Capitolo 14

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Jeremiah
Era giovedì mattina, mi trovavo all'ingresso dell'Università con Josh quando vidi Lexi che stava camminando affianco a due ragazzi. Osservandola da lontano mi resi conto che era migliorata a camminare con le stampelle. Mi riconobbe e mi indicò parlando all'amico che aveva sulla destra, le stava portando lo zaino. Si avvicinarono mentre l'altro ragazzo proseguì senza di loro. Josh salutò l'amico di Lexi, spiegandomi che avevano frequentato un corso insieme. Si misero a parlare tra di loro, così mi voltai verso Lexi e chiacchierammo un po'.
"Dovrei chiederti un favore, quel passaggio per la riabilitazione è sempre valido?" mi chiese tenendo entrambe le stampelle nella mano sinistra e facendo stretching col braccio destro.
"Certo, ah no, dipende quando, oggi ho lezione fino alle 17." ragionai ad alta voce.
"Domani alle 16."
"D'accordo allora." le dissi, ma il suo amico mi parlò sopra dicendo: "Lexi se hai bisogno posso accompagnarti io."
"Derek tu domani devi accompagnare tua sorella alla presentazione delle matricole, me l'hai detto tu. Va bene Jeremiah, grazie. Comunque Jeremiah, Derek, Derek, Jeremiah." ci presentò Lexi.
"Josh." intervenne il mio amico. "Ragazzi per Halloween diamo una festa, se non avete niente da fare siete i benvenuti. Jeremiah tornerà tra noi dopo un lungo periodo di pausa." mi mise un braccio sulle spalle e fece un sorriso sornione. Quel gesto mi infastidì. Era pesante e temetti che la mia costola si potesse rompere da un momento all'altro. Si allontanò.
"Beh, potremmo passare, non abbiamo ancora organizzato niente." gli rispose Derek.
"Se non avrò più le stampelle, magari." disse Lexi.

L'indomani passai a prendere Lexi, era di buon umore e il suo profumo alla vaniglia invase la mia auto. L'accompagnai a fare riabilitazione, e in attesa che finisse andai a fare delle commissioni, nel mentre notai che il chiosco di zucchero filato era aperto. Quando tornai da lei, la vidi camminare faticosamente. Salì in auto.
"Come procede la riabilitazione?" le chiesi vedendola in difficoltà.
"A volte è dolorosa, ma procede bene. Tu che hai fatto nel frattempo?" cambiò argomento.
"Un giro, dovevo comprare un paio di cose. Ti va lo zucchero filato?" le proposi.
"Potrebbe essere la volta buona in cui riusciamo a prenderlo." disse entusiasta, dimenticandosi del dolore alla gamba.
Prendemmo due bastoncini di zucchero filato e ci sedemmo su una panchina.
"Non ho ancora detto a mia mamma che siamo amici." mi disse prendendo una nuvola di zucchero filato e mettendosela in bocca.
"Oh, è ancora arrabbiata con me?" domandai aspettandomi già la risposta.
"Non lo so. Non ne abbiamo più parlato. Ho sempre evitato di dirle 'Mi accompagna Jeremiah'."
"Sai in realtà le signore mi adorano una volta che imparano a conoscermi. Potrei presentarmi." scherzai. Rise.
"Magari un'altra volta. Tu come stai?" si fece improvvisamente seria.
"Bene, credo che la costola sia guarita quasi del tutto." le risposi mangiando un pezzo di zucchero filato.
"Non intendevo fisicamente."
Pensai di dirle che stavo bene anche mentalmente, non mi andava di rovinare l'atmosfera che si era creata con i miei problemi. Ma poi pensai che se non mi fossi sfogato con lei, non avrei potuto farlo con nessun altro. I miei amici potevano farmi ubriacare per dimenticare, o giocare con me fino alle 4 di notte all'XBox, ma non sarei riuscito a parlare con loro. Mio padre non era di certo la persona con cui parlare di queste cose. Mi mancava mamma, forse lei avrebbe potuto togliermi da questo disastro in cui ero finito. Forse avrebbe trovato il modo anche di farmi riallacciare i rapporti con Belly e Conrad. Decisi di dire a Lexi come stavo realmente. Le raccontai che in certi momenti pensavo di aver sbagliato tutto, in altri invece mi dicevo che almeno ero stato felice. Che a volte mi sentivo solo ed ero sul punto di chiamare Belly, o addirittura Conrad, ma il mio orgoglio me lo impediva. Che altre mi svegliavo nel cuore della notte perché avevo sognato di fare ancora e ancora quell'incidente. E di quando sognavo di essere ancora a Cousins Beach sulla spiaggia con mamma e non mi sarei mai voluto alzare.
Lexi mi ascoltò fino a che non ebbi più niente da dire. Mi sorrise, non mi diede alcun consiglio in particolare e gliene fui grato. Non le avevo raccontato quelle cose per ricevere qualche suggerimento, non avrebbe potuto dire niente per farmi pensare che ciò che mi era accaduto era stato un bene da un certo punto di vista o che dovevo solo imparare a conviverci.
"Jer non sono una psicologa, perciò voglio dirti solo una cosa, tu fanne ciò che vuoi. Ci sarà un momento in cui sentirai che la rabbia e il rancore verso di loro si saranno leggermente affievoliti, in quel momento non far vincere l'orgoglio, ma i sentimenti. Sono la tua famiglia e lo saranno per sempre."

Non è sempre estate | Jeremiah FisherDove le storie prendono vita. Scoprilo ora