Presentimento

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Dicembre arrivò portando con se interminabili acquazzoni e cieli cupi e tumultuosi che ben si sposavano con il mio umore inquieto di quei giorni.

Mancavano tre settimane alle vacanze natalizie e non volevo affatto tornare a casa.

Mi sembravano passati solo pochi giorni da quando ero sceso dall'Espresso di Hogwarts al ritorno dalla pausa estiva.

Distolsi lo sguardo dalla finestra lavata dalla pioggia e lo lasciai vagare inespresso per l'aula.

Storia della Magia era una noia mortale.

Lasciai che la voce smorta dell'insegnante divenisse un borbottio indistinto alle mie orecchie, un sottofondo piacevole e confondibile come il ticchettio della pioggia.

Avevo smesso di prendere appunti da interi minuti e stavo mordicchiando la punta in legno della mia matita, tanto per tenermi sveglio.

Mi piaceva quella matita.

Profumava di nuovo.

Era lunga e sottile, color argento. In alto era disegnato un sinuosa S stilizzata che richiamava il serpente simbolo della mia Casa.

Aveva un design elegante. Ne avrei comprate di più alla mia prossima gita ad Hogsmead nel secondo semestre.

Tenevo la punta della matita tra gli incisivi, esercitando una pressione lieve, girandola lentamente con la mano che reggeva l'estremità temperata opposta.

Il sapore mi ricordò quello dei miei pennelli. Forse il legno di cui erano fatti, era simile.

Non dipingevo dall'estate e mi mancava. Perchè non mi sentivo più ispirato come in quel periodo.

Decisi che al mio ritorno ad Hogwarts a Gennaio, avrei portato con me tempere, tele e pennelli.

Mi accorsi in quel momento di Sebastian che mi fissava con un'espressione indecifrabile sul viso dall'altro lato dell'aula.

Non sembrava arrabbiato, ma non sorrideva nemmeno.

Aveva una strana luce negli occhi smeraldo che con quel tempo ferroso, apparivano più cupi.

Corrugai la fronte e accennai un saluto sollevando il mento.

Sorrise.

Scorpius che mi stava seduto davanti accanto a Chad, si voltò e con uno scatto agile e fulmineo mi sfilò la matita dalle labbra, togliendomela di mano.

Non ce l'aveva una sua?

Ignorò la mia espressione sbigottita e furente, dandomi subito le spalle che guizzarono sotto la camicia di lino bianco, mentre la sua mano si muoveva elegante e frenetica nel prendere appunti.

Quando finì di scrivere, mi allungai sul banco pronto a strappargli la matita di mano.

Ma lui aveva gli occhi incollati sulla pergamena e mentre rileggeva gli svolazzi della sua, per me intimidatoria, grafia mordicchiava distratto la punta della mia matita, rigirandosela tra le dita affusolate.

Le labbra carnose ne nascondevano perfettamente l'estremità.

La mia matita.

Pensai allibito.

Sprofondai nuovamente sulla sedia col fiato incerto.

Ero furioso, sopratutto perchè una piccola e oscura parte di me restò ammaliata e lusingata da quel gesto tanto banale e ordinario.





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