Capitolo 25

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Jeremiah
Stavo clamorosamente perdendo contro Steven quando Conrad ci raggiunse in camera. Si mise dietro di noi in silenzio. La fortuna girò e recuperai Steven. Lo superai e vinsi.
"Non è possibile, avevo un vantaggio incredibile! Conrad la prossima volta puoi rimanere in salotto." sbraitò Steven.
Risi e anche Conrad accennò un sorriso.
"Posso fare una partita?" chiese come avrebbe fatto un bambino di 10 anni.
"Prendi il mio, devo riprendermi dalla brutta sconfitta." Steven gli passò il joystick.
Giocammo e vinsi. Per ben tre volte di fila. Mi domandai se mi stesse facendo vincere, ma quello era il suo gioco preferito, non avrebbe mai perso di proposito. Ci ritrovammo a ridere assieme al suo quarto fallimento e per un secondo mi scordai di tutto ciò che era successo negli ultimi anni. Lo guardai e vidi mio fratello maggiore di 10 anni, con gli occhiali e l'apparecchio, che cercava di spiegarmi come funzionasse quel gioco che avevamo appena comprato. In quell'istante non provai rabbia verso di lui.
"Sei già stato a trovare mamma? Dovremmo andare a cambiarle i fiori." gli chiesi.
"No, avevo in programma di andarci domattina. Vuoi venire con me?" disse timoroso. L'ultima volta che ci eravamo parlati lo avevo preso a botte.
"Sì."

Ci riunimmo intorno al tavolo, papà aveva dato il meglio di sé per quel pranzo. Io ero seduto accanto a Lexi e Steven. Vennero fuori diversi argomenti e ad un tratto ci trovammo a ridere tutti insieme, come un tempo. Poi parlammo dell'incidente. Vidi la mamma di Lexi aggrottare la fronte a seguito di una battuta di mio padre. Lexi fece allora notare come incidenti del genere portassero in genere a conseguenze molto più gravi di ciò che era accaduto a noi e di quanto dovessimo essere grati di vivere quel momento. Katie tornò così a rilassarsi. Laurel colse al volo le parole di Lexi per fare un brindisi a mia mamma. Mi rattristai pensando a lei. Poi pensai che sarebbe stata fiera di me, di vedermi al tavolo con quelle persone nonostante tutto.

Fu un pranzo piacevole. Non avevo grandi aspettative, ma rimasi soddisfatto.
Dopo esserci alzati da tavola, invitai Lexi a salire in camera con me. Volevo darle il mio regalo di Natale visto che nei giorni a seguire non ci saremmo visti.
"L'avevo immaginata proprio così la tua camera." si stirò alzando le braccia e si buttò sul letto.
"Perché ti immagini le camere di altre persone?" mi sedetti accanto a lei.
"Beh, la camera racconta più di quanto sembra sulla persona che ci dorme." si tirò su mettendosi a sedere.
"Ma io non dormo più qui. Comunque, questo è il mio regalo." le porsi il pacchetto che avevo fatto preparare.
Lexi lo scartò, si trattava di zucchero filato confezionato. Rise emozionata.
"Così quando non potremo andare a prenderlo avrai questo di scorta."
"Grazie Jer, questo è il tuo." prese dalla borsa un pacco incartato e infiocchettato.
Lo aprii. Era una cornice in legno verniciato di bianco, al posto della foto c'era la scritta 'Passo a prenderti'.
"Non hai neanche una foto nella tua camera all'università. Rimedia." si giustificò. "La scritta l'ho messa io in attesa che tu la sostituisca con la foto che vuoi mettere, è la frase che mi hai detto più spesso in questi mesi." ed era anche una delle frasi che mi aveva detto quando stavamo giocando a laser tag.
"Sai qual è la frase che tu dici più spesso?" sollevò il barattolo di zucchero filato e lo scosse divertita. "Bene, lo sai. Lo vuoi mangiare adesso non è vero?" risi della sua dipendenza da zucchero filato.

Tornammo dagli altri. Laurel non fece passare molto tempo prima di dire che era l'ora di andare. Ci salutammo, abbracciandoci e augurandoci buone cose. Quando fu il turno mio e di Belly la salutai, come si saluta un conoscente. Vidi un po' di nostalgia nei suoi occhi e un po' di rassegnazione. Forse aveva sperato che mi sarei comportato in un altro modo nei suoi confronti, ma per me era già tanto aver ricominciato a parlare con entrambi. I genitori di Lexi sotto la scia di Laurel iniziarono a ringraziare papà per l'ospitalità e ad avviarsi verso l'ingresso.
"Ho dimenticato la borsa su." affermò Lexi correndo su per le scale. La seguii.
"Grazie di essere venuta." le dissi quando entrammo in camera.
Mi prese entrambe le mani e le scosse con energia. "È andata bene. Sei contento?"
"Sì." ridacchiai, prima di abbracciarla.
Non ci abbracciavamo dalla serata al laser tag. Quell'abbraccio durò qualche secondo in più del tempo sufficiente per salutare una persona. Respirai il suo profumo prima che ci allontanassimo. La guardai per un istante ancora, sorridendo e tenendola per mano. Desiderai che non se ne andasse.
"Lexi..." avrei voluto dirglielo.
"Stavolta hai azzeccato il mio nome." scherzò. Ripensai che qualche ora prima l'avevo chiamata Belly e mi sentii uno stupido. Fui lieto di non aver detto niente. Mi avrebbe preso in giro.

Non è sempre estate | Jeremiah FisherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora