capitolo 8

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Mattia si diresse in ospedale per l’ennesima volta quella settimana, le mani nelle tasche della giacca e il naso sepolto nella sciarpa di maglia bordeaux che lo proteggeva dal freddo.

Erano trascorsi due mesi da quando Christian gli aveva fatto visita a casa sua e, da allora, il biondo si era ritrovato ad andare in ospedale ogni giorno, finché non era diventata un’abitudine. E anche quando non si faceva vedere, passava comunque le giornate a parlare con il moro, che fosse per messaggi, e-mail, o, occasionalmente, in videochat.

Espirò dal naso ed entrò in ospedale, salutò la donna alla reception, che ora lo conosceva per nome, e si tolse la sciarpa dal collo. Il ragazzo sapeva già dove andare.

Salì quei gradini familiari, salutò i volti familiari, e svoltò quel familiare angolo che sapeva l’avrebbe condotto alla stanza di Christian. Gli sfuggì un altro sospiro, lento e casuale, aveva imparato presto a trattenere il respiro, quando notò un’altra persona seduta fuori, in corridoio, dove i visitatori potevano passare il tempo, a diversi metri dalla stanza.

Mattia fissò la ragazza minuta per un lungo istante, sapendo che non avrebbe ricambiato lo sguardo. Era a testa china, e la sua attenzione era monopolizzata dal telefono che la intratteneva.

Di solito, il biondo se ne sarebbe andato via subito per far visita a Christian, ma, mentre si avvicinava alla stanza, sentì due voci provenire dall’interno. Una delle due apparteneva al moro. L’altra, non ne aveva idea. Mattia si fermò e strinse la tracolla della borsa. Esitando, fece leva su un piede per girarsi a osservare la tipa minuta che se ne stava seduta tutta sola. Pensando che sarebbe stato da maleducati interrompere la conversazione del moro con l’altra persona, chiunque fosse, Mattia raggiunse le sedie a grandi passi e si sedette a un posto di distanza dalla sconosciuta con il telefono.

Il ragazzo tamburellò silenziosamente le dita sui pantaloni.

“…Sei qui per vedere Christian Stefanelli?” Domandò in tono piatto.

“No. Ma il mio amico sì.” L’altra parlò piano, in tono basso e pensoso. O forse non pensoso, ma più che altro apatico.

Ragazzo apatia. Per un attimo, al biondo tornò in mente quel soprannome. Non era troppo sicuro del perché.

“Il tuo amico è amico di Christian?”

“Sì. Un vecchio amico.” Bloccò il telefono e ne batté un’estremità sul palmo aperto. “Una volta ballava per lui. Si conoscono da un paio d’anni.”

Mattia si appoggiò allo schienale della sua sedia. “Ah. Capisco.” Sentiva il bisogno di tenere a bada la maggior parte delle proprie domande. La sua compagna d’attesa non sembrava la tipa da socializzare così facilmente, quindi pensò che le domande semplici, specie se ridotte al minimo, sarebbero state l’ideale.

“Posso chiederti come ti chiami?” fece un tentativo.

Un piccolo pollice strofinò lo schermo del telefono per ripulire una macchia. Sollevò lo sguardo, scrutò il biondo attraverso le ciocche castane, e raddrizzò la schiena il più lievemente possibile.

“Cosmary Fasanelli.”

“Mattia Zenzola.” Aveva la sensazione di poter apprezzare la compagnia della ragazza, con quelle sue parole prive di ogni forma di emozione. “Piacere di conoscerti...”
“Cosmary va bene.” Abbassò gli occhi sullo schermo del telefono. “Stessa cosa.”

Mattia annuì, felice di aver fatto una nuova conoscenza, e si sarebbe rilassato sulla sedia se non fosse stato per l’improvvisa voce incorporea che lo fece trasalire poco dopo le parole della ragazza.

“Hey, Cosmary, con chi stai parlando?” Come se fosse uscito direttamente da un cartone animato, dalla stanza di Christian spuntò un ragazzo alto, con capelli neri come l’inchiostro che gli ricadevano sulla faccia e si drizzavano da tutte le parti allo stesso tempo. La sua espressione lo faceva sembrare più losco che sincero, e il suo sguardo guizzarono da Cosmary a Mattia, e poi di nuovo su Cosmary.

“Questo è Mattia. L’ho appena incontrato.” Le sue parole erano tanto dirette quanto indifferenti.

“Mattia?” Stavolta dalla camera risuonò la voce di Christian. Il biondo non aveva nemmeno bisogno di vederlo in faccia per sapere che era raggiante. “È qui? È qui?”

“Sono q-.” il ragazzo si alzò per entrare nella stanza, ma invece nell’arco di pochi secondi trovò il moro in piedi sulla soglia, con gli occhi sgranati per la sorpresa. Era più magro di prima, e la sua larga camicia di flanella gli stava larga. Probabilmente aveva perso poco più di dieci chili in quei due mesi.

Il biondo si accigliò. “Torna subito a letto. Non dovresti essere-”

Il ragazzo non gli lasciò finire la frase e di colpo lo abbracciò. “Non pensavo che saresti riuscito a venire oggi.” Sebbene fosse dimagrito, aveva ancora un po’ di forza nelle braccia. Strinse Mattia più vicino, schiacciandolo fin quasi a togliergli il respiro.

Il ragazzo aggrottò le sopracciglia. “Ti ho detto che avrei…” Borbottò appena contro la sua spalla.

“Che cos’è questa storia?” Il ragazzo alto e moro fece un cenno nella loro direzione. “Vengo a farti visita e mi fai a malapena attenzione, ma quando arriva lui, gli dai pacchetto completo?”

Christian si ritrasse e si voltò verso il suo amico, che sogghignava. “Rilassati.” Si rivolse di nuovo al biondo. “Questo è Alex, un mio caro amico.”

Alex inclinò la testa di lato. “Piacere di conoscerti, Mattia. Ho sentito molto parlare di te, e sono qui da un’ora scarsa.”

Il biondo riconobbe le parole dell’altro con un cenno del capo, ma non sapeva come rispondere. Riuscì a offrirgli soltanto un “Piacere mio”, prima di cercare di far rientrare Christian nella sua stanza.

“Hey, hey!” Christian fece resistenza, restando fermo dov’era. “In realtà stavamo giusto parlando di fare due passi fuori.”

“Beh, l’ho proposto io, solo come suggerimento, ma poi lui si è gasato un sacco.” Alex si grattò la nuca. “Quindi stavamo per uscire per un minuto o due per far stare zitto questo riccio.”

“Sono stato rinchiuso qui dentro per troppo tempo. È da giorni che non esco.” Il disagio nella voce di Christian era palpabile. Se c’era una cosa che il biondo aveva imparato sull’altro ragazzo nel breve tempo da cui lo conosceva, era che non amava stare al chiuso. Forse portarlo fuori per un po’ gli avrebbe fatto bene.

Mattia guardò dall’altra parte del corridoio. “Allora andiamo fuori. Nel giardino sul retro.”

Con quella frase, tutti giunsero ad un tacito accordo. Alex si avviò giù per il corridoio, con Christian al seguito. Mattia li seguì, sapendo che Cosmary non era lontana. Camminando, fissava le schiene dei due uomini davanti a lui. Parevano alti uguali, ma Mattia non poté fare a meno di notare che Christian sembrava un pochino più basso.

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