Capitolo 21

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Lexi
In quel periodo, in un giorno di fine novembre, io e Noah ci ritrovammo a studiare da soli. Eravamo in camera sua perché lì potevamo parlare a voce alta, in biblioteca non lo avremmo potuto fare. Stavo ragionando sul teorema che aveva spiegato il professore quella mattina, quando lo sorpresi ad osservarmi.
"Che c'è?" gli domandai interrompendo il ragionamento. Eravamo seduti uno di fronte all'altra, Noah si alzò e si buttò sul letto.
"Niente." sospirò.
"Guarda che non abbiamo finito!" lo sgridai.
Tornai a guardare il quaderno e mi arrivò un cuscino in pieno volto. Mi alzai divertita, raccolsi il cuscino e mi avvinai a Noah tentando di colpirlo in faccia. Mi capovolse facendomi sdraiare sotto di lui. I suoi occhi verdi brillavano. D'un tratto si fece serio e si allontanò, mettendosi a sedere sul letto.
"Tutto bene?" gli chiesi sedendomi accanto a lui.
Si girò verso di me e mi mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio, non eravamo mai stati così vicini. Noah era un bel ragazzo, ci conoscevamo dal secondo anno ed era sempre stato impegnato con qualche ragazza, perciò non avevo mai pensato a lui come più di un amico, fino a quel momento. Mi stava ancora osservando, con il volto a qualche centimetro di distanza dal mio. Sentii l'entusiasmo che era venuto a mancarmi nelle ultime settimane impossessarsi di nuovo di me. Avvicinammo i nostri visi nello stesso istante, fino a quando le nostre bocche si sfiorarono.
"Tutto bene?" disse allontanandosi un poco affinché potesse guardarmi negli occhi.
Sorrisi e acconsentii con la testa, prima di tornare a baciarlo. Stavolta con più passione.
Fu il suo compagno di stanza a interromperci qualche minuto dopo.

Ci rivedemmo a mensa il giorno dopo, assieme agli altri. Mi trattò come al solito e per l'intero pranzo mi chiesi se mi fossi sognata quel bacio. Infine, mentre mi dirigevo a lezione, mi fermò nel corridoio.
"Tutto bene?" sorrise osservandomi le labbra.
Le schiusi in un sorriso, pronunciando: "Tutto bene."
Si avvicinò e mi baciò lentamente.
"Ti va di andare a mangiare una pizza stasera?" mi domandò giocherellando con i miei capelli.
"Scelgo io il posto." affermai.

Iniziammo ad uscire spesso, per una pizza, per un hotdog o per una ciambella. In poco tempo però ci stancammo di uscire e cominciammo ad ordinare cibo a domicilio e a rimanere nella sua camera quando il suo coinquilino non c'era. Era facile stare con lui, Noah si faceva andare bene qualunque cosa, era disinteressato alla vita degli altri e gli piaceva parlare molto di se stesso. Era sufficiente ascoltarlo per renderlo felice.

Non è sempre estate | Jeremiah FisherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora