Capitolo 12

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Jeremiah
Era passata più di una settimana da quando avevo accompagnato Lexi all'ospedale. Avevo ripreso a seguire le lezioni. E i miei amici a fare festa. Ma io ero ancora troppo debole per andare con loro, quindi avevo passate le ultime sere da solo nel dormitorio. Mi mancava Belly. Avevamo passato così tante ore insieme in camera mia che era strano stare lì senza di lei. Soprattutto ora che erano tornati tutti gli altri. Ma quando la pensavo troppo finivo per arrabbiarmi e quella sensazione di vuoto se ne andava. Non l'avevo ancora rivista dal giorno dell'incidente e speravo di tardare quel momento al più tardi possibile.

Era un lunedì sera e mi stavo annoiando, presi il telefono e senza pensarci chiamai Lexi.
"Pronto? Jeremiah?" sorrisi, diceva sempre il nome a voce alta, anche quando non serviva.
"Ciao Lexi, come stai?" lo feci anche io.
"Bene, ho imparato a camminare con le stampelle e i lividi stanno iniziando a scomparire. Tu come stai?" era felice.
"Anche io sto bene. Ma non a tal punto da uscire a bere con i miei amici, perciò sono in camera ad annoiarmi." in realtà non l'avevo chiamata per lamentarmi, mi pentii appena mi sentii dire quelle cose a voce alta.
"Ti va di andare a prendere lo zucchero filato?"
non mi aspettavo che me lo chiedesse.
"Non ci sei ancora stata? È passato un sacco di tempo!" la sgridai per non aver ancora esaudito il suo desiderio, rise.
"Non ho trovato il momento giusto." si giustificò.
"10 minuti e passo a prenderti." dissi, deciso.
"Ho ancora le stampelle e il tutore, me ne servono almeno 15 per cambiarmi." fui io a ridere.
"Facciamo 15 allora." chiuse la chiamata.

15 minuti dopo uscì di casa.
"Puntualissima." le dissi mentre saliva in auto.
"Alla fine mi sono serviti soltanto 10 minuti, ma ormai non potevo smentirmi." scoppiai a ridere e mi dimenticai in fretta della noia che avevo provato prima di uscire. Lungo il tragitto le raccontai come erano andati i miei primi giorni di lezione e Lexi fece altrettanto.
"Sai ovunque vada c'è sempre qualcuno che si offre di portarmi lo zaino da quando ho le stampelle. È bello vedere che le persone sono gentili con chi ne ha bisogno, anche con gli sconosciuti." era molto fiera della sua affermazione e quando mi vide storcere il naso se la prese un po'. "Che c'è? Non sei d'accordo?"
"Non credo che le persone siano gentili con tutti allo stesso modo. Tu sei una ragazza, sei giovane, carina e sorridente. È naturale che ti aiutino." ammisi, spiegando il mio pensiero.
"Quindi se fossi stata un vecchietto scorbutico e senza denti non mi avresti accompagnata alla visita?" usò un tono offeso che finì per mescolarsi ad una risata.
"Sì che ti avrei accompagnata, ma probabilmente non mi sarei offerto per la volta successiva." mi diede un piccolo colpo sulla spalla.
"Non ci siamo per niente." concluse divertita. "Oh no." disse guardando fuori dal finestrino. "Non era lì lo zucchero filato?" indicò il lato della strada.
"Ma non c'è niente lì. Non me lo dire."
"Sì, era proprio lì. È chiuso!" scoppiammo a ridere di nuovo. "E adesso?"
"Ti va un frappé?" le domandai, cercando di limitare la sua delusione.
"Che frappé sia." in realtà non sembrava delusa, ma soltanto un po' dispiaciuta.

La portai nel posto in cui andavo di solito con i miei amici. Prendemmo due frappé e ci sedemmo ad un tavolo a chiacchierare. Mi piaceva passare il tempo con lei, scherzava e rideva in continuazione, ma da un momento all'altro poteva iniziare tranquillamente a discutere di un argomento serio e aveva interesse a sapere cosa ne pensassi.
Stavamo affrontando uno di quegli argomenti quando dalla porta d'ingresso del locale entrò Belly.

Non è sempre estate | Jeremiah FisherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora