18. Andrew: amare petali e spine

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La mia solita fortuna

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La mia solita fortuna. Cominciò a piovere. Sbuffai, strizzando gli occhi per cercare di vedere qualcosa nonostante le gocce di pioggia. Mi fermai davanti a casa di Rylie e presi un grosso respiro prima di decidermi. Andai alla porta e cominciai a bussare. Fu proprio lei ad aprire.

«Che cazzo vuoi?» mi aggredì.

Vederla, averla davanti, mi fece bloccare. Ma non per vergogna o chissà cos'altro. No. Perché compresi che non era lì, non era con lei, che volevo stare. «Nulla» mormorai. Me ne andai senza salutare. Risalii in macchina, ormai zuppo di pioggia, con la mente confusa. Che cosa volevo davvero? Era troppo difficile rispondere a questa domanda.

«Cazzo!» urlai, cominciando a prendere a pugni il volante.

Fu un secondo. Un unico, terribile, secondo. Vidi la macchina davanti a me solo quando mi fu già addosso. I vetri si frantumarono, alcuni mi ferirono. Sentii il sapore di sangue in bocca. L'airbag scoppiò, sbattei la testa sul volante. Poi, tutto nero.

***

Aprii lentamente gli occhi. Non c'era più la strada, né la mia macchina. Niente sapore di sangue. Mi misi seduto, rendendomi conto di non avere alcuna ferita. Che cos'era accaduto? Era stato tutto un sogno? Oppure... oppure era quello, il sogno?

Mi sfregai il viso con le mani, tentando di recuperare la ragione, poi mi alzai lentamente. Attorno a me c'era solo buio.

All'improvviso, apparve una luce. Comparve il volto di Liam, e per la prima volta compresi quanto lo vedessi bello. Quei suoi lineamenti al contempo spigolosi e dolci, quegli occhi di ghiaccio che si scioglievano alla minima gentilezza, quei capelli biondissimi che avrei solo voluto accarezzare.

Levai una mano, tentato nel farlo davvero, nell'abbandonargli una carezza sul viso perfetto per scusarmi. Non arrivai a sfiorarlo, però; mi sentivo troppo in colpa. Avevo un nodo alla gola e le lacrime agli occhi, mentre ripensavo a ciò che avevo fatto, che avevo detto.

"Non voglio avere a che fare con te! Mai più! Stammi lontano, essere schifoso!"

Iniziai a piangere ricordando il dolore dipinto sul volto di Liam. Come avevo potuto essere così crudele? E tutto perché... perché ero un codardo, che non voleva ammettere la verità. 

Perché non riuscivo ad accettare di aver vissuto nella menzogna per anni. Ma era così. Perché io ero gay. Perché io provavo qualcosa per Liam. Era come un tesoro proibito, per me. Mi ero comportato da sciocco, avevo fatto inutilmente soffrire entrambi.

«Ciao» sentii.

Sembrava Liam, ma la sua voce era distante, e non potevo vederlo.

«Ehm... so che non mi vuoi qui, ma... ho scoperto ora che...» si schiarì la voce. «Sto parlando, ma tu non puoi sentirmi, quindi è piuttosto inutile... Io... aspetterò qui».

«No! Liam! Ti sento!» urlai.

Ma ero ancora in quel mondo di oscurità e, fino a che non fossi tornato alla realtà, lui non avrebbe potuto sentirmi.

«Ciao, caro» disse mia madre. Probabilmente stava parlando con Liam. «Sei un amico di Andrew?»

Liam esitò. «Non... non esattamente... ma a scuola si è parlato parecchio di ciò che gli è successo, quindi ho voluto venire a vedere come stava».

«I dottori dicono che si sveglierà» mia madre cercò di infondere speranza, ma la sua voce era intrisa dal dolore.

Quanto avrei voluto aprire gli occhi, afferrarle la mano e sorriderle, per dirle che andava tutto bene. Immaginavo il suo dolore, lei avrebbe voluto tanti figli, ma la prospettiva di perdere l'unico che le era stato concesso...

«Mamma, sono qui» mormorai con la voce spezzata dalle lacrime, anche se sapevo bene che in realtà non stavo parlando, che era solo nella mia testa.

***

Non so per quanto rimasi in quello stato, ad ascoltare i pianti di mia mamma quando credeva che nessuno potesse sentirla, mio padre che borbottava tra sé: «È forte, si sveglierà», Liam che mormorava con un filo di voce - più a sé stesso che a me - cosa provava, con un coraggio che non credevo potesse avere. 

So solo che, ad un certo punto, sentii la voce di Liam più vivida, più vicina.

«Dovresti svegliarti, sai? E non lo dico solo perché mi manca perfino la tua stronzaggine... manchi a tutti. Ai tuoi genitori, ai tuoi amici. Trovano tutti strano che io sia qui, però non riesco ad andarmene. So che dovrei, perché non mi vuoi qui, perché quando capirai che sono in questa stanza accanto a te mi urlerai di nuovo contro cose orribili... E Billy non la finisce di ripeterlo, "Ha ragione, tu meriti solo le parole che ti ha dedicato, tu non sarai mai felice ed è giusto così". Eppure sono ancora qui... Credo sia la prima volta che faccio qualcosa di coraggioso» Liam sospirò pesantemente, riprendendo fiato. Immaginai i suoi occhi color ghiaccio chiudersi e riaprirsi velocemente non appena riprese a parlare. «Quello che voglio dire è... Svegliati. Per favore. Preferisco che tu mi odi, preferisco che tu mi ferisca, piuttosto che vederti inerme in un letto...»

Come poteva essere così tanto dolce, nonostante tutto? Nonostante ciò che avevo detto?

Forse... forse è perché se si ama una rosa, non se ne amano solo i petali. In quel caso si può dire di ammirare la bellezza del fiore. Se tu ami una rosa, ami i petali così come le spine. Per amare una rosa, non devi aver paura di ferirti con le spine, pur di goderti i suoi petali.

Senza pensare, gli afferrai una mano. Fu così che mi svegliai, senza pensarci. Aprii gli occhi a rallentatore, ma in tempo per cogliere l'espressione confusa di Liam.

«T-tu...» mormorò

«Ho sentito» confermai.

Fece per ritrarre la mano, abbassando gli occhi in un moto di vergogna, ma trattenni le sue dita tra le mie.

Non ci fu bisogno di altre parole. Liam sorrise, quel gesto che dedicava solo a me. Rimanemmo così per qualche secondo, poi trovai il coraggio di porre la domanda che mi tormentava.

«Liam?»

«Sì?»

«Ma come fai?»

Scrollò le spalle, confuso. «A cosa ti riferisci?»

«Come fai a capirlo? A... ad ammetterlo?»

Comprese immediatamente. Esitò un momento, poi prese un sospiro e strinse la stretta sulla mia mano. «Ammettere la verità a sé stessi è ancora più difficile che dirla agli altri, vero? Ma se vuoi essere felice devi imparare a farlo. Devi imparare a conoscerti, altrimenti non farai altro che seguire il copione di una vita scritta da qualcun altro».

Calò nuovamente il silenzio. Lo guardai negli occhi, cercando il coraggio che lui aveva avuto e che io, invece, non avevo nemmeno cercato.

«Io... io non voglio più seguire il mio copione» sussurrai.

Una lenta consapevolezza si fece strada sul suo volto. Sorrise, ma rimase immobile. Lo guardai, gli accarezzai la guancia delicatamente. Era attento, seguiva ogni mio gesto. Lentamente, lo avvicinai a me. Io non potevo alzarmi, le costole mi facevano un male terribile. Le nostre labbra si sfiorarono, e fu quello il momento in cui capii che sì, Liam era quello giusto.

Angolo autrice

Inizio col dire che questo capitolo, specialmente l'inizio, mi ha distrutta emotivamente.

Però sono tanto felice di com'è venuto, spero sia piaciuto anche a voi, nel caso fosse così, lasciate commenti e stelline ☺

SI SONO BACIATI! E finalmente la discussione del prologo ha avuto un ambientazione e un contesto. Finalmente Andrew ha avuto il coraggio di ammettere a sè stesso la verità. Finalmente Liam comincia a ribellarsi a Billy e alle proprie paure.

Ora le cose non possono che andare meglio... o peggio? Ehehehe vedrete...

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