Ferite

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Passeggiavo nel corridoio deserto del primo piano osservando il tramonto fuori dalle numerose finestre bifore sparse come tele accese tra le pareti di pietra. Il cielo sopra le montagne su a nord colorava le nuvole di tenui sfumature indaco e arancio. Una nota di colore in un mare di grigio metallico. Quei riflessi tinti e filtrati dalle nuvole violacee, erano troppo deboli per illuminare il corridoio che in quel momento, con le candele ancora spente, era livido nella sua semi oscurità.

Perciò, man mano che la luce diminuiva e le ombre buie si allungavano minacciose dagli angoli, era facile che capitassero incidenti come avvenne in quel momento.

Quando all'imbocco del corridoio adiacente, qualcuno mi venne addosso.

Mi sorprese la famigliarità di quel tocco, mentre i miei occhi si adattavano a quel grigiore riconoscendo i lineamenti di quella sagoma nera.

"Dobbiamo smetterla di incrociarci così."

Dissi facendo un passo indietro e lasciando che Sebastian uscisse nella pozza di luce grigia.

"Sono d'accordo."

Replicò sorridendo ma notai la smorfia tirata sul suo volto.

Si teneva il braccio con una mano.

"Che succede?"

Chiesi fissando la sua divisa sportiva. Non c'era sangue, era solo umida, stropicciata e macchiata di terra.

"Nulla. Solo un piccolo incidente sul campo. La mazza di uno dei battitori si è spezzata per colpa di un bolide e nell'impatto mi ha colpito la spalla mentre eravamo in volo."

Spiegò veloce, come se stesse cercando di controllare il dolore.

Notavo le rughe tirate intorno ai suoi occhi bui.

"Perciò stavi andando in infermeria? Ti accompagno!"

Scosse la testa lasciandosi scappare un gemito duro.

"No. In camera mia. Sono del parere che in infermeria bisogna andarci solo per testa o ossa rotta."

Sorrisi sentendo quella frase.

"Mh, è una cosa che abbiamo in comune allora."

Mi avvicinai toccandogli il braccio e invitandolo a girarsi di spalle. Vedevo la maglietta strappata all'altezza della sua scapola. Avvicinai la mano alla ferita ma non osavo toccarla. Era troppo buio e non volevo fare danni, arrecandogli inutilmente dolore. Sentivo però quella parte di pelle particolarmente febbricitante sotto le mie dita fredde. Riuscivo a percepire quel calore anche senza toccarlo.

"Non riesco a vedere nulla.. la ferita non sembra pulita però."

Dissi lasciandolo andare e tornando a fissarlo in volto.

Corrugò appena la fronte, i ricci scuri e umidi ricadevano sul suo viso accaldato.

"Vieni in camera mia."

Proposi e lui sembrò strozzarsi con il suo stesso respiro.

"C-cosa?"

Balbettò strappandomi quasi un sorriso.

"Non puoi medicarti la spalla da solo."

Gli feci notare tranquillo.

Aprì la bocca per replicare ma ne non uscì alcun suono.

Sembrava.. imbarazzato?

"Che c'è? Sei un prefetto. Puoi entrare nei dormitori delle altre Case."

Sembrò pensarci su per un attimo, poi si schiarì la voce e replicò in tono basso:

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