Non mi crederesti mai se te lo dicessi

58 6 1
                                    

Medea, sempre impugnando il coltello, aprì la porta di scatto e di certo non si aspettava di vedere ciò che aveva davanti.

"Eddie...ma che cazz-"

"Ti prego fammi entrare" disse lui terrorizzato, continuando a guardarsi indietro.

Medea si spostò e lo fece passare. Eddie entrò in casa e si accasciò sul divano, mettendosi le mani tra i capelli, avendo uno sguardo perso.

"Eddie mi spieghi che cosa è successo? Eri tu che hai urlato?" gli chiese Medea.

Ma Eddie non rispose: troppo traumatizzato probabilmente per formulare anche solo una parola.

Medea si sciolse un po': aveva un brutto presentimento a riguardo ma pressarlo con domande e spiegazioni non l'avrebbe certo aiutato.

Così si diresse verso la cucina: riempì una pentola d'acqua e la mise sul fuoco.
Poi aprì la dispensa e prese una bustina di tè verde, il suo preferito, perché riusciva sempre a calmarla.
Dopo pochi minuti l'acqua era calda a sufficienza per permettere l'infusione.
Così la travasò in una tazza, vi immerse la bustina e poi tornò in salotto.
Eddie non si era mosso di un millimetro da come era prima.
Medea gli porse lentamente la tazza.

"Tieni, ti calmerà un po'; fai piano che è bollente" lo avvisò.

Eddie, senza distogliere lo sguardo dal vuoto, prese con attenzione la tazza e, dopo averci soffiato, bevette qualche sorso della bevanda.

Intanto Medea si era riempita una tazza anche per lei e si era sistemata vicino a lui sul divano. Ormai aveva capito che i suoi piani per la serata erano stati stravolti: niente King quella sera.

Rimasero entrambi in silenzio per dei minuti che sembrarono un'eternità, finché finalmente Eddie parlò.

"Grazie, per avermi fatto entrare...e per il tè" alzò leggermente la tazza, a mo di ringraziamento.

"Figurati, era il minimo. Sembravi...terrorizzato. Cos'è successo?" tentò di chiedergli Medea.

Sorprendentemente Eddie sembrò rinsavire e finalmente la guardò negli occhi: i suoi erano molto scuri, tanto che si faticava a distinguere la pupilla dal colore intenso dell'iride. Di solito a Medea quegli occhi trasmettevano libertà, serenità e voglia di vivere; adesso invece erano come coperti da un velo di paura, terrore ed incredulità.

"Io ero con C...Chrissy Cunningham. Voleva della droga. Giuro che l'ho lasciata sola per due minuti, e quando sono tornato.." si interruppe scuotendo la testa e trattenendo le lacrime "quando sono tornato lei era immobile, i suoi occhi girati all'insù, tutto il suo corpo tremava. Io ho...ho provato a svegliarla in tutti i modi ma non ha funzionato, finché".

Si interruppe scoppiando in una risata nervosa.

"Non mi crederesti mai se te lo dicessi"

"Tu prova comunque, potrebbe darsi il contrario" lo incoraggiò Medea.

Allora il ragazzo continuò.

"Finché non ha iniziato a...sollevarsi. Stava lievitando nell'aria. Poi si è attaccata al soffitto e lì..." si interruppe nuovamente.
Medea allora per fargli coraggio gli prese la mano tra le sue e gliela strinse leggermente, con delicatezza. Eddie fissò per qualche istante le loro mani unite, poi il viso di Medea.

"Le sue ossa hanno iniziato a rompersi e a contorcersi...ma i suoi occhi...i suoi occhi sono come implosi.
Potevo fare qualcosa ma ero, sono, terrorizzato e sono scappato. Solo che non me la sentivo di guidare così sono-"

"Così sei venuto qui" terminò lei la frase al posto suo.

"Già, mi dispiace non volevo disturbarti" si scusò Eddie.

"Non preoccuparti, non c'è nessun problema" gli sorrise sincera Medea.

"Tu mi credi?" le chiese con un filo di voce.
Pensava di conoscere già la risposta, ma quella ragazza continuò a sorprenderlo.

"Sì...si ti credo" affermò decisa Medea. Credeva davvero a quello che diceva il ragazzo: lei meglio di chiunque altro poteva capire.

Entrambi si fissarono a vicenda: uno scambio di sguardi piuttosto intenso, carico di emozioni.
Poi Medea sembrò risvegliarsi: lasciò la presa sulla mano di Eddie e si alzò in piedi.

"Non credo che chiamare la polizia sia una buona idea: non capirebbero quello che è successo, e darebbero senz'altro la colpa a te. Aspettiamo domani mattina per decidere cosa fare" ragionò a voce alta Medea.

"Puoi restare qui per stanotte...suppongo tu non voglia tornare a casa tua"

Eddie scosse violentemente la testa: per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto rivedere quella scena.

Medea così andò in camera sua, prese delle coperte e un cuscino. Poi invitò Eddie ad alzarsi in modo da preparare il divano: era abbastanza lungo che poteva effettivamente sembrare un letto singolo.

Nel frattempo Eddie rimase in piedi ad osservarla e a guardarsi in giro: la roulotte di Medea era molto simile alla sua, forse un po' più piccola, ma d'altronde era solo lei a viverci.
Era arredata in modo essenziale: nessun mobile era di troppo, tutto era organizzato bene.
Il salotto era unito alla piccola cucina; successivamente lungo il corridoio si trovava la stanza da letto e sulla destra il bagno.

Medea aveva finito di sistemare il letto improvvisato e si girò a guardarlo.

"Puoi dormire qui. Non è il massimo...ma è già qualcosa" disse sollevando le braccia e lasciandole cadere a peso morto lungo i fianchi.

"Va benissimo, Medea, è molto più di quanto non mi aspettassi" disse sincero Eddie.

La ragazza sorrise con spontaneità.

"Va bene, allora qui c'è il bagno" e glielo indicò "per qualsiasi cosa io sono nella stanza in fondo...non esitare a chiamarmi, okay?"

"Okay"

A quel punto Medea lasciò Eddie solo, andando in camera sua e socchiudendo la porta.
Mise via il romanzo di Steven King: ormai sembrava lei stessa all'interno di un libro horror.
Si mise sotto le coperte ma lasciò le luci led accese: si sentiva più protetta.
Vide Eddie sdraiarsi e spegnere la piccola lampada che era posta sul tavolino.
Ormai la roulotte era quasi totalmente al buio: normalmente tale atmosfera dovrebbe conciliare il sonno.
Tuttavia Medea non riuscì ad addormentarsi: continuava a pensare a quello che era successo a Eddie, e a come lui aveva reagito.
Il ragazzo dava l'impressione che fosse uno tosto, coraggioso, ma le aveva appena mostrato un lato debole e fragile del suo carattere. O forse era solo la disperazione a parlare: dopo tutto una situazione del genere sconvolgerebbe chiunque.

Così, verso le 3 del mattino, decise di uscire dalla stanza, volendo prendere un po' d'aria.
Ma quando uscì trovò Eddie seduto sul divano, con la testa tra le mani, e le braccia che la reggevano appoggiate alle gambe.
Si era tolto solo le scarpe e la giacca.
Nemmeno lui era riuscito a dormire.
Cercò di tornare indietro ma ormai era tardi: lui l'aveva sentita.

"Scusami non volevo svegliarti" bisbigliò lui.

"Non mi hai svegliata...in realtà neppure stavo dormendo" disse lei mentre si sedeva vicino a lui. Il suo sguardo cadde per un secondo sulle ginocchia scoperte della ragazza, ma si impose subito di distogliere lo sguardo, imbarazzato dal suo stesso comportamento.

"Non riesco a togliermi l'immagine del suo corpo senza vita dalla testa" confessò lui con voce tremante.

Medea non seppe cosa dire: non aveva vissuto la sua esperienza e non si sentiva in diritto di giudicarla o di far finta che comprendesse. Così si limitò a passare un braccio sulla sua schiena, facendolo muovere su e giù, carezzandolo di fatto.
Eddie sembrò calmarsi finalmente: si abbassò fino a stendersi e si addormentò stavolta subito; non l'avrebbe mai ammesso ma la presenza di Medea lo rassicurava.
Anche Medea si tranquillizzò e senza farci caso si addormentò seduta per terra, con la schiena appoggiata ai cuscini del divano.

Quella notte nessun incubo venne a importunarli.

Dear Eddie, it's me, MedeaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora