capitolo 21

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Erano trascorsi tre giorni dalla morte di Christian, e si poteva dire con sicurezza che al biondo dormire non veniva più facile come una volta. Nell’arco di quei tre giorni, aveva racimolato un totale di poco più di quattro ore di sonno. La prima di quelle tre notti, si era direttamente rifiutato di dormire, nel timore di un altro terrore notturno. Durante le altre due, si era sforzato di calmarsi e addormentarsi, ma ogni volta o si ritrovava a svegliarsi da uno strano sogno, o a restare sveglio nel bel mezzo della notte, per metà aspettandosi di ricevere un messaggio da parte del moro.

A volte, rileggeva le conversazioni che aveva avuto con lui. Scorreva in su, su, su fino al primo messaggio, poi di nuovo fino in fondo, aspettando che in basso a sinistra apparissero i cerchi. Ma non riceveva mai nulla.

Quella notte non andò diversamente: Mattia ripeté quel gesto per la ventesima volta quel giorno, con il pollice che scorreva su e giù per diversi minuti finché finalmente non si fermava. Quando finì, però, anziché spegnere il telefono e tentare di costringersi a qualche ora di sonno, fissò lo schermo del cellulare con nostalgia, e lesse gli ultimi messaggi che si erano inviati.

Christian (Inviato alle 2:15, 20 dicembre):

<<Hey! Mattiii. Sei sveglio?>>

Mattia:

<<Sì. Che c’è?>>


Christian:

<<Sono emozionato che domani verrai a trovarmi!>>

Mattia:

<<Ma ti faccio visita tutti i giorni.>>

Christian:

<<Lo so! Non salti mai un giorno… I tuoi genitori non ti chiedono mai perché vieni qui così tanto?>>

Mattia:

<<Pensano che sia in stage. Quindi non gli dispiace.>>

Christian:

<<Oh! Per me funziona. ٩( 'ω' )و>>

Mattia:

<<Lo spero bene. Funziona anche per me. Mi assicurerò di portarmi dietro il portatile la prossima volta. Possiamo rivedere Cloud Atlas.>>

Christian:

<<SÌ! TI PREGO! Grazie, Matti!>>

20 dicembre alle 3:45

<<Probabilmente ti sei addormentato. Scusa se ti scrivo sempre così tardi. Dormi bene, Matti! Ci vediamo presto.>>

Mattia si accigliò e sentì quel familiare dolore perforargli il petto. Rilesse “Dormi bene, Matti!” e inspirò con fragilità.

“Ci sto provando…”

Non ce la fece a rileggere le ultime tre parole del messaggio e alla fine spense il telefono. Lo appoggiò sul comodino accanto al suo letto e si seppellì nella coperta che aveva condiviso così generosamente con Christian. Prese un respiro profondo e chiuse gli occhi, e le sue sopracciglia si unirono mentre la sua fronte si increspava. Aveva ancora il suo odore.

Mattia si rilassò sul materasso e chiuse gli occhi, emettendo un debole sbadiglio. Adagiò la testa sul cuscino, e, con sua sorpresa, nel giro di pochi minuti, si sentì scivolare nel sonno. Era strano, non addormentarsi contro il corpo del moro, ma il biondo sapeva che avrebbe dovuto abituarsi di nuovo a dormire da solo. Sperava solo che la notte non gli avrebbe portato sogni maligni. Voleva soltanto rivedere Christian, anche solo per un secondo. Espirò esausto, e finalmente si addormentò.

Quella notte, sognò della prima sera in cui il moro era venuto a casa sua. Sognò di come Christian si era sepolto nella coperta blu navy per guardare il film sullo schermo del computer, e di come l’aveva stretto tra le braccia per aiutarlo a cercare di dormire. Ricordava ancora i piccoli dettagli, come il modo in cui la maglietta a stelline del moro di tanto in tanto gli scivolava giù dalla spalla quando si rigirava nel letto, e come la sensazione del suo peso su di lui gli toglieva il respiro. Mattia sentiva ancora i suoi capelli castani arruffati sfiorargli la guancia ogni volta che si muoveva, e il calore che emanava da lui quando lo teneva stretto. Tutto questo era ancora lì, ma c’era qualcosa di diverso che lasciava Mattia perplesso.

A un certo punto del sogno, il biondo guardò fuori dalla finestra. Il cielo notturno era improvvisamente diventato azzurro pallido, e il caldo bagliore arancione del sole si spandeva all’orizzonte. Si voltò lentamente a guardare il moro, e lo osservò mentre giaceva tra le sue braccia. Mattia pronunciò il suo nome, e con questo, si svegliò. Si girò e incontrò lo sguardo del biondo con occhi insonnoliti, ma ben riposati. Si stiracchiò e soffocò uno sbadiglio, ravviò con la mano il caos dei suoi capelli, e rilassò la testa sulla spalla del biondo.

La luce del sole entrò nella stanza, riversandosi sul pavimento e lungo le pareti, e gettando ombre tutt’intorno. Illuminò il viso di Christian abbastanza perché il biondo potesse vedere quei lineamenti sani che restituivano il suo sguardo. Sentì il battito del cuore accelerare, e gli venne un nodo alla gola mentre gli occhi gli si appannavano. Era raggiante di un sorriso che diceva più di mille parole, e allungò una mano a toccare la guancia di Mattia. Quest’ultimo sentì il suo palmo- caldo, pieno, ad accarezzare la rotondità del suo viso. Si avvicinò al suo tocco, e la sua visuale iniziò a svanire, con gli occhi che gli si riempivano di lacrime.

Christian si avvicinò e toccò la fronte di Mattia con la sua. Ora era solo una forma sfocata, ma il biondo sapeva che era ancora lì. Il moro parlò, con voce serena. Sana. Intera.

“Ti ho trovato.”

A Mattia sfuggì una risata tremante, tenera. Sorrise.

“Mi hai trovato.”

Fine.

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