capitolo 19

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Una volta uscito dall’ospedale, Mattia non si guardò mai indietro.

Quel giorno tornò a casa con una coperta appallottolata tra le braccia, una sciarpa bordeaux intorno al collo, e nient’altro dell’ospedale. Le strinse a sé a sette gradi sottozero, e sebbene molte persone gli lanciassero occhiate strane e lo guardassero di sbieco, nulla di tutto ciò lo colpì minimamente. Il fattore del freddo non esisteva più per il biondo. Non riusciva a sentirlo. La sua mente non glielo permetteva.

Arrivò a casa senza nulla più che un “ciao” ai suoi genitori, seduti in soggiorno. Gli fecero delle domande. Rispose artificiosamente. Gli chiesero della coperta e della sciarpa, ma non gli chiesero mai di Christian.

Il biondo ne era felice. Dopotutto, era stata una buona idea non raccontare loro di lui.

Salì le scale fino alla sua camera, arrotolò la sua coperta -no- la coperta di Christian in un mucchietto, e la lasciò cadere sul letto insieme alla sciarpa. Pescò il telefono dalla tasca, e premette il tasto “chiama” su uno dei suoi contatti. Avvicinò il cellulare all’orecchio e attese che si collegasse alla linea. Quando lo fece, Mattia venne salutato da un, “Pronto?”

Il biondo esitò. Deglutì profondamente e guardò fuori dalla finestra.

“Pronto. Alex? Sono Mattia. Sei occupato?”

La voce di Alex era riservata e riluttante.

“No.”

“Se non è un grosso problema, posso venire da te?”

All’altro capo del telefono, Alex tacque. Lo sapeva già. Prese un respiro udibile, e Mattia sentì il rumore di qualcosa che grattava. Dopo un momento, finalmente parlò. La sua voce era solenne.

“Certo.”

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