CAPITOLO 1

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Jeon Jungkook si destò da un sonno profondo al debole suono del tema di Dragnet. Con un riflesso ormai ben allenato, prese il telefono in carica sul comodino e, con l'altra mano, coprì la bocca dell'uomo accanto a lui nel letto. Il suo amante soffocò un «Mmm?» contro il palmo, mentre jungkook apriva il cellulare.
«Ehi, Jungkook-ah, sei sveglio?» chiese la voce di yoongi al suo orecchio, fin troppo squillante per quell'ora del mattino, qualunque essa fosse.
«Ora sì,» bofonchiò lui. Lanciò un'occhiata a jimin , gli occhi adesso aperti e che brillavano nella fioca luce della radiosveglia. Il ragazzo annuì appena e jungkook ritirò la mano.
«Beh, esci da quel letto e dille che devi andare,» gli ordinò la voce di yoongi . «Abbiamo un cadavere.» «Devo dirlo a chi?» chiese jungkook smarrito. Era ancora troppo presto per comprendere il senso dell'umorismo del suo partner.
«Alla ragazza che ti stai scopando. Quella a cui è dovuto quel sorriso con cui te ne vai in giro ultimamente. Dille che i detective della Omicidi non sanno cosa sia il riposo e porta qui il tuo culo.» «Non c'è nessuna ragazza nel mio cazzo di letto,» grugnì jungkook .
«Nessuna ragazza del cazzo.» Quanto ai cazzi nel suo letto... erano tutta un'altra storia, ma non l'avrebbe mai ammesso con il collega.
«Se lo dici tu. Ti do l'indirizzo.» yoongi biascicò una via e jungkook riconobbe l'area come uno dei sobborghi più violenti di Minneapolis.
«Primo piano, appartamento ventidue. La vittima è una donna, collegata a un nostro caso. È tutto ciò che so per il momento. Ci vediamo lì.»
Jungkook chiuse il telefono e si stiracchiò, facendo una smorfia alla rigidità delle sue spalle. I muscoli erano indolenziti dalle troppe vasche che aveva fatto il giorno prima nella piscina comunale. Aveva avuto le sue buone ragioni per non uscire dall'acqua. Fintanto che era immerso fino alla vita, nessuno avrebbe potuto notare il motivo del suo interesse, per così dire. I costumi da bagno nascondevano ben poco.
Quel motivo ora se ne stava sdraiato nell'altra metà del letto. La debole luce delineava il bel corpo nudo di un venticinquenne. Un corpo che, il giorno prima, appariva fin troppo sexy in costume. Jimin si era tagliato i capelli in vista dell'estate, ma quei riccioli neri erano ancora arruffati dal sonno sopra gli immobili occhi blu. Se jungkook avesse acceso l'abat-jour, avrebbe visto la pelle delicata di jimin arrossata dal troppo sole. E quella bocca piena e morbida... Distolse lo sguardo.
«Devi andare al lavoro,» disse il ragazzo. Non era una domanda.
Avevano imparato ormai a vicenda a riconoscere le suonerie personalizzate.
«Già. Yoongi ha detto che abbiamo un caso. Devo andare.» jimin guardò la radiosveglia. «Sono le tre. Direi proprio che non torni per questa mattina. Ma stasera?» «Ti chiamo se non riesco a venire,» promise jungkook
«Farò tardi probabilmente.» Si protese e baciò jimin con dolcezza, dischiudendogli appena le labbra. Il ragazzo gli circondò il collo con le braccia e si abbandonò contro di lui. Il corpo lievemente muscoloso che jungkook si gustò era caldo e pronto. Ma quando lui si tirò indietro, Jimin lo lasciò subito andare. Finora era stato sempre alquanto comprensivo nei confronti della sua professione. Finora.
«Fai attenzione,» gli disse jimin .
Jungkook lo baciò ancora, questa volta in modo duro e rapido. «Torna a dormire.» Rotolò fuori dal letto prima di dar tempo al proprio corpo di pensare a quanto sarebbe stato bello tornare sotto le lenzuola.
Si fece una doccia da record, giusto il tempo per lavarsi via dalla pelle l'odore del sesso consumato la notte prima. Yoongi aveva iniziato a punzecchiarlo in cerca di dettagli sulla sua vita amorosa. Non era dunque il caso di fornirgli un pretesto. Dieci minuti più tardi era vestito e fuori dalla porta, i capelli ancora umidi. L'acqua che gli gocciolava sul collo non era niente male in quel luglio caldo e afoso di Minneapolis, dal momento che era costretto a indossare una camicia sopra la t-shirt per coprire la fondina.
La gente tendeva ad associare il Minnesota al freddo rigido e senza dubbio in gennaio il respiro ti si poteva congelare in faccia. Ma ciò che le persone non capivano era che l'estate reggeva la concorrenza degli Stati del sud per quanto riguardava caldo e umidità. Persino a quell'ora del mattino, quando ancora faceva buio, l'aria a contatto della pelle era umida. In quello Stato, le quattro stagioni non conoscevano mezzi termini. Se non altro, i turisti se ne stavano alla larga.
Aveva parcheggiato in strada, a un paio di isolati più in giù. Lasciava l'auto sempre in punti diversi, mai nel parcheggio riservato al palazzo in cui abitava jimin . Non che temesse di essere notato, ma una buona dose di precauzione non guastava. Dove trascorreva le sue notti era solo affar suo.
Il suo veicolo era un vero catorcio, ma partiva senza problemi.
Spendeva soldi solo per la manutenzione del motore. Le ammaccature erano irrilevanti. Partire subito in qualsiasi condizione atmosferica, ecco ciò che contava. Si immise nelle strade buie e silenziose.
L'edificio che jungkook stava cercando si rivelò essere una fatiscente casa in legno, nascosta dietro un'altra topaia più grande. Il GPS del telefono lo portò nelle vicinanze e poi seguì le auto della polizia presenti sulla strada.
Nessuno dei palazzi in quel quartiere sembrava essere dotato di numeri civici visibili.
Mostrò il distintivo al poliziotto in uniforme a guardia del perimetro ed entrò passando per la porta principale. Come tante di quelle vecchie abitazioni, il posto aveva visto giorni migliori. La struttura dell'ingresso indicava che, di recente, era stato suddiviso in appartamenti da mani poco esperte. Salì le scale e seguì il suono della voce del suo partner. Stava strapazzando qualcuno con tono irritato. Quando jungkook apparve sulla porta, yoongi smise di parlare e lo raggiunse.
«Che cosa abbiamo?» chiese jungkook .
« una Donna, ventisei anni. Di nome Terri Brand. Trovata nel letto da quella ragazza,» indicò una biondina singhiozzante seduta per terra, «che non ha spiccicato parola da quando ha chiamato il 911. Il corpo è nell'altra camera. A prima vista, sembrerebbe sia stata strangolata e poi pugnalata al
petto in un qualche momento della serata, ma stiamo ancora aspettando che arrivi il coroner per confermarlo.» «Strangolata e pugnalata?» ripeté jungkook .
«Esatto.» yoongi si passò una mano sul viso. «Ti ricorda qualcosa, vero? Ecco perché hanno chiamato noi.» jungkook annuì in silenzio. Un mese prima avevano avuto un caso simile:
una giovane donna strangolata, i segni di mani brutali attorno al collo, e poi pugnalata al petto dopo il decesso. L'indagine si era arenata sul nascere. La vittima era famosa per il suo comportamento promiscuo e per portare spesso uomini a casa. Il corpo era stato ritrovato solo diversi giorni più tardi. Avevano campioni di sperma di quel caso e una corrispondenza con il DNA sarebbe stata perfetta, ma disgraziatamente non avevano l'ombra di un sospettato con cui confrontarlo. Le prove fisiche erano ottimali per una condanna, ma di scarso aiuto se volevi sapere dove cercare. Sapevano solo che stavano cercando un maschio, probabilmente caucasico, il cui DNA non era già presente nei sistemi della polizia. Fattore che restringeva il raggio soltanto a un milione di sospettati solo a Minneapolis.
«Stessa scena?» si informò jungkook .
«Già. Il corpo è nudo ed è stato messo in posa.» «Cazzo,» imprecò brevemente. A meno che le due vittime non si conoscessero in qualche modo, tutti avrebbero ben presto pensato a un serial killer. Essendo nel giusto, con ogni probabilità. L'ultima cosa di cui avevano bisogno in una città resa nervosa e irritabile dopo una settimana di caldo estremo.
«A te tocca la ragazza,» ordinò yoongi , indicando la biondina. «Io ho già la scena.» E si diresse verso la camera da letto.
Jungkook si avvicinò alla donna in lacrime e rimase in piedi a osservarla.
Avrebbe potuto avere sedici anni, così come venti. Doveva anche essere molto carina quando il suo viso non era arrossato e rigato dalle lacrime. I capelli biondi erano lunghi e puliti, ma qualunque acconciatura avessero mai avuto era già stata spazzata via dalla furia delle sue mani avvinghiate alle ciocche. Indossava abiti succinti e ricoperti di lustrini. Ormai, tuttavia, non erano sinonimo di prostituta. Jungkook aveva visto studentesse dodicenni con indosso abiti che, solo dieci anni prima, sarebbero stati eccessivi persino per una squillo. Se non altro, quella ragazza sembrava essere maggiorenne.
Gemeva e tirava su col naso. Lasciò andare una mano dai capelli per strofinarselo con il dorso. Jungkook infilò una mano in tasca, prese un fazzoletto pulito e glielo porse.
«Tenga,» esordì nel suo miglior tono "calma il testimone". «Perché non andiamo in un posto più tranquillo a fare due chiacchiere?» «Non so dove altro andare,» singhiozzò lei, pulendosi gli occhi. «Non lo so proprio.» Si circondò la vita con le braccia, dondolandosi avanti e indietro con fare convulso.
«Okay, va bene. Possiamo parlare qui. Perché non mi dice come si chiama?» «Lacey,» bisbigliò. «Lacey Henderson.» «Okay, Lacey.» jungkook si sedette sul pavimento in modo da non apparire troppo minaccioso. «Che ne dice di raccontarmi che cosa è accaduto stasera?» «Io non so che cosa è successo!» proruppe. «Non lo so. Non può... non può essere...» «Si calmi, stia tranquilla. Voglio solo conoscere la sua storia. È venuta qui e ha trovato la donna, poi ha chiamato il 911. Va tutto bene. Ha fatto la cosa giusta. Perché si trovava qui?» «Perché ci vivo,» gemette Lacey. «O, almeno, ci vivevo. Terri mi lasciava dormire con lei, sa.» «Per quale motivo è tornata a casa così tardi?» Il viso della ragazza si fece ancora più rosso. «Ero a una festa. C'era un ragazzo. Ma poi ha detto che non potevo restare, perciò sono andata a casa. Non ci sono molti autobus di sera, ci ho messo una vita e ora lei è morta!» Ansimò rumorosamente nel fazzoletto. Jungkook iniziò a provare una certa comprensione verso il senso di frustrazione del suo partner, ma la celò dal tono di voce.
«A che ora ha lasciato la festa?» «Non saprei. L'una e mezzo, forse? O l'una, Non ricordo»
«E a che ora è arrivata a casa?» «Circa le due. Le due e trenta.» Singhiozzò. «Lo sapete. Ho chiamato subito. Voglio dire, la porta era aperta e lei era lì, nuda. Non la lasciava mai aperta. Potevo vedere che era morta. Dio, mi sono spaventata! Ho urlato e urlato. Joan, dell'appartamento qui a fianco, è venuta a vedere che succedeva. Mi ha fatto chiamare il 911 e se ne è andata! Mi ha lasciata sola con questo! C'è così tanto sangue e... oddio!» «Va tutto bene,» ripeté jungkook . «Sta andando bene. Ha toccato Terri o è entrata nella sua camera?» «Cielo no. Perché avrei dovuto?» «Beh, per capire se era morta oppure...» «No!» piagnucolò la ragazza. «No, no, no, no. Non mi sono neanche avvicinata. Non potevo.» «Ha visto qualcuno lasciare l'appartamento o il palazzo quando è arrivata?» «No, nessuno.» «E prima?» si informò jungkook . «Ha parlato con Terri dei suoi piani per la serata? Le ha detto se aspettasse qualcuno?» «Doveva andare in un bar,» rispose Lacey. «Non so quale. Le ho detto che avrei fatto tardi perché andavo alla festa. Mi ha detto che andava bene, perché sperava di avere fortuna. Oh, Dio, ha detto a me di fare attenzione.» «Ha idea di chi fosse la persona che doveva incontrare?» «No, voglio dire, non credo che avesse qualcuno di preciso in mente.
Le piaceva uscire per incontrare uomini. Era molto amichevole e sa come vanno le cose. Amava divertirsi.» «Portava spesso qualcuno a casa?» «Non saprei. A volte.» Lacey si strofinò di nuovo il naso con il dorso della mano. «Forse una volta a settimana o giù di lì. Non era una puttana, sa. Gli piacevano gli uomini, tutto qui. Se ne andavano quasi sempre via tutti in modo amichevole.» «Aveva un ragazzo fisso? Uno con cui si vedeva più volte?»
«Non credo. La conoscevo solo da un mese, più o meno, ma non ho mai visto nessuno. Diceva sempre che le piacevano i bei cazzi a letto, ma nessun zoticone che al mattino se ne andasse in giro a scoreggiare per la cucina. Penso che qualcuno si fosse comportato male, una volta. Ma non ne voleva parlare. Oh, Dio! Lei non...» Seguì una nuova ondata di singhiozzi. Quando si calmò, jungkook domandò: «Quando l'ha vista e le ha parlato per l'ultima volta?» «Dopo il lavoro, attorno alle sei. Ci stavamo preparando per uscire. Mi ha prestato la sua camicia e mi ha aiutato a sistemare i capelli. Oh, Dio. Era un po' come la mia sorella maggiore e ora è morta. Mio Dio, Gesù!» La ragazza scoppiò di nuovo in lacrime.
Jungkook si tirò in piedi e si avvicinò a una poliziotta accanto alla porta dell'appartamento. «Le affido la compagna di stanza,» le disse, scaricandole la testimone singhiozzante senza rimpianti. «Faccia in modo di trovarle un posto in cui stare. Si faccia anche dare l'indirizzo e il numero di telefono, perché avremo bisogno di parlarle di nuovo. Già che c'è, controlli sulla patente che abbia davvero diciotto anni. Se è minorenne, dovremo gestire la cosa in modo diverso.» jungkook lasciò la sfortunata agente inginocchiata accanto a Lacey, a occuparsi di lei.
Si avviò verso la camera da letto, preparandosi psicologicamente.
Sapeva che si sarebbe mostrato distaccato Aveva imparato a comportarsi in quel modo. Tuttavia, sebbene riuscisse ad accostarsi persino alla più cruenta delle scene del crimine senza all'apparenza battere ciglio, non si sarebbe mai abituato veramente. Non riusciva a mettere da parte la consapevolezza che quella carne fredda e abusata appartenesse alla madre, alla sorella, alla figlia o all'amante di qualcuno. In breve, a una persona vivente che fino a poco tempo prima nutriva sogni e speranze per il futuro.
Quelle morti erano una sua responsabilità. A volte, avrebbe giurato di sentire le loro anime fluttuare accanto a lui, in attesa di tutto ciò che poteva loro offrire. Giustizia, forse. Un senso, il riscatto. Essere rassicurate che, anche se erano state uccise, il loro assassino sarebbe stato catturato e non avrebbe più potuto fare del male ad altri. Che, in qualche modo, non erano morte invano. Era il suo lavoro ed era bravo a portarlo a termine.
Naturalmente, potevano essere in gamba quanto volevano - e lui e yoongi lo erano decisamente - ma non sarebbero mai riusciti a risolvere ogni caso. O ancora peggio, a volte capitava di conoscere il colpevole e di non poterlo dimostrare. Anche quei fantasmi volteggiavano sopra di lui, sbiadendo nel tempo assieme alla speranza di giustizia. In alcuni momenti, il fardello era pesante. Mentre entrava nella piccola camera da letto soffocante, jungkook si chiese a quale tipo sarebbe appartenuto l'omicidio di Terri Brand.
Yoongi stava facendo uno schizzo della scena sul taccuino. Avrebbero avuto a disposizione fotografie e disegni ufficiali, ma il suo collega preferiva servirsi di un'interpretazione personale. Aveva un'abilità inquietante nel mettere a fuoco i dettagli salienti persino della scena più caotica.
Che sicuramente non era quella. Nulla sembrava fuori posto nella stanza. I vestiti erano ripiegati ordinatamente su una sedia. Il corpo della vittima giaceva sul letto, nudo ma composto. Le braccia erano distese, i piedi vicini, quasi come se fosse stata crocifissa.
Le chiazze rosso violacee sul collo, gli occhi iniettati di sangue e il colore del viso rendevano lampante la causa della morte. Una piccola macchia di sangue sul petto nudo, proprio sopra il seno sinistro, indicava con ogni probabilità la ferita da taglio.
Jungkook si avvicinò per osservare più da vicino. Non c'era molto sangue.
Anche la prima vittima era stata pugnalata molto tempo dopo il decesso.
L'emorragia si interrompeva quando il cuore cessava di battere.
«Sei riuscito a cavare qualcosa di utile da quella ragazzina isterica?» chiese yoongi senza voltarsi.
«La vittima stava andando in un bar,» lo informò jungkook . «Le piaceva portarsi degli uomini a casa. È stata vista viva per l'ultima volta attorno alle diciotto, qui. Apparentemente niente ragazzo fisso.» «Proprio come l'altra.» «Già.» «Merda,» borbottò yoongi .
«Appunto.» «Credo troveremo anche qui delle tracce di DNA. Dovrebbe essere una corrispondenza facile, se è davvero lo stesso tizio.»
«E se sono state uccise dall'ultimo uomo che si sono scopate,» aggiunse jungkook .
«Sembrerebbe plausibile.» «Se c'è una corrispondenza e la stampa mette le zampe su questo caso, saremo nella merda,» sottolineò jungkook .
«Perciò, più cose riusciamo a fare alla svelta, meglio sarà. A te i vicini.
Svegliali. Se la ragazza ha fatto così tanto chiasso anche quando ha scoperto il cadavere, non credo che ci siano più molte persone addormentate. Qui le pareti sembrano essere fatte di carta. Forse qualcuno ha sentito qualcosa di utile. Mi metterò al lavoro sulle informazioni della vittima non appena arriva la dannata scientifica a fare il suo lavoro. Lavoro, rubrica... Magari siamo fortunati e troviamo qualcuno che era in giro con lei stasera e ha visto l'assassino.» jungkook iniziò dal pianterreno, poiché chiunque avesse avuto intenzione di andarsene per evitare di rispondere alle sue domande avrebbe dovuto prima passargli accanto. L'appartamento sotto quello della vittima era occupato da una famiglia appena immigrata dal Sudan. A causa della scarsa padronanza della lingua inglese da parte dei genitori e del loro evidente terrore nei confronti delle forze dell'ordine, quel primo tentativo fu un buco nell'acqua. Jungkook prese nota di mandarci l'indomani un agente di colore insieme a un interprete, pur non nutrendo molte speranze di ricavarne qualcosa di utile.
Nell'appartamento a ovest fu accolto da un uomo anziano con apparecchio acustico e una moltitudine di opinioni che riversò sopra le parole di jungkook . L'apparecchio doveva essere spento oppure il tizio aveva a cuore soltanto il suono della propria voce. Jungkook provò un paio di volte a fare le sue domande, ma poi desistette e lasciò piena libertà a quello sproloquio.
L'uomo descrisse la vittima come una puttana senza cervello e alla fine ammise di aver dormito per tutto il tempo senza sentire nulla. Jungkook si allontanò dalle sue lamentose richieste affinché la polizia facesse qualcosa e si presentò alla porta successiva.
L'unità a est era abitata da una donna che sicuramente faceva quel lavoro. Era angosciata dall'idea che un assassino fosse entrato nel suo palazzo, ma sembrava solo preoccupata della propria incolumità e per niente utile. Dichiarò di aver guardato un video con le cuffie. Quando le chiese perché fosse ancora in piedi a quell'ora, la donna gli rivolse il tipico sorrisetto di chi conosce tutto e disse: «Le ragazzacce non sanno cosa sia il riposo.» Tutte le altre domande la spinsero solamente a provarci ancora con jungkook , che lasciò quella porta prima di ritrovarsi impossibilitato a continuare a ignorare il tocco della sua mano.
Tornato al primo piano, la porta a est era chiusa e nessuno rispose, nonostante il suo insistente bussare. Mentre stava prendendo nota di riprovarci più tardi, qualcuno uscì dall'appartamento a ovest.
«Venga dentro prima di rompere qualcosa.» La persona che aveva parlato era una donna alta e magra. Se ne stava davanti alla porta aperta:
indossava pantaloncini larghi e un corto accappatoio di spugna rosso. «Non c'è nessuno. Sono andati fuori città per il weekend.» jungkook annuì. «Sono il detective Jeon della polizia di Minneapolis.» Mostrò il distintivo. «Vorrei farle alcune domande.» «So chi è lei,» rispose la donna. «La stavo tenendo d'occhio. Non sono Terri, io. Non inviterei mai un estraneo in casa.» Un'ombra fugace di imbarazzo le attraversò per un attimo il viso. «Credo che non sia una cosa bella da dire, viste le circostanze.» «Cosa può dirmi di queste circostanze?» «Ero con Lacey quando ha chiamato la polizia. Ho visto il corpo di Terri. Le ho controllato il battito, per essere sicura, visto che quella gallina bionda riusciva solo a starsene lì a urlare. Ma era già morta stecchita.» «Lei non mi sembra sconvolta, invece.» «Solo in confronto,» replicò la donna. «Entriamo. Non voglio stare qui in corridoio in pigiama.» jungkook pensò che fosse ben coperta, tutto sommato, ciononostante la seguì in casa e le permise di chiudere la porta. L'appartamento era l'immagine speculare di quello della vittima, ma molto più ordinato e scarsamente arredato. Notò moltissimi libri e un paio di stampe di gusto.
Per essere la dimora di una donna, c'erano davvero pochi tappeti, niente cuscini o fronzoli vari. Non c'era nulla a parte un semplice futon e una sedia. La donna gli indicò il futon e si accomodò sul bordo della sedia. Jungkook prese matita e taccuino.
«Il suo nome?»

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