Capitolo 12

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Demet

Sono giorni che lavoro come cameriera in questo ristorante. Inizialmente quando avevo scoperto il nome mi era venuto un colpo ma parlando con Tessa mi sono tranquillizzata, è strano come due locali abbiano lo tesso nome, un pregiato ristorante di alta classe mentre l'altro è un locale per niente di classe, questo ho potuto notare la prima volta che misi piedi la dentro per colpa di Madison.

Un'altra cosa che mi confonde molto è la principale confusione che ho fatto inizialmente quando la prima volta sono venuta per portare i fiori. Quel giorno avevo dato per scontato che Caleb fosse il proprietario ma invece a dirigere il posto e Noah, non è altro che uno stronzo che si crede migliore di tutti e ha un ego smisurato.

Per lavorare qui è molto esigente praticamente su tutto, il mio aspetto così come per tutti gli altri deve essere impeccabile, capelli tirati in un orrendo chignon, una camicia bianca candida stirata alla perfezione accompagnata da una gonna nera che mi arriva a metà coscia e per finire un paio di scarpe nere, base con forse cinque centimetri di tacco, orribile, invece le persone che lavorano qui sono molto alla mano, a parte Noah e Alison.

<Ciao Melinda come stai?> chiedo alla signora che c'è davanti a me mentre la vedo intenta a preparare un dolce. Lei è la regina di questo posto, le sue mani sembrano fatte d'oro e ogni piatto che cucina e qualcosa di squisito.

<Bene tesoro tu invece? Hai mangiato prima di venire?>

<In realtà..>

<Avanti siediti qui ho preparato del buonismo pesce al cartoccio accompagnato da una salsa a dir poco squisita> quando le mie orecchie sentano parlare di cibo non c'è mondo che mi ferma io devo mangiare, apprezzo il buon cibo e sono una buona forchetta.

<In realtà avevo mangiato un panino al volo però non rifiuto la tua proposta> mi siedo sullo sgabello che c'è davanti al bancone in cucina per poi divorare questo buonismo pesce.

<Cosa ci fai qui?> sobbalzo dalla paura quando alle mie spalle qualcuno ringhia in modo aspro.

<Signor Noah le sembra il modo?> sospira Melinda mentre si porta una mano all'altezza del cuore, a quanto pare non sono l'unica che si è spaventata.

<Non mi sembra che qui dentro c'è una cantina di beneficenza, in cucina si entra solo per prendere gli ordini, esci fuori> afferra il mio polso in modo brusco tirandomi forte facendomi scendere dallo sgabello.

<Non te lo ripeto più, non mi interessa se sei qui grazie alla signorina Yaman, qui dentro sei uguale a tutti e non ti permetto di avere dei privilegi. Esci fuori dalla cucina e se si ripete un'altra volta di sbatto fuori> urla contro di me per poi allontanarsi dalla cucina mentre io cerco di trattenermi e di non dare di matto, per quanto vorrei sbranarlo non posso, questo lavoro mi serve. Grazie all'orario decisamente indiscutibile per le ore pazzesche che mi tocca fare pagano abbastanza bene quindi devo starmene zitta.

<Dovresti dirlo alla signorina Tessa, non ha nessun diritto di comportarsi in questo modo con te> sbotta arrabbiata Melinda mentre si avvicina a me prendendo la mia mano fra la sua.

<Tranquilla, va tutto bene> sorrido debolmente e dopo averli dato un piccolo bacio sulla guancia esco dalla cucina andando in sala.

<Cosa è successo la dentro con lo stronzo?> chiede William venendomi incontro.

<Niente di nuovo, ogni scusa per lui è buona per prendersela con me>

<Ah non ci fare caso si comporta di merda con tutti>

<Forza andiamo a lavorare> ci incamminiamo verso la reception prendendo i nostri piccoli tablet per poi dirigerci ognuno alla sua postazione. Ogni cameriere ha dei tavoli assegnati che dovrà servire per tutta la serata e non so perché a me toccano sempre quelli in privè però non mi lamento, di solito chi sceglie i privè lasciano una mancia abbastanza cospicua.

Per tutta la sera non faccio altro che portare dei squisiti piatti ai tavoli, servire del ottimo vino e correre in continuazione senza sosta, ho i piedi che mi buttano fuoco e il polso destro che mi fa un male cane. Quel bastardo prima o poi me la pagherà per avermi procurato un ematoma intorno al polso.

<Tesoro devi servire al privè numero sette> mi informa William.

<Sette? Sei sicuro, da quando lavoro qui è sempre stato chiuso>

<È riservato al proprietario e agli amici>

<Oddio Tessa e qui?> chiedo felice ma il mio sorriso svanisce quando lui nega con la testa.

<C'è suo fratello, ora datti una mossa e non farlo aspettare, lui, ecco non ama aspettare> il suo sguardo diventa stranamente serio mentre pronuncia queste parole ed io lo guardo stranita.

Mi incammino verso il privè e appena arrivo mi blocco all'istante quando vedo Dylan seduto su una poltrona. Che ci fa lui qui, William ha detto che solo il proprietario viene qua dentro. Che fossi lui? No impossibile, Tessa aveva detto che il ristorante è di suo fratello e fino alla prova contraria lui anche se è stronzo e mio fratello. Ah dannazione ho una grande confusione in testa. Oh certo, sicuramente è un suo amico.

<Cosa ci fai qui?> chiede scioccato mentre strabuzza gli occhi.

<Lavoro> rispondo in modo aspro prendendo il coraggio di avvicinarmi a lui.

<Perché proprio qui?>

<Perché avevo bisogno di un lavoro e qui ne ho trovato uno>

<Cerca altrove> sbotta mentre si alza dalla poltrona.

<Se ti riferisci al fatto che non vuoi dividere l'ossigeno di questa stanza con me stai tranquillo la cosa è reciproca. Per quanto riguarda il lavoro non hai nessun diritto di dirmi quello che devo fare o dove devo lavorare>

<Sei hai bisogno di soldi te li posso dare io>

Una risata amara esce dalla mia bocca nel sentire queste parole.

<Da te non voglio un bel niente Dylan, non abbiamo bisogno di te, c'è la siamo cavate per anni da sole e continueremo a farlo> urlo contro di lui per poi girarmi di spalle con l'intenzione di uscire da quella stanza.

<La mamma ha bisogno di..>

<Mia madre Dylan, non puoi tornare dopo anni facendo finta di niente e richiedere quello che non è più tuo. Dove eri quando la mamma ha subito il primo trapianto di cuore? Dimmi dove eri quando il suo corpo ha respinto il cuore, dimmi dove eri quando io, quando..>

<Demet> la voce fredda di Madison mi riporta alla realtà impedendomi di fare la cazzata più grande, confessare quello che nessuno deve sapere.

<La mamma caro Dylan sta morendo ed io mi faccio in quattro per ricavare i soldi necessari per potergli dare una speranza di sopravvivere, io Dylan e non tu> lo sorpasso senza degnarlo di uno sguardo mentre le lacrime non cessano di bagnare il mio viso.

Sono stanca, stanca psicologicamente e non so fino a quando potrei reggere ancora altra pressione.

Sacrificio D'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora