone per trarre dei lunghi respiri che mi calmarono fino a stonarmi i pensieri.

"Tutto ok?"

Chiese cauto, quando smisi di respirare come se fossi appena emerso da un fondale.

Non riuscivo neanche a guardarlo.

"Sto bene"

Dissi e la mia voce tornò piatta, svuotata, ripulita come prima.

"Solo un colpo di tosse.. ho bisogno di acqua.. credo che adesso andrò in camera mia.."

Blateravo arrancando scuse per ostinarmi a non incrociare il suo sguardo.

Lui non disse niente neanche quando goffamente mi alzai dal letto, mi sedetti e mi voltai dandogli la schiena, recuperai le mie scarpe dal pavimento, le indossai in fretta alzandomi pronto ad andare.

Sentii il lieve fruscio delle coperte e una delle assi del materasso lamentarsi brevemente.

Forse si era messo seduto.

Non mi voltai a controllare, deciso a non perdere di vista quella porta che prometteva di lasciarmi libero di crollare senza occhi addosso.

La raggiunsi, toccai quella maniglia fredda e mi sembrò un percorso infinito sotto quello sguardo profondo che mi seguiva.

Era più stupido salutarlo o maleducato non farlo?

Optai per la scelta più semplice: fingere che fossimo apposto così.

NeptuneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora