19. Liam: piccolo e insignificante

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Non appena le mie labbra e quelle di Andrew entrarono in contatto, un brivido mi percorse la schiena

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Non appena le mie labbra e quelle di Andrew entrarono in contatto, un brivido mi percorse la schiena. Le sue braccia mi avvolsero, e io mi abbandonai contro il lui, ma delicatamente, per non fargli male. Iniziò ad accarezzarmi la schiena e i capelli, con dolcezza, premendo le labbra sulle mie con più insistenza.

Non so per quando durò quel momento perfetto, ma ad un certo punto fummo costretti a separarci, senza fiato.

I suoi occhi cercarono i miei, così come la sua mano. Incrociammo lo sguardo e intrecciammo le dita.

«Mi dispiace...» mormorò Andrew. «Ho fatto lo stronzo, e solo perché avevo troppa paura di ammettere chi sono davvero. E tu invece sei qui, ti sei preoccupato per me, sei rimasto qui nonostante tutto, non mi stai insultando per quanto lo meriterei».

È solo perché sei un inutile testardo, ringhiò Billy. Sei uno stupido! Perché sei venuto?! Perché l'hai baciato?!

«FA' SILENZIO, BILLY!»

La mia voce rimbombò nella stanza quasi vuota.

«Ehm... Liam? Che...?» Andrew mi osservò confuso.

«Te lo racconto un'altra volta» sospirai.

Non insistette e io mi affrettai a cambiare argomento. «Comunque, lo capisco. È stato difficile per te ammettere di provare qualcosa per me. È normale, davvero».

Andrew sorrise riconoscente e mi prese la mano. Rimanemmo in silenzio, guardandoci con dolcezza, come per goderci quei momenti che avremmo ricordato per sempre.

«Ehilà, sei sveglio finalmente!» esclamò Mason entrando nella stanza, seguito da Jason e Tyler.

Andrew mi lasciò velocemente la mano, poggiandola con il palmo aperto sul lenzuolo. Mi si strinse il cuore. Capivo, aveva appena compreso la verità su sé stesso, doveva aver bisogno di tempo per dirlo ai propri amici. Però faceva male comunque.

Avevo passato tutta la vita rinnegato dalla mia famiglia, a farmi insultare e picchiare da chiunque, a casa e a scuola. Era stata la prima volta in cui ero riuscito a comprendere me stesso, ad ammettere la verità senza ascoltare nessun altro. E ora, era qualcun altro a rinnegarmi, l'unica persona che non avrebbe dovuto farlo.

Mi impegnai a nascondere tutto questo dietro un sorriso esitante.

Si vergogna di te. Sa che siete sbagliati. Lui almeno ha un briciolo di intelligenza.

Strinsi la mano a pugno, cercando di ignorare lei e gli amici di Andrew.

Non riuscendoci, scattai in piedi e me ne andai. Fuori pioveva, fui fradicio in pochi secondi, ma non me ne accorgevo neanche. Camminai lentamente per le strade, raggiungendo solo dopo un bel po' di tempo casa mia. Entrai dal retro, silenziosamente, e nessuno si accorse di me.

Salii in camera, mi sedetti sul pavimento e cominciai a pensare.

***

Dopo la mia confessione e le dure parole di Andrew, mi ero rifugiato in un parco giochi. Ci ero rimasto fino alla mattina seguente, a rimuginare, a piangere, e poi mi ero comprato qualcosa da mangiare con i pochi soldi che avevo trovato nelle tasche. Non volevo andare a scuola, avrei rischiato di vedere Andrew ed era l'ultima cosa che volevo. Passai perciò la giornata a gironzolare per la città.

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