Capitolo 10

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Tornare a casa, fa sempre uno strano effetto. Nell'aria c'è l'odore di una torta al cioccolato, di candele alla vaniglia e di fiori, forse fresie e rose.
Mio padre m'è venuto a prendere all'aeroporto, con la sua macchina sportiva e i suoi capelli al vento. Mia madre non cambia mai e la sua allegria è sempre troppo contagiosa. Mio padre insiste per portare la valigia, mia madre mi sorridere calorosamente, scompigliandomi i capelli.
-'Cara ma perché per me non cucini mai così? Devi venire più spesso a farci visita figliolo' Dice mio padre tamburellandosi le dita sul ventre gonfio. Lo guardo e nonostante i suoi capelli bianchi e le sue rughe marcate agli angoli degli occhi, nello sguardo ricorda ancora me, me quando ero un ragazzino convinto di avere il mondo in mano.
-'Oh, andiamo Claudio, nessuno ti crede se dici che ti tengo a secco.' Ride mia madre, passandosi una mano tra i capelli color mogano. Mio padre non riesce a non guardarla e a non sorridermi.
Ah, papà, l'amore t'acceca. Sorrido.

Ritornare nella mia stanza, sembra come tornare di colpo a dieci anni prima. Il lettino adolescenziale era stato sostituito ai tempi del liceo con un letto matrimoniale troppo grande, che ora incombeva troppo vuoto al centro della stanza. Alla bacheca sono ancora infisse delle mie fotografie, all'epoca di quando volevo fare lo scrittore e bere fino a morire. Alla finestra ci sono ancora le stesse tende color pastello e sulla scrivania ci sono ancora i miei libri e i miei appunti disordinati. Li guardo distrattamente e noto come la mia grafia non sia mutata nel tempo, al contrario del mio aspetto e dei miei sentimenti. Scuoto la testa. In un angolo ci sono ancora i miei vecchi trofei di pallanuoto e qualche mio vecchio modellino di auto da corsa. Mi siedo sul letto morbido e mi stringo le braccia al petto, guardando tutto ciò. E' strano accorgersi a volte, che certe cose proprio non cambiano mai.

Mi sveglio di soprassalto. Perfino nella buona vecchia casa di famiglia i miei incubi mi tormentano. Mi alzo maturo di sudore e mi faccio una doccia, cercando di scacciare il malessere. Non funziona, ho bisogno di fumare. Così mi accendo una sigaretta, sedendomi al tavolo della cucina, con appena una luce soffusa ad illuminarmi. La voce di mia madre, mi fa sobbalzare.
-'Mamma, cazzo.' Dico duro, ma la sua espressione m'induce ad addolcirmi. Le sorrido, spegnendo la sigaretta a metà nel posacenere che ho di fronte.
-'Scusa tesoro non volevo spaventarti.' Sussurra, passandomi una mano tra i capelli. Ha lo stesso buon odore di sempre.
-'E' bello averti qui.' Dice con la voce improvvisamente commossa.
-'Mamma se non avessi voluto esserci, non sarei venuto, lo sai.' Rispondo quasi senza pensarci. Lei sorride appena, annuendo.
-'Ti capita spesso di non riuscire a dormire?' Chiede sovrappensiero. Ci penso su.
-'Si, mi capita spesso.' Dico soltanto. Non mi va di parlarne. Lei accenna un sorriso capendo al volo. Sempre intelligente.
-'Beh tesoro, prova a riposare almeno un po'. Domani verrà un sacco di gente per festeggiarti. Bevi un bicchiere di latte o magari uno di vino. Ormai sei grande.' Continua, baciandomi una guancia. Apro il frigorifero indeciso e alla fine decido per il latte. Ne bevo un sorso e mi sento quasi meglio. Ah, mamma.

Son venuti proprio tutti. Amici, conoscenti, i miei zii di campagna e perfino la cuginetta curiosa. S'è fatta più carina per cui un sorriso glielo concedo mentre lei arrossisce sotto i miei occhi. La stanza é gremita di gente, ovunque io guardi, ci sono facce felici che mi sorridono e mi applaudono.
Mia madre è intenta a canticchiare un 'tanti auguri' mentre mantiene una torta enorme e mio padre mi da una pacca sulla spalla.

Poi la porta si apre e vi compare lei. Bella e bionda.

Rehab.Farò rifare il cielo per quando tornerai.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora