“Hey, Matti?”
“Hm?”
“Pensi che verrà a nevicare?”
“Non lo so… La neve cade a caso.”
“Sì, ma… Credi che nevicherà presto? O forse a gennaio?”
“Spero di sì. Sarebbe bello. Bari ha bisogno di un po’ di neve in più ogni tanto.”
“Già… Già. Quando arriva, voglio uscire e starci in mezzo.”
Mattia era seduto a gambe incrociate sulla sedia accanto al letto del moro. Guardò il malato che aveva pronunciato quelle parole, cercando di incontrare il suo sguardo, ma senza trovare i suoi occhi verdi. Christian si era voltato.
Stava fissando le nuvole bianche che avvolgevano il cielo là fuori, affascinato da come sembravano togliere il colore a ogni cosa. Era uno di quei “Giorni bianchi”, come piaceva chiamarli al moro; quindi, prestava molta più attenzione al mondo fuori dalla finestra che non alla sua vita da recluso in ospedale. Il ragazzo inspirò profondamente, e quel suono riempì lo spazio intorno a loro. Le lenzuola si spiegazzarono sotto le sue mani.
“Sei sicuro che sarebbe una buona idea uscire al freddo in quel modo?”
“Penso di potercela fare.”
Mattia non voleva far notare al moro che probabilmente non sarebbe più stato in grado di camminare prima che ci fosse anche solo la possibilità di una nevicata, quindi tenne la bocca chiusa. Si strofinò debolmente le mani e inclinò la testa di lato.
“Suppongo che tu possa farlo… Se ti sentirai meglio.”
Il moro sbuffò. Un suono lieve.
“Sto già meglio. Smettila di chiedermelo. È stato sei giorni fa.”
“Lo so, ma è stato pesante.”
“È passato.” Christian girò la testa, con il cuscino che gli si stropicciava sotto il collo. Guardò il biondo con occhi ridotti a fessure. Era estremamente pallido, e in qualche modo più magro di prima, ma manteneva quello stesso sorriso in faccia. “Adesso sto bene.”
Mattia non riuscì a fare a meno di ricambiare il sorriso. Appoggiò il mento su una mano e ridacchiò.
“Beh, non puoi stare meglio di così.”
Christian fissò intensamente l’altro ragazzo. Le sue labbra fremettero prima che potesse articolare le sue parole.
“Taci.” Scoppiò in una risata più forte, che scosse il suo corpo sdraiato a letto. “Sto… Di merda, lo so.”
Il biondo si scoprì a ridere insieme a lui. La sua risata soffocata era più forte di quella di cuore del moro.
“Non è vero. Non stai di merda.” Cercò di nascondere il suo sorriso con una mano, ma era ancora visibile dagli spazi tra le dita.
Christian allungò una mano, cercando inutilmente di scacciare quella dell’altro. O almeno, cercò di mirare alla sua mano, ma gli riuscì difficile. Continuò comunque.
“Non coprirlo.”
“Coprire cosa?”
“Il tuo sorriso.”
“Perché? Non è niente di spec-”
“Non lo vedo praticamente mai.” Le dita del moro sfiorarono le nocche di Mattia. Al ragazzo bastò per togliersi la mano dalla bocca, appoggiandosela sul mento. Gli sorrise.
Gli occhi di Christian lo fissarono assorti: le sue iridi verdi stavano fotografando mentalmente quello che probabilmente non avrebbe mai più visto. Molte parole gli saettarono per la mente, ma le migliori che avrebbe fatto meglio a dire a Mattia erano due. Tentò di aprire la bocca per dirle, ma invece fece qualcos’altro. Inconsciamente, la sua mano afferrò quella del biondo, e con la sua mancanza di forze la trascinò giù, facendoli trasalire entrambi. Christian sgranò gli occhi.
“Pensavo che l’avresti… Tenuta su-”
“È stato improvviso.” Mattia soffocò una risata. “Mi ha colto di sorpresa.”
“Non avevo intenzione… Di…”
“Va tutto bene.” Accarezzò le nocche del moro con il pollice. “Adesso… Adesso te la tengo.”
In silenzio, quasi affascinato, Christian tornò a fissarlo, stavolta più a lungo prima di alzare lo sguardo, poi abbassarlo, poi distoglierlo. Si girò verso la finestra, dando le spalle al biondo. Non poteva guardarlo in faccia.
Stringendo le labbra timidamente, Mattia smise di parlare. Studiò la nuca dell’altro ragazzo, scrutando le ciocche disordinate di capelli castani. Dopodiché i suoi occhi azzurri si misero a esaminare la sua pelle pallida; adesso le sue vene erano molto più evidenti, e gli si gonfiavano sotto la pelle ogni volta che si muoveva. Il biondo abbassò gli occhi, concentrandosi sul braccio attaccato alla mano che stava stringendo.
Si soffermò sul piccolo ago infilato nell’avambraccio, fissò il sottile tubo che vi era collegato, e lo seguì fino alla sacca di fluidi endovena appesa sopra la sua testa.
Ogni traccia del sorriso del biondo svanì.
Dall’ultimo attacco di panico, per il moro era diventato improvvisamente più difficile controllare le sue parole, i suoi gesti e le sue azioni in generale. Persino un compito facile come quello di deglutire ora era un problema per lui, e dopo molti inutili tentativi di tenere giù il cibo che ingoiava, o anche solo di mandarlo giù, le infermiere avevano deciso che sarebbe stato meglio se il ragazzo si fosse nutrito nell’unico altro modo possibile, cioè attraverso un tubo.
Nel giro di sei giorni, il biondo aveva scoperto che le uniche cose che riusciva ad ingoiare erano piccoli spuntini come chicchi d’uva, cubetti di ghiaccio, o Mikado che fossero specificamente gusto fragola. Per Christian era quasi impossibile digerire qualsiasi altra cosa. L’unica altra opzione che aveva era restarsene seduto lì ed accettare qualsiasi cosa il liquido endovena avesse da offrirgli.
Riportando lo sguardo sul moro, Mattia fu felice di vedere che era ancora concentrato sulla finestra. A un certo punto, mentre il biondo era perso nei suoi pensieri, la coperta blu intorno all’altro ragazzo gli era stata tirata su fino al mento, in modo che ne uscisse solo il braccio che stringeva la sua mano. Il respiro di Christian era silenzioso, e la sua mano non restava mai immobile a lungo. Ogni tanto tremava, e ogni volta Mattia la stringeva leggermente in risposta. Era questo il loro modo di comunicare senza parole.
Era questo il modo del biondo di far sapere al moro che sarebbe andato tutto bene, e questo riusciva sempre a confortarlo, a prescindere dalla situazione.
Entrambi trovavano più facile credere in quella bugia che accettare la verità di ciò che sarebbe seguito.
-
Nella gelida giornata del 3 gennaio, alle ore 20:04, aveva nevicato per la prima volta quell’anno. Christian era stato il primo ad accorgersene, ma anche l’ultimo a dire niente al riguardo.
Fu solo quando il biondo sollevò lo sguardo dallo schermo del suo portatile che si accorse che fuori nevicava forte. I suoi occhi si illuminarono, ansiosi di informare l’altro ragazzo, ma quando si voltò a guardarlo, anziché venire accolto da un amico iper-entusiasta, si trovò davanti un’espressione impassibile sul viso stanco di Christian.
Mattia si accigliò.
“Chri? Non la vedi?”
Alzando gli occhi dal portatile, il moro spostò l’attenzione sul biondo.
“Cos…?”
“La neve? Fuori sta nevicando.”
Il moro si voltò per dare un’altra occhiata fuori dalla finestra. Certo, stava nevicando, e a secchiate, ma ciò non catturò la sua attenzione. In realtà, non ebbe il minimo effetto su di lui. Riuscì a scrollare debolmente le spalle e si girò per continuare con il film che stava guardando ormai per la trentesima volta.
Mattia era sinceramente confuso.
“Pensavo che stessi aspettando la neve. Pensavo che fosse questo che volevi…”
Con le palpebre che gli cascarono e poi si riaprirono di scatto, Christian emise un debole suono.
“Mnh-… Io… La vedo… Di con-tinuo.”
Proprio in quel momento, Mattia spalancò la bocca, rendendosi conto della verità. Le allucinazioni del moro erano diventate parte di lui a tal punto che pensava che la neve fuori fosse soltanto un altro scherzo della sua mente.
“Non è un’allucinazione, sta nevicando per davvero.”
Christian alzò lo sguardo per fissare di nuovo la finestra. Nei suoi occhi c’era un desiderio che il biondo non sopportava di vedere. Con quel briciolo di forza che gli rimaneva, si sollevò un minimo per vedere meglio fuori. La curiosità si era accesa in lui. Voleva sapere se fosse reale o no. Odiava quanto era diventato difficile per lui distinguere il reale dal falso.
“Ti faccio vedere.” Il biondo si alzò e andò al davanzale. Aprì leggermente i vetri. Una raffica di vento gelido invase la stanza all’istante, risucchiando via il calore da tutto quel che toccava.
Al moro si accapponò la pelle, la superficie di porcellana increspata dai brividi. Con grande sforzo si tirò addosso la spessa coperta.
Mattia chiuse rapidamente la finestra, dopo aver raccolto dal davanzale abbastanza neve da mostrare al moro. Gli si avvicinò a grandi passi, con la neve che già si scioglieva tra le mani a coppa. Christian gli tese le sue, ansioso di sapere se fosse vera.
“Vedi? Guarda.” Il biondo posò il piccolo mucchietto bianco di neve schiacciata sul palmo del ragazzo. Christian fissò il grumo di ghiaccio che si scioglieva, e, con un dito, lo premette per guardarlo cadere a pezzi. I minuscoli fiocchi di neve si deteriorarono nel calore del suo palmo, lasciandosi dietro una piccola pozza.
Per un attimo al moro mancò il respiro. Sgranò gli occhi.
“Mattia!”
“Lo so.”
“Portami… Fuori!”
“Si congela.” mormorò quelle parole e scrutò il moro da capo a piedi. Non era nient’altro che una coperta munita di testa. “Tremi quando nella stanza fanno venti gradi. In questo momento, fuori fanno più o meno… Dodici gradi sottozero.”
“Ti prego, Matti.”
Stringendo le labbra fino a ridurle a una fessura, scosse di nuovo la testa. Dire di no a Christian era davvero troppo difficile per lui, ma doveva essere fatto.
“Non posso…”
“Ma perché?” Il morale del ragazzo crollò, e il suo cipiglio si fece profondo.
“Questo tempo ti farà del male e basta. Devi essere protetto.”
“D-da… Cosa?” il moro fissò il biondo: la sua espressione era passata dalla delusione al rifiuto.
Mattia inspirò, ma si accorse che non riusciva a dire nulla. Lo osservò cautamente, ignaro di ciò che stava per dire.
“Ho già un… Piede nella fossa. Riesco… Ap-pena a parlare. Riesco appe-na a camminare… Non riesco a mangiare. Non riesco a… Dor… mire. L’ul-l’ultima cosa che…” Strinse la mascella, frustrato da sé stesso e dalle parole che stava pronunciando. “Tu… Devi fare… È preoccuparti che mi… P-prenda un… Raffreddore.”
“Christian.”
“F… Freddo o m-meno… Io in ogni caso non… Non durerò m-… Molto. Quindi per favore… Lasciami andare.”
I suoi occhi erano fissi in quelli del biondo, e quest’ultimo si rese conto che non riusciva a distogliere lo sguardo. Gli occhi del moro gli dissero tutto. Tradussero tutto ciò che le sue parole non potevano comunicare.
Mattia abbassò lo sguardo distogliendolo dall’altro ragazzo, poi si rivolse di nuovo verso la finestra.
“… Penso che al massimo possiamo arrivare alla finestra.” Disse in tono sommesso.
“Per me… Va bene.” E con ciò, un nuovo sorriso si fece strada sul suo viso.
Mattia sospirò tra sé, frustrato dalla facilità con cui si era arreso alle sue suppliche. Ma, pensandoci, dedusse che non lo si potesse biasimare per questo. Non voleva essere lui a dire di no a qualcuno a cui nella vita restava poco o nulla.
Questo, e il fatto che il biondo non riusciva a non trovare tenero il sorriso diChristian, non importava che aspetto malato avesse quando lo mostrava.
“Andiamo…” gli porse una mano per aiutarlo ad alzarsi in piedi. Lo esortò a tenersi addosso la coperta, ma l’altro insistette per lasciarla indietro. Con una mano si aggrappò al trespolo della sacca dei fluidi e con l’altra a quella di Mattia mentre barcollava verso la finestra. Le sue mani erano fredde come il ghiaccio, e la preoccupazione del biondo per lui crebbe ancora di più. Ma, non importava quanto si preoccupasse, proseguì verso la finestra a passo lento e costante finché non ce la fecero.
Una volta lì, Christian liberò la sua mano da quella dell’altro e l’appoggiò al davanzale. L’aria era fredda e pungente e lo colpì come uno schiaffo in faccia mentre un’altra raffica si faceva strada a forza nella stanza d’ospedale. Eppure, questo non lo disturbò, perché Christian si limitò a chiudere gli occhi e inspirare profondamente, lasciando che il gelo bruciante dell’aria invernale gli riempisse i polmoni. Quando espirò, dalla bocca gli uscì uno sbuffo di vapore. Il moro sporse leggermente la testa dalla finestra e restò così mentre i fiocchi di neve scendevano intorno a lui.
“Non farlo.” Il biondo lo tirò dentro. Si aspettava di sentirlo protestare e lagnarsi, invece non ottenne niente. Il ragazzo si limitò a obbedire e a sporgere invece fuori tutto il braccio, solo ogni singolo fiocco passare attorno all’arto, come se nessuno di essi volesse toccarlo. Ogni tanto, uno o due gli atterravano sopra, e allora ritirava rapidamente la mano per cercare di distinguere il loro piccolo disegno. Li esaminava per un discreto tempo fino a che non si scioglievano, lasciando solo una goccia sul suo braccio. Dopodiché, ripeteva il processo, senza badare affatto al gelo che lo circondava.
Mattia osservava Christian, affascinato dai suoi gesti. Rappresentava quasi il comportamento di un bambino, che si concentrava su un’unica attività e si rifiutava di interromperla, ripetendo qualsiasi cosa stesse facendo senza che nessuno gli dicesse di smettere. Il biondo aggrottò le sopracciglia e guardò fuori, distogliendo gli occhi dal moro. Nel profondo di lui si stava risvegliando quella familiare sensazione di terrore, qualcosa che Mattia avrebbe voluto dimenticare. Appoggiò una mano sul davanzale e lo strinse finché le nocche non gli diventarono bianche.
Condivisero un altro momento di silenzio, cosa che succedeva più spesso di quanto il biondo non avrebbe voluto. Anche se l’abilità di linguaggio di Christian non era più quella di una volta, era ancora il più loquace dei due. Quindi, ogni volta che si metteva a tacere, uno sgradevole senso di disagio si impadroniva del biondo. Voleva sbarazzarsi di questa sensazione, sbarazzarsi di questo silenzio, così frugò in fretta nella sua mente alla ricerca di qualsiasi parola gli capitasse a tiro. Aveva bisogno di qualcosa -qualsiasi cosa- da poter dire al moro, solo per liberarsi della sensazione orribile che minacciava di sopraffarlo.
“Sai… Non te l’ho mai chiesto.” Riuscì a dire, lo sguardo fisso in lontananza. “Perché ti piace così tanto la neve, Chri?”
Attese una risposta, ma non la ottenne. Snervato, parlò di nuovo.
“Intendo, nelle tue condizioni attuali, è un po’ un cliché, non trovi?” Era un tentativo di risollevargli il morale, o di “fare lo spiritoso”, come dicevano alcuni, ma ahimé, le sue parole andarono a vuoto e il moro gli rispose con un altro silenzio. Mattia si accigliò profondamente. Si voltò per guardarlo bene in faccia, ma desiderò di non averlo fatto.
Chiuso nel suo silenzio, il moro piangeva tra sé e sé, con grosse lacrime che scorrevano in quantità giù per le sue guance. La mano che reggeva il suo peso contro la finestra vacillava senza posa, e l’altra rimaneva fuori, a tremare nel cuore freddo della notte. Sul braccio teso si erano raccolti svariati fiocchi, ma non si scioglievano in fretta. Restavano lì, giudicando il moro, uno di loro per il resto delle loro vite gelate prima di sciogliersi o staccarsi.
Il biondo fissò Christian, aprendo la bocca per dire qualcosa, ma scoprì che non riusciva ad articolare nemmeno una semplice parola. Rendendosene conto, decise di agire e farsi avanti per consolarlo, ma non riuscì a fare nemmeno questo. Le sue gambe e braccia erano rigide, come il suo sguardo. Tutto quel che riusciva a fare era fissare lo spettacolo malinconico che gli si svolgeva davanti.
Fai qualcosa.
Mattia chiuse la bocca e deglutì.
Fai qualcosa.
Qualsiasi cosa.
Il corpo del biondo non gli rispondeva.
Poteva solo guardare quelle lacrime scendere più veloci, fino alla camicia da ospedale e al pavimento. Le luci che venivano da fuori si riflettevano sulle lacrime di Christian, illuminandogli il viso nel più delicato dei modi. Alla fine, ritrasse la mano e la lasciò ricadere al suo fianco. Chinò la testa e cercò di controllare il suo pianto il più possibile, ma l’impresa si rivelò molto difficile, mentre gli sfuggivano singhiozzi che lo scuotevano in tutto il corpo.
Dopo aver cercato di calmarsi per un momento, il moro esalò due semplici parole, con labbra tremanti.
“Perché… io?”
Mattia continuò a fissarlo mentre la sua mente cercava le parole. Ne trovò alcune e le disse senza pensarci due volte.
“Perché la vita è ingiusta.”
Christian alzò una mano fredda e gracile per asciugare il disastro che era la sua faccia. “C’… c’erano c-così tante cose che volevo fare…”
“Lo so.” strinse il pugno, rimproverandosi mentalmente per l’attuale mancanza di emozione nel suo tono.
Quando il moro si allontanò dalla finestra, Mattia fu svelto a chiuderla, bloccando fuori dalla stanza l’aria pungente per il resto della notte. Poi si sporse e afferrò il braccio di Christian per aiutarlo a tornare a letto.
Una volta che l’ebbero raggiunto, il moro tornò alla sua consueta posizione e si avvolse nella spessa coperta, poi diede le spalle all’altro ragazzo. Osservò la finestra in silenzio, senza badare al visitatore, o almeno, così sembrava. Nel giro di qualche minuto, proprio quando Mattia aveva iniziato ad agitarsi, il moro parlò.
“Mattia…”
“Sì?” La sua intera attenzione era concentrata su di lui.
Esitò per un momento, ma alla fine si espresse. “Non voglio che tu mi faccia più visita.”
A quelle parole, il biondo strizzò gli occhi e si chinò in avanti. “Che cosa?”
“Per favore… Non farmi… Più visita.”
“No.” si alzò in piedi.
“Per favore-”
“No. È un po’ troppo tardi, Christian.” Un brivido percorse il biondo, facendogli rizzare i peli sul collo.
“Mattia, per favore…”
“La mia risposta definitiva è no.” Si diresse dall’altro lato del letto, dove avrebbe potuto guardare il moro in faccia. Quando quest’ultimo se ne accorse, girò la testa e lentamente rotolò dall’altra parte. Mattia sgranò gli occhi, mentre le sue emozioni cadevano vittima di una strana mescolanza di furia e di paura.
“Christian, che cosa significa tutto questo?”
Il ragazzo non rispose. Rimase nella stessa posizione e mosse le mani solo per asciugarsi di nuovo il viso.
“Rispondimi.”
Risucchiando aria tra i denti, il moro si tirò la coperta fin sotto al mento. Ci volle un po’, ma alla fine rispose.
“Non voglio… che tu… ti a-affezioni a me p-più d-di quanto non abbia g-già fatto.”
Per poco l’altro ragazzo non sbuffò. “Che cosa ti fa pensare che io sia affezionato a te? Non l’ho mai detto.”
Questa volta, il moro spostò la sua attenzione su di lui. Il suo viso arrossato era contorto in una smorfia.
“S-sta’ zitto, Matti…” Prese un respiro profondo, frustrato da sé stesso e dalla graduale crescita della sua difficoltà a parlare, ma proseguì. “So che… Odi gli osp-edali. Adesso… Non ve-venirmi a dire che… Vieni qui tutti i giorni… perché ne avevi voglia.”
Il biondo non aveva altro da aggiungere. Fissò l’altro a bocca aperta, come se fosse stato sul punto di parlare, ma finì per restare muto.
“So che… Ti importa… An-… Anche se solo un pochino.” si coprì la bocca e tossì di colpo. Scoprì che parlare gli richiedeva molta più energia del previsto. Ciononostante, continuò a parlare. “Non so… Molto di questa… Malattia. In parte per-… ché avevo troppa paura di fare ricerche. Ma… so che non mi resta… molto tempo.” La sua frustrazione svanì lentamente, e sul suo viso pallido rimase solo un’aria di sconfitta.
“Uno, forse due mesi al massimo, se mi va bene. Ecco… Quanto so che mi… Rimane.”
L’aria intorno al biondo si fece più spessa, e improvvisamente gli sembrò difficile respirare.
Christian abbassò lo sguardo e storse le labbra. “Ho sentito parlare i dottori. Non s… anno come… C-curarmi, quindi…” Da sotto la coperta, il biondo poteva vedere le spalle del ragazzo alzarsi e abbassarsi. “D-da… qui… è tutta solo… una lenta discesa. E io n-non voglio che tu… Lo veda s-suc… cedere.”
Il moro se ne restò lì con gli occhi lucidi, le lacrime trattenute che luccicavano nella fioca illuminazione della stanza.
“Non voglio… Che tu mi guardi… Mi guardi marcire.”
Piccole lacrime traboccarono dai suo occhi e scivolarono giù per i suoi tratti inquietantemente placidi. “Quindi ho pensato che se te ne andassi adesso… Non… Dovresti… E non f-farebbe così male…”
Ancora una volta, quell’incantesimo annichilente s’impossessò di lui, e Mattia non poté muoversi, né parlare. Tutto quello che riusciva a fare era osservare con muta angoscia mentre il moro finalmente accettava quel che era divenuto della sua breve vita. Il biondo si rese conto che tutti quei sorrisi che aveva visto prima erano sorrisi di rifiuto- risate forzate che cercavano disperatamente di ingannare il moro e fargli credere che sarebbe andato tutto bene. Ma non avrebbe potuto andare avanti così per sempre. Non nello stato in cui era. Christian si era sforzato di mantenere una facciata positiva, ma dentro di sé, era stato a pezzi per tutto il tempo.
Ora Mattia lo sapeva.
Nel tentativo di muoversi, tamburellò le dita contro le gambe a un ritmo impaziente. Le stava provando tutte per convincersi almeno a fare qualcosa che facesse capire a Christian che era lì per lui. Fai qualcosa. Come un morto vivente, il biondo si costrinse a fare un passo, poi un altro, finché non toccò la sponda del letto. Accantonò i pensieri negativi e si sedette a letto, proprio accanto al moro. Mattia non gli lasciò il tempo di reagire, avvicinandosi ancora di più, e quando fu abbastanza vicino, appoggiò la testa sulla sua spalla.
Il biondo strinse insieme le mani per fermare il loro tremito incontrollabile.
“Non me ne andrò, Chri.” Il suo tono era sommesso, gentile. “E niente di quello che dici mi farà andare via.”
Christian rimase in silenzio. Non disse una sola parola, nemmeno mentre allungava una mano ad asciugarsi di nuovo la faccia. Si limitò a tirare su col naso di tanto in tanto, e si rigirò sul posto, ma non disse nulla per opporsi alla decisione del biondo.
Ne era felice.
Mattia girò leggermente la testa, con la guancia delicatamente appoggiata contro la spalla dell’altro. Prese un respiro lento e profondo e chiuse gli occhi, e le sue sopracciglia si unirono solo per un secondo. Le mani gli tremarono mentre si affondava le unghie nelle nocche.
Christian non aveva più l’odore di un ospedale.
Christian odorava di… Casa.
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in another life
FanfictionDormire non era più facile come prima, Christian lo sapeva, e ora lo sapeva anche Mattia. [1° in #zenzonelli- 3/8/22] [1° in #lgbt- 4/8/22] DISCLAIMER Questa storia non è mia, ma è una traduzione dell'inglese di un'altra, proveniente da un altro fan...