XXII

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(Legione)

Corsi fuori dall'ufficio senza guardarmi indietro, con le risate amare di Samael alle mie spalle. Avevo i vestiti bruciati e un pessimo aspetto, quando sbucai davanti a Karina nell'atrio le prese un infarto e mamma dovette incantarla per non farle chiamare la sicurezza, credendo fosse esploso un tubo nell'ufficio del suo capo.

Anziché scendere in strada in mezzo alla confusione, dover attraversare la hall davanti agli uomini della vigilanza e altri uomini con i telefoni in mano, salii sul tetto del grattacielo. Ruppi ogni rinforzo e lucchetto che chiudevano l'accesso e sbucai all'aria aperta di Seattle, mamma mi urlava e mi corse dietro.

Ebbi un attacco di panico e non riuscii più a muovermi. Il battito del mio cuore iniziò ad accelerare così tanto che credetti mi avrebbe squarciato il petto per uscire, avevo le orecchie otturate da quel suono simile ad un tamburo. Le mani sudarono e faticai a rimanere lucido, con la mente ancorata alla realtà. Lo stomaco mi faceva malissimo e bruciavo.

Caddi a terra, le gambe incapaci di tenermi in piedi, e le dita tremanti. Avevo combattuto contro il Re infernale, gli avevo appena dichiarato guerra e avevo messo in un serio guaio chiunque nei rifugi, rendendolo un bersaglio, eppure la mia mente era impegnata solo a pensare a ciò che aveva detto: papà aveva davvero fatto una cosa del genere?

Non ci volevo credere. Era impossibile. Kiral e Azrael si amavano, avevano stretto il Patto del Crepuscolo, litigavano e scherzavano come qualunque altra coppia. Ero certo che il loro momento più doloroso era stato morire e lasciarmi nelle mani di un'altra persona, senza avere modo di controllarmi. Andavano in battaglia insieme ed ero convinto che si meritassero a vicenda.

Samael non aveva alcun motivo per mentirmi. Il suo sguardo e il suo divertimento erano reali, come la preoccupazione di Kiral; si accucciò accanto a me e mi scaldò le braccia gelide. Mi veniva da vomitare.

«È tutto a posto, As» borbottò lei cupa, osservandosi intorno per capire se qualcosa o qualcuno ci avrebbe presi alle spalle. «Torniamo a casa.»

In verità dovemmo aspettare ben quindici minuti affinché il mio attacco di panico smettesse. Contai ogni secondo e ogni goccia di sudore che mi colava dalla fronte. La forza mi aveva del tutto abbandonato e dovetti stendermi a terra, pregando di non morire. Mi faceva male ovunque e la gola era secca, gonfia.

Fu mamma a piangere senza che le dicessi niente. La fissavo e basta. Volevo capire. Aveva detto a tutti di essere cresciuta in una famiglia per nulla tranquilla, tra la madre malata e il padre violento. Era stato Azrael a salvarla dopo che Samael aveva riscosso il Patto, le aveva donato la vita e io non avevo mai chiesto a nessuno il perché. Perché proprio lei? Azrael l'aveva scelta.

Forse no.

«Dobbiamo andare! Ti prego, As!» fece lei, scuotendomi.

Non avevo alcuna intenzione di muovermi, tanto meno di ascoltare altre stronzate. Volevo un minuto per me. Un fottuto minuto di pace e silenzio. Se poi Samael mi avesse attaccato tanto meglio. Ero stufo di scappare e fingere che stesse andando tutto bene: mio nonno voleva uccidermi, aveva creato un Incubo per portarmi da lui e sapevo che ci avrebbe riprovato.

Fece una magia per un'evocazione, creando un pentacolo di energia attorno a noi. Quello che emerse dalla pozza scura al suo interno fu un Demone anziano con il viso pieno di rughe e una barba bianca. Indossava una lunga veste fatta di stracci e mi ricordò Gandalf.

«Nobile Kiral» la salutò con riguardo. Mi lanciò un'occhiata perplessa. «Principino.»

«Dobbiamo tornare subito ad Odda, Ione! Crea un portale, non abbiamo tempo» fece.

Ione alzò la mano ed ebbe una scossa. «Non posso farlo. Il mio Re me lo impedisce. Non posso interferire» si scusò.

«Chiama Azrael!» si impuntò lei, afferrando Heolies.

La leggenda di Kiral - Il cupido di sangueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora