CAPITOLO 24

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Jimin raspò sotto le forti mani chiuse attorno al suo collo, nel tentativo di scacciarle. La gola era in fiamme.
Non sei indifeso! Pensa a cosa farebbe Kim jennie
Si buttò indietro con forza. La sua scarpa da ginnastica scivolò contro una in pelle, ma Anderson grugnì e le sue dita si allentarono a sufficienza da permettergli di prendere un tormentato pizzico d'aria prima che si chiudessero di nuovo. Jimin si divincolava e scalciava, cercando di colpire stinchi o ginocchia dietro di sé, ma era troppo schiacciato contro il corpo dell'altro per avere forza sufficiente. La vista gli si stava offuscando e c'erano bagliori che fluttuavano nel buio.
Artigliò con le mani le dita strette alla gola. Non ho unghie abbastanza lunghe da farlo sanguinare. Annaspando, riuscì a sollevare la punta di un dito di Anderson. L'uomo si lamentò e intensificò la stretta. Jimin poteva sentire il cuore martellargli nelle tempie e un fischio diventare sempre più intenso nelle orecchie. Mise l'altra mano in posizione e piegò il dito con forza all'indietro. Ci fu un crack, come un ramoscello che si spezzava.
Anderson urlò, un suono stridulo e lamentoso che non si addiceva a un uomo della sua stazza, e lui fu libero.
Cadde in ginocchio, rantolando, e si mise a rotolare, sebbene la vista fosse ancora confusa. Avrebbe voluto rimanere lì disteso a respirare, ma cercò di rimettersi in piedi. Udì un colpo accanto a sé e vide la scarpa di Anderson. Freneticamente, balzò di lato e il calcio successivo gli sfiorò il
fianco invece di spezzargli le costole. Si mise a rotolare e finì contro qualcosa di duro.
Un albero. Poi quel qualcosa di duro si mosse un poco e jimin si ritrovò a guardare dei jeans familiari.
«Fermo!» ordinò la voce di jungkook sopra di lui, gelida e tagliente come non mai.
«Non muoverti o ti apro un buco in fronte! Fermo lì. Mani sopra la testa!» «Mi ha rotto un dito!» piagnucolò Anderson. Jimin gli lanciò un'occhiata. Non aveva alzato le mani, ma non si stava nemmeno muovendo.
«Tieni in alto le mani o ti apro un buco in testa,» comandò di nuovo jungkook .
«Adesso! Alzale.» Lentamente, Anderson alzò le mani e le mise sopra la testa.
«Ci siamo quasi. Ora rimani immobile,» continuò jungkook .
«Mi basta una scusa e ti ammazzo molto volentieri. Perciò stai fermo lì e non muoverti.» Per un lungo momento, nessuno si mosse. L'unico suono era il respiro corto e affannoso di jimin mentre cercava di tornare in sé.
Poi jungkook disse:
«jimin , parlami. Devo sapere quanto sei ferito. Se hai bisogno di aiuto, gli sparo e sono da te.» La sua voce stava tremando.
Buon Dio.
Cercò di dire qualcosa, ma gli uscì soltanto un suono rauco.
Allungò una mano e toccò la gamba del compagno tre volte. Poi, lentamente, si mise in posizione seduta. «Fermo!» disse jungkook con urgenza.
«Non stare tra lui e la pistola. Tieniti fuori dalla linea di tiro.» jimin strisciò da un lato e si tirò in piedi, sostenendosi a un pioppo vicino. Jungkook teneva in mano una piccola pistola e la stava puntando contro Anderson. Il raggio di tiro era breve e il modo in cui teneva l'arma suggeriva una totale competenza. Non c'era perciò da stupirsi se Anderson non stesse cercando di scappare.
Jungkook lo guardò con la coda dell'occhio senza smettere di fissare l'altro uomo. «Stai bene, Jimin?» Rispose con un pollice verso l'alto.
«Riesci a tornare ai giochi?»
Ripeté il gesto.
«Sei sicuro?» chiese l'altro.
«Perché se svieni o inciampi mentre stai tornando indietro, non sarai di aiuto a nessuno di noi.» jimin fece un cenno ottimistico.
«D'accordo allora,» riprese jungkook. «Il parco giochi è da quella parte.» Indicò alle sue spalle con la mano libera, senza voltarsi. «Ho chiamato il 911 prima di venire a cercarti. La polizia starà arrivando. Non ho le manette, perciò rimarrò qui con la pistola puntata alla testa di questo tizio fino a quando arriveranno i rinforzi, sempre che non mi convinca a sparargli prima.»
«Non puoi farlo!» strepitò Anderson.
«Certo che posso,» replicò jungkook . «Muoviti e farò risparmiare allo Stato i costi del processo.» Poi aggiunse: «Vai, Jimin . Ho lasciato i bambini con la stessa signora a cui avevi dato Yuna . Probabilmente crede che siamo pazzi. Occupati di loro al mio posto. Quando arriveranno i poliziotti, di' loro che sono io l'uomo con la pistola, in modo che non peggiorino le cose.» Jimin annuì e si diresse verso l'area giochi. Sembrava essere molto più lontana, ora. Si chiese infatti se non stesse procedendo nella direzione sbagliata. A un certo punto, fu costretto a fare un passo indietro per aggrapparsi a un albero quando lo stomaco si contrasse. Vomitò soltanto bile, ma gli acidi gli ferirono la gola già provata, facendolo rantolare e ansimare. Passarono alcuni minuti prima che riuscisse a muoversi di nuovo.
Alla fine individuò la macchia di luce e uscì dal bosco.
Un'autopattuglia stava entrando nel parcheggio proprio in quel momento.
Gli agenti balzarono fuori, guardandosi attorno, poi si diressero verso gli adulti seduti. Jimin si avvicinò lentamente e dopo un attimo fu raggiunto dai poliziotti.
«Ci ha chiamati lei?» domandò il primo agente mentre gli si avvicinava.
Jimin annuì, con una scrollata di spalle che voleva dire Più o meno.
«Il mio amico poliziotto... ha una pistola puntata su Anderson... killer.» Sperò che lo avessero capito.
«Cosa?» L'uomo gli mise una mano sotto il mento e glielo alzò per esaminargli il collo.
«Gesù, cosa le è successo?»
«Anderson,» ripeté, più chiaramente che riuscì.
« il Killer del pugnale. L'ha preso un poliziotto, laggiù.»
«Anderson?» Arrivò anche il secondo agente. «Il tizio che stanno cercando? È lì dentro?» Si portò una mano alla fondina.
«Sì,» disse lui. «Il mio amico poliziotto.»
Vi prego, non sparate a jungkook .
«Ha Anderson sotto tiro. Niente manette.»
«È qui con un poliziotto che ha preso Anderson dentro il bosco?» volle verificare il primo uomo.
Jimin annuì rapidamente.
«E l'uomo con la pistola è il poliziotto,» ripeté l'agente.
Un altro cenno d'assenso.
«Okay,» disse l'altro. «Resti qui. Tra un minuto dovrebbero arrivare i rinforzi. La aiuteranno. Noi andiamo dentro.» «Non sparate al poliziotto,» gracchiò jimin , per sincerarsi.
«Faremo attenzione,» disse l'uomo. «Lei rimanga qui.» Lui e il collega presero le pistole e si diressero verso il bosco.
Jimin sospirò. Doveva fidarsi di jungkook , avrebbe tenuto sotto controllo la situazione. Attraversò il prato alla volta del parco giochi. Ben e Yuna erano un fascio di nervi sulla panchina accanto alla signora paffutella, ma jungkook doveva averli spaventati a dovere perché nessuno di loro si mosse quando li raggiunse.
Poi tutto d'un tratto si ritrovò con i due bambini aggrappati alle gambe.
Jimin barcollò e si lasciò andare sulla panchina. Ben blaterava di quanto si fosse spaventato, Yuna chiedeva dove fosse suo padre e anche la signora aveva delle domande. Strinse i bimbi a sé e non provò a rispondere nemmeno a una di esse. Gli girava la testa e la gola doleva come se avesse ingoiato schegge di vetro. Una seconda autopattuglia svoltò nel parcheggio e jimin udì altre sirene farsi più vicine. Presto avrebbe dovuto rispondere a domande ufficiali. Chiuse gli occhi e si godette la splendida sensazione di poter usufruire dell'ossigeno ogni volta che lo desiderava.

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