29. Liam: lividi e abbracci

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Rimasi tutto il giorno a letto, alternando momenti di pianto e altri di semplice nauseabonda tristezza

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Rimasi tutto il giorno a letto, alternando momenti di pianto e altri di semplice nauseabonda tristezza.

Stavo male come poche volte nella mia vita.

Billy continuava a insultarmi; a dire che era ciò che meritavo, per essermi illuso che qualcuno potesse realmente amarmi.

Io tentavo di non ascoltarla, ma lei ormai aveva il controllo di me, come prima di conoscere Andrew. Lei decideva, e io non potevo fare altro che obbedire.

C'erano anche momenti in cui non ero lucido; vedevo nero, e sentivo di nuovo tante voci, come quando ero piccolo.

Anche loro mi deridevano, dicevano quanto fossi inutile, sciocco, patetico. Una di loro, di cui non ricordavo il nome, disse che avrei fatto meglio a suicidarmi. Che sarebbe stata una liberazione per tutti.

Cercavo di ignorarli, premendomi le mani sulle orecchie, mentre le lacrime scorrevano sulle mie guance.

Ad un certo punto la porta si aprì. Alzai il viso, tremante, e incontrai lo sguardo dei miei fratelli maggiori. I loro occhi castani brillavano maligni, i capelli neri come al solito disordinati.

«Oh, il piccoletto è tornato ad essere matto!» Blake rise, seguito a ruota da Oscar e Hudson.

«Mi sa che tocca a noi farlo rinsavire» ghignò Hudson.

Oscar si sfregò le mani, mostrando di approvare l'idea.

Deglutii, impaurito, ma non mi mossi. Forse, se non avessi litigato con Andrew avrei reagito. Purtroppo, però, ero tornato debole.

Hudson mi prese le braccia, trascinandomi giù dal letto, e poi in ginocchio sulle fredde piastrelle. Con una mano mi tenne forte i polsi, con l'altra mi afferrò per i capelli, trascinandomi la testa indietro.

«No... Lasciatemi...» mormorai a bassa voce.

Non mi ascoltarono, ma non mi ero aspettato che lo facessero.

Il primo pugno fu di Oscar, il secondo di Blake, ma dopo di essi persi il conto. Sentii solo colpi su colpi, prima sul viso, poi a seguito dell'impatto contro al pavimento, anche nello stomaco, sulla schiena, dappertutto.

Non so per quanto durò, ma alla fine decisero che era abbastanza e mi lasciarono lì, senza dire nulla.

Il silenzio era vibrante attorno a me, ma venne presto spezzato dai miei singhiozzi.

***

Passarono minuti, forse ore, prima che mi decidessi ad alzarmi. Andai in bagno, medicai i tagli, il naso, rigettati un po' di sangue nel gabinetto e mi lavai il viso. Uscii senza guardarmi allo specchio, non volevo vedermi, non volevo rendermi conto di essere ancora io, nonostante tutto.

Ero cambiato tanto in pochissimo tempo, grazie ad Andrew. Mi ero illuso che tutto potesse andare bene, o almeno meglio.

Questo è ciò che ti meriti per esserti illuso, ghignò Billy, ma a malapena la ascoltai.

Sentivo di essere arrivato al limite, di aver toccato il fondo. Sentivo che stavo annegando in un mare di disperazione, in quello che mi circondava da sempre, ma ero sempre riuscito a rimanere a galla prima di allora. Eppure adesso ero appesantito, da più dolore, più delusioni, ed essi mi spingevano giù, facendomi mancare il fiato.

All'improvviso sentii un rumore, come sassolini contro il vetro della finestra. Mi alzai dal letto - non ricordavo nemmeno di essermi sdraiato sopra di esso - e spalancai la finestra.

«Andrew?» domandai confuso, rabbrividendo per l'aria fredda che mi sferzava.

«Sono stato uno stupido...» mormorò. «Mi dispiace tanto, Liam. Posso... Posso salire?»

Gli feci un cenno di consenso e mi scostai. Andrew si guardò attorno, prese la scala che mio padre utilizzava sì e no una volta l'anno, ma che continuava a rimanere in bella vista, e salì.

«Scusami» ripeté dopo essere entrato agilmente nella stanza. Aveva uno sguardo malinconico. «Tu... Liam, tu conti molto di più del parere della gente. Vorrei solo averlo capito prima, ma ormai è tardi, ti ho fatto soffrire» si avvicinò lentamente, posandomi una mano sulla guancia. «Scusa» ribadì.

Non dissi nulla, ma non mi ribellai al suo tocco.

«Sono pronto per dirlo a tutti» dichiarò Andrew con fermezza. «Se mi vuoi ancora...»

Gli presi la mano libera, intrecciai le dita alle sue. Andrew sorrise, mi attirò a sé, mi stampò un bacio sulla fronte. La differenza di altezza non era poi così eclatante: sì e no dieci centimetri. Ma amavo alzare lievemente lo sguardo per incontrare i suoi occhi verdi.

«È tutto a posto... Se sei disposto a rivelarlo a tutti, è a posto» sussurrai.

«Vorrei dirlo prima ai miei genitori, se non ti dispiace... e poi a tutti gli altri. Basta nasconderci» mentre pronunciava quelle parole, mi strinse a sé con affetto.

«Va bene...»

«Organizzo una cena, ti va? Vieni anche tu, glielo dici con me, ti presenti» propose.

Accettai senza neanche pensarci.

Andrew sorrise, felice di aver sistemato le cose, poi sfiorò i lividi e i tagli sul mio volto, preoccupato. «Che ti è successo? Prima avevo così paura che mi rifiutassi che non l'ho notato, ma... Cazzo Liam, cosa sono?»

«I miei fratelli... hanno sentito che parlavo con Billy e mi hanno picchiato» spiegai frettolosamente. «Però non ho voglia di parlare, ok? Solo... stiamo un po' insieme?»

Andrew annuì e mi accolse nuovamente tra le sue braccia.

Smisi di pensare. Mi accoccolai sul suo petto, giochicchiando come amavo fare con i suoi capelli, mentre lui mi accarezzava la schiena.

Billy provò a parlare, ma ora che Andrew era con me, lei non aveva più potere.

Angolino autrice

Giuro, non lo faccio apposta!

Liam è stato picchiato, di nuovo. Ma almeno ha fatto pace con Andrew!

Questi due diventano sempre più teneri! ♥

Come credete che andrà, ora che Andrew si è deciso a rivelare tutto? Come reagiranno i genitori di Andrew?

Se il capitolo vi è piaciuto lasciate commenti e stelline ♥

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