XXIII

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Andammo in camera mia e restai steso sul divano a sfogarmi, a piangere come un ebete su quello che era appena successo. La realtà mi piovve addosso come un meteorite e capii che non fossi forte per niente. Ero sensibile, fragile come un essere umano. Samael mi aveva urlato addosso quelle crudeltà come pugnali e lo aveva fatto ridendo, godendo delle mie ferite. Eravamo molto diversi, in fondo. O così pensavo. Avevo tirato fuori il peggio di me con la litigata con i miei genitori.

Zero mi accarezzava la schiena e restò accanto a me per tutto il giorno e la notte senza dormire. Alla fine semplicemente restammo sul divano in silenzio, nell'ombra.

Kiral venne da me, da sola, e cercò di spiegarmi quello che era successo sedici anni fa, prima della mia nascita. La cruda verità era che si fossero incontrati in una brutta serata di tempesta, dopo che suo padre per salvarsi l'aveva venduta senza riguardi. Samael voleva ucciderla e Azrael la voleva graziare di una morte indolore. Piacevole.

Mamma era sopravvissuta e per renderla un Demone Azrael aveva usato il suo stesso sangue, servendosi del legame del Patto del Crepuscolo. Si erano odiati. Faticavano a sopportarsi e furono costretti a vedersi per sopravvivere. Più volte si era messa in pericolo e lui l'aveva aiutata, tenendola d'occhio da lontano. Fu solo quando andarono al Quartiere che il loro rapporto migliorò e si innamorarono.

Mi disse che fosse contenta di avere un figlio, che non le importava da dove fossi venuto o chi fosse mio padre; vedeva in me la loro parte migliore, sapeva che fossi buono e io ne dubitavo. Avevo dato fuoco a mio nonno.

«Lui non ti ha scelta» marcai in un sussurro. «Erano tutte bugie. La vostra è stata solo sfortuna. Ti avrebbe uccisa. Non eri niente per lui.»

«Con me la fortuna è sempre stata cieca, ma come ti ho detto, sceglierei Azrael altre mille volte. Mi ha fatto del male, sì, però sono qui. Ho te. Ho lui. E di questo non me ne pento. Non scherzavo quando ti ho detto che il mondo è un posto oscuro» disse.

Fu faticoso crederle quando nella mia testa c'erano solo i ricordi della piccola Sasha seduta a terra con il corpo pieno di lividi e gli occhi gonfi. Aveva strillato così forte alla vista di Azrael da farmi accapponare la pelle e, per quanto mi sforzassi, non riuscivo ad immaginare cosa avesse pensato. Di certo che era finita all'Inferno in mezzo ad altri mostri pronti a farle male.

Io mi sarei tagliato la gola pur di non fare una cosa simile.

«Li odio tutti» singhiozzai.

Mi dispiacque che Zero non riuscisse a trasformarsi in lupo. Mi sarebbe piaciuto accoccolarmi sulla pelliccia di Chloe e soffocare un po' nel suo puzzolente pelo da cane. Mi accontentai di lui e Kiral stesi accanto a me, entrambi mi facevano delle carezze sussurrate quasi temessero di far del male ad un cucciolo appena nato. Mi sentivo così, in effetti, come se avessi aperto gli occhi in quel momento.

Matthew arrivò il giorno dopo. Lo avevano avvertito all'ultimo e aveva preso solo la giacca e le scarpe prima di fiondarsi con Ione in un altro continente per venire da me. Appena mi vide gli mancò il fiato e restò imbambolato a fissarmi, senza riconoscermi. L'ombra di Lisa restò in agguato e poi lo spinse: ero cresciuto di qualche centimetro, ero più muscoloso e i miei occhi erano lilla. Era un gran cambiamento per lui e tenni ali e coda per me.

«Io me ne vado» disse Zero. «Tutto okay?» Annuii. «Fammi un fischio se ti serve qualcosa. Ci vediamo in giro, dentiaguzzi.»

Matthew venne da me e mi abbracciò forte. Kiral era seduta sul divanetto e osservò timidamente la scena, muovendo le dita. Lui abbracciò anche lei, sospirando forte. L'aura di Matthew diventò più pura, viva, come se gli stesse irradiando energia. Istintivamente mi domandai perché mamma non avesse scelto Matthew, perché avessero deciso di rimanere buoni amici e nient'altro, nonostante il suo passato.

La leggenda di Kiral - Il cupido di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora