17.

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Era combattuto.
La propria curiosità non smetteva di suggerirgli che doveva andare a cercare Drew per vedere quale 'grande favore' le servisse tanto da spingerla a bussare alla porta della sua Casa.

Dall'altra parte, però, la ragione lo ammoniva dicendogli che non ne sarebbe valsa la pena, che qualunque cosa fosse di sicuro sarebbe stata nociva.

Così non smetteva di fare avanti e indietro per il salotto della Cada di Ade, con la fronte corrucciata e le mani intrecciate a pugno sulle labbra.
Gli venne in mente un opera di Shakespeare, Amleto, non sapendo perché.

Si avvicinò alla propria libreria e ne prese il libro, lo sfogliò senza cercare nulla in particolare, poi sospirò rassegnato, gettò l'oggetto sul divano e si precipitò nell'aria densa di quella tarda mattinata di Dicembre.

Mancava sempre meno a Natale e Nico non aveva ancora risolto nulla con Jason. Doveva parlargli, questo era chiaro, ma preferiva farlo di persona e non tramite uno stupido messaggio-iride. Si costrinse a pensare che forse non era tutto perduto.

Mentre camminava indossando un maglione nero coperto dal proprio amatissimo giubbino da aviatore, un jeans nero attillato e un paio di converse altrettanto scure, si sfilò il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne accese una.

Ormai non gli importava di essere visto, tantomeno da Chirone, quel centauro non aveva mai avuto nessun potere sul figlio di Ade. L'allenamento ne risentiva in modo limitato di quell'intossicazione e quindi andava bene così.

Portava i capelli neri legati in una mezza coda cosicché le ciocche più corte non gli dessero fastidio, non si sentiva bello né sexy, anche se Will continuava a sostenere il contrario. Non passava un minuto senza che gli toccasse il culo e Nico ogni tanto lo sgridava, anche se la maggior parte del tempo si lasciava palpare.
Se era Will a farlo, andava bene.

Troppo presto raggiunse la Casa di Afrodite, rimase immobile di fronte alla porta e buttò il mozzicone con un lancio perfetto. Gli sudavano le mani e un'ansia ingiustificata lo assalì, inizialmente esitò ma poi sfiorò con le nocche quell'ingresso rosa.

Quella Casa era l'esatto opposto della sua, ben curata e adornata con fiori e bellezza di un colore tenue che variava dal rosa al fucsia.
In sostanza, sembrava la casa delle barbie.

Fino all'ultimo secondo sperò che ad aprirgli non fosse Drew, per cui si agitò ancora di più quando riconobbe quella chioma di un caldo marrone scintillante e un paio di occhi nocciola.

Si scrutarono vicendevolmente per qualche secondo. Nico non si stupì di vederla con indosso solo un top viola nonostante fosse pieno inverno, sopra portava una camicia bianca che sicuramente non le conferiva l'adeguato riparo dal freddo; una gonna di jeans fin troppo corta le fasciava le cosce e ai piedi un paio di stivali che richiamavano il colore del top.

Poi il moro notò i gioielli e quasi si offrì di aiutarla a sorreggere quel peso: bracciali di ogni tipo non lasciavano intravedere neanche un lembo di pelle, qualche collana delicata intorno al collo e due cerchi enormi appesi alle orecchie.

In mano aveva una limetta con la quale si stava aggiustando gli artigli rosa
"Puoi smetterla di fissarmi?" la sua voce era suadente, Nico sapeva che aveva il dono della lingua ammaliatrice.

Deglutì a vuoto
"Non hai freddo?" fu la prima cosa che disse guadagnandosi un'occhiataccia dalla ragazza
"Che ci fa qui un asociale come te?" si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia al petto, mettendo in risalto il seno e cercando di nascondere i brividi di freddo che le provocarono la pelle d'oca, Nico provò a trattenere la rabbia
"Sei tu che mi vuoi chiedere un favore" buttò lì.

Drew lo scrutò intensamente, soppesandolo da capo a piedi
"Entra" disse infine con un cenno del capo.
Il figlio di Ade entrò, e avrebbe voluto non averlo mai fatto.

Nero petrolio // solangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora