capitolo 17

600 54 6
                                    

2 febbraio.

Che ore erano?

Mattia si stirò leggermente nel letto e si lasciò sfuggire un debole grugnito. Non si prese la briga di controllare. Non gli importava.

Il cielo era già nero. Capì che dovevano essere già passate le cinque del pomeriggio. Quindi non gli importava più. Non gli importava se fossero le sette di sera, o le otto di sera, o le dodici di mattina, o se l’orologio del mondo avesse smesso di muoversi.

Gli importava solo che Christian fosse ancora con lui, accanto a lui, che respirasse, che fosse vivo.

Gli importava solo che Christian Stefanelli fosse ancora lì.

Il biondo girò la testa per toccare il collo del moro con la fronte.

La risposta del ragazzo giunse in ritardo, eppure reagì, voltandosi verso di lui per toccargli la cima della testa con il mento. Il soffice tocco dei capelli di Mattia sul suo mento confortò il moro, e lo attirò in uno stato di rilassamento.

A Mattia piaceva quando succedeva. Riduceva gli spasmi che coglievano il corpo del moro, permettendogli di essere più disteso del solito. Il biondo non sapeva perché avesse questo effetto su di lui, ma ce l’aveva, ed era quella l’unica cosa importante.

Era un giorno particolarmente freddo, ma il biondo era felice di sapere che la stanza d’ospedale forniva abbastanza calore da evitare che l’altro ragazzo congelasse. Eppure, Christian veniva comunque colto da brividi che arrivavano in scariche piccole e brevi e duravano solo alcuni secondi prima che il suo corpo si facesse troppo debole per continuare.

Quando capitava, il ragazzo dagli occhi celesti si assicurava sempre di stringerlo forte a sé, per fargli capire che era lì per lui. Che non era un’altra delle illusioni create dalla sua mente.

Di tanto in tanto gli mormorava piano qualcosa, per mantenere una piccola conversazione, spesso a senso unico. Di solito faceva domande da sì o no, a cui il ragazzo poteva rispondere facilmente annuendo o scuotendo la testa. Ma a volte c’erano domande a cui non rispondeva, nonostante il biondo gliele facesse due volte.

Non avrebbe sempre ottenuto una risposta, ne era consapevole, ma lui chiedeva comunque. Altre volte, gli diceva semplicemente quello che gli passava per la testa.

Era strano: meno cose il ragazzo gli chiedeva, più lui si trovava a raccontargliene.

Rilassando la testa nella curva del collo di Christian, batté stancamente gli occhi e fissò lo sguardo in lontananza. Non si concentrò su nulla in particolare. Una cosa che ricordava di aver visto fare a Cosmary. Aveva la mano stretta intorno a una delle esili braccia del moro, e di tanto in tanto lo massaggiava con il pollice per confortarlo. Condividevano la stessa coperta blu navy, stretti sotto di essa, tenendosi caldi a vicenda nel modo migliore che avevano a disposizione. Mentre il biondo se ne stava lì, in silenzio, ascoltando il respiro affaticato del moro, aprì la bocca per parlare.

“Chri?”

La sua voce era abbastanza alta perché potesse appena sentirlo. Lo sentì muoversi contro la sua testa in risposta, così continuò. Fece un respiro profondo e scacciò il bruciore dai suoi occhi.

“Voglio che tu sappia che… Non mi pento di averti incontrato.”

Christian non si mosse molto. Ora si limitava a respirare.

“Sono… Molto felice di averti incontrato. E di averti potuto conoscere…”

Mattia s’interruppe per un lungo momento e per un po’ non disse nulla. Ma poi parlò di nuovo.

“Quindi… Grazie, Chri, per avermi parlato nel corridoio quel giorno… E per avermi chiesto se stessi bene. Perché allora non stavo bene. Ma… adesso sì.”

Lasciando scivolare la testa sul petto di Christian, il biondo si appoggiò sulla sua figura fragile. Ascoltò il ritmo accelerato del suo cuore, che batteva ancora, e seppe che quella era la risposta alle sue parole.

Il biondo chiuse gli occhi contro di lui. Scoprì di non avere più nulla da dire. Invece, lasciò che fossero le sue azioni a parlare per lui. Si strinse al ragazzo, e spinse la faccia nel calore del suo collo. Sentiva il mento del moro sfregargli in cima alla testa, come sempre. Era qualcosa che non mancava mai di confortarlo. Inspirò quel familiare profumo a cui si era affezionato così tanto, poi espirò silenziosamente contro la sua clavicola sporgente.

Mattia sentì un braccio debole e malato sollevarsi per appoggiarsi sulla sua spalla. Si avvicinò ancora e lasciò che il suo corpo si rilassasse. Il suo respiro si calmò e, nel giro di un niente, riusciva già a sentirsi scivolare, lentamente, nella calda presa del sonno, incapace di opporre resistenza.

Le ultime parole del biondo, frastornato, furono, “Buonanotte, Chri”, prima che cadesse in un sonno profondo.

Quella notte non sognò niente di particolare. Non soffrì di incubi, né vide nulla di vagamente simile a un sogno. Non c’era niente. Solo oscurità.

in another lifeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora