Capitolo 18 Isabella

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Mi tengo stretta a lui mentre il vento mi scompiglia i capelli fuori dal casco. Emana calore, ma i vampiri non dovrebbero essere freddi?

La strada del ritorno sembra stranamente più breve. Ho il cuore in gola solo a ripensare che io e Cameron ci siamo baciati, più volte. E desidero che ciò accada ancora. Non sono pentita, lo desideravo con tutta me stessa, non avevo mai provato niente di più vero e intenso.
Non mi ha messo alle strette, non mi ha giudicata e non mi ha fatta sentire minimamente a disagio con me stessa.

Non appena arriviamo davanti l'ingresso del viale di casa mia spegne il motore della sua moto e io scendo.
Mi tolgo il casco con decisamente poca eleganza, scompigliando ancora di più i miei lunghi capelli castani. Mi scanso una ciocca che mi era finita in bocca.

«Dovresti salvarti il mio numero. Così per ogni eventualità potresti chiamarmi» dice afferrando il casco. Scende anche lui dalla moto.

«Sì, è una buona idea» gli passo il mio cellulare così che lui possa digitare il suo numero.

«Ma con i tuoi poteri vampireschi non dovresti sentirmi anche se invoco il tuo nome?» dico prendendolo in giro.

Lui mi guarda divertito alzando un sopracciglio.
«Piccola, sono un Vampiro, non Superman»
Si avvicina e mi da un buffetto sulla testa ridacchiando.

«Tieni» mi porge il cellulare «aspetto che mi chiami, Bella»
«Allora Ci si vede» dico soltanto abbassando lo sguardo. 

Risale in sella alla sua moto con un sorrisetto soddisfatto. I suoi capelli rossi sono mossi dal vento, gli occhi verdi hanno una luce stupenda in questo momento e la sua bocca curvata, in un sorriso, mi fa venire voglia di buttarmici addosso e tornare con lui nella sua stanza.
Si rimette il casco e io ritorno sulla terra ferma, frenando le mie inibizioni.
Lo guardo andare via e un senso di vuoto mi pervade lo stomaco.

Cerco di fare mente locale nella mia testa, ma sono successe troppe cose in poco tempo.

Quando arrivo davanti porta di casa mia, mi rendo conto che fra poco dovrò affrontare uno dei peggiori demoni di me stessa, la verità. Devo dire a Thomas cosa provo, o per meglio dire: cosa non provo.

Rimango seduta nei gradini di marmo della veranda, aspettando Thomas e cercando di pensare a cosa dirgli senza correre il rischio di ferirlo.

Non so se sia giusto o sbagliato omettere del bacio con Cameron. Ma sono sincera nel dire che anni fa non sarebbe successo. Ero davvero innamorata di Thomas, almeno credo che fosse amore quello. Ma perché a distanza di anni non so più se questo sia mai stato amore oppure no.

Thomas era tutto per me, il mio primo ragazzo, il mio primo bacio, la mia prima volta. Perché è andata così? Perché mi faceva sentire imprigionata?

«Bella» a distogliere lattenzione dai miei pensieri è proprio la causa di essi.

«Thomas. Non ti ho sentito arrivare» dico alzandomi per avvicinarmi a lui.

Ha laria triste e tiene lo sguardo basso. Vederlo mi provoca ancora un certo effetto, ma ciò non toglie che le cose non vanno, io non vado più bene. Credo che non sia mai andata bene per lui.

Ci incamminiamo percorrendo il viale in silenzio. Arriviamo vicino al piccolo giardino dietro casa mia e ci sediamo sulla panchina di marmo in silenzio.

«Cè qualcosa che non va?» rompe il silenzio.
«In realtà ci sono molte cose che non vanno, la nostra relazione principalmente»

«Ho pensato molto a cosa mi hai detto ieri» ha laria dispiaciuta «forse ho un po' esagerato. Ma lo hai fatto anche tu. Devi ammettere che ti sei comportata da pazza ultimamente». La sua voce è rauca, ha lo sguardo serio puntato su di me.

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