XXVI

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«Parola mia, Caduto, osa fare qualcosa di sospetto e...» iniziò Azrael scontento.

Lucifero mollò la mano di Kiral e se la pulì sulla maglietta con nervosismo, alzando le spalle con nonchalance. Stillai una breve lista su chi di loro avrebbe avuto la meglio in uno scontro e conclusi che le loro abilità si bilanciavano alla pari. Lui era il Ribelle, un ex Angelo e la sua magia era forte tanto quella di Azrael. La cosa migliore da fare era allearsi, almeno per il momento, e capire come affrontare Samael insieme.

«Puoi restare, ma mi aspetto il totale supporto ad As, sia da te sia dai tuoi sottoposti. Possono andarsene a patto che non ostacolino la nostra resistenza. Combatteremo per uccidere» sentenziò Kiral.

Lucifero sogghignò. «Mi piace. I miei Caduti vanno ovunque vado io. Mi seguiranno in guerra se darò l'ordine.»

Alfie si agitò, guardando lo schermo del computer atterrito. Era pallidiccio e non fu perché a pochi metri di distanza c'erano una flotta di Angeli armati e Lucifero stesso, il grande pilastro che reggeva la bilancia dell'equilibrio.

«I principi...» boccheggiò. «Non riesco a contattarli! C'è qualcosa che blocca il segnale!»

Tentai di raggiungerli mentalmente, sfiorando le loro coscienze per avvertirli del pericolo. Aiuto o meno dovevano essere messi al corrente del piano di Samael di marciare contro l'umanità intera, con il loro aiuto avrebbero trattenuto gli eserciti ed impedito un massacro ben peggiore. Ogni mio sforzo fu però deviato: le porte infernali erano chiuse e la mia magia rimbalzò indietro.

«Samael li ha chiusi dentro!» esclamai sbigottito. «Nemmeno io riesco a contattarli.»

«Che facciamo adesso?» domandò Angel.

Lo schermo davanti a noi si illuminò, schiarendoci la faccia. Aileen fece un lungo sospiro di ammirazione, vedendo la tavoletta da cui si vedevano immagini proiettate sulla parete e dalle casse cominciarono a uscire dei suoni confusi. All'improvviso, una marea di persone di collegarono all'unisono e borbottarono, fino a quando scorsero Lucifero e urlarono.

«Che seccatura» mormorò lui. «Sarà perché sono proprio bello.»

«No, è perché volevi ucciderli» lo corresse Kiral.

Alzò le mani per far capire che fosse tutto a posto, che sapessimo pienamente cosa stessimo facendo e i rischi che correvamo. Thor era uno dei tanti collegati e la sua faccia era sconvolta. Eravamo in linea con tutti i responsabili dei rifugi del mondo e c'erano diverse facce a me estranee, creature che non avevo mai visto, a parte Zoe, pigiata in un angolino insieme a Leo. In mezzo c'era persino un umano, era in un modesto ufficio e, in silenzio, giudicava la scena. Aveva più di cinquant'anni con la faccia stanca, i capelli grigi e un po' di barba sul mento squadrato.

«Non vorrai mica dirmi che intendi ospitare quel... mostro!» tuonò Thor. «Ne ho visti di assassini, di creature orripilanti e di ribelli, ma lui è il peggiore. Ti sei dimenticata di quello che ci ha fatto, che ha fatto anche a te? È lui il responsabile della guerra di New York.»

«In una guerra non ci sono colpevoli ed innocenti, Thor. Chi sceglie di impugnare le armi è responsabile quanto gli altri» lo corresse l'umano. Il dio scosse la testa, per nulla d'accordo. «Mi spiace intromettermi. Mi chiamo Alees, sono il capo della divisione comunicazione e supporto dell'OverTwo. Ho conosciuto tua madre molti anni fa e sono fiero di dire che siamo in buoni rapporti.» Kiral avvampò contenta. «È un vero piacere conoscerti. Ti ho visto solo una volta, As, appena nato. Molti qui ti hanno visto all'epoca, sei diventato un bravo ragazzo.»

Gli altri uomini collegati mi sorrisero e li imitai. A differenza dei miei genitori ero un cagnolino al guinzaglio, nonostante molti pensassero che fossi pericoloso avevo dimostrato il contrario. Mi ero fatto degli amici, ero migliorato senza arrecare danni a nessuno ed entrambe le fazioni originarie – fino a quel momento – mi avevano ignorato.

La leggenda di Kiral - Il cupido di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora