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18 ottobre

Bakugou's pov

La notte era fredda, si sentivano solo le piccole gocce di pioggia cadere sulla ringhiera del balcone.

Ero seduto a terra, riparato. Guardai la mia pianta di rose, un petalo cadde.

Domani, o per meglio dire, oggi, sarei dovuto tornare a lavoro.

Eijiro... quel ragazzo era davvero strano. Mi aveva raccontato una parte della sua vita, di suoi traumi, con le lacrime agli occhi ma senza cambiare espressione.

Mi tornò in mente una frase. Quella che mi toccò di più:
-non riuscivo a morire-

Una persona nel fiore della sua età costretta a lavorare senza sosta, e all'oscuro di tutto. Anche del suo stesso cognome.

Capii solo quel giorno che lui aveva quasi tanti dubbi quanti ne avevo io.

Non sapeva chi fossero i suoi genitori, né perchè si trovasse a fare il maggiordomo.

I suoi ricordi partivano dai cinque anni circa, mi disse che a quella tenera età già lavorava duramente.

Negli ultimi tempi le cose erano peggiorate. Il suo padrone non lo faceva nemmeno dormire, egli lavorava anche di notte. Non riposava da giorni, e al più piccolo errore veniva frustato o picchiato.

Uccidersi per lui era diventato il motivo della sua vita.

Aveva provato a uccidersi in tutti i modi, ma non ci riusciva mai. Così decise di scappare.

Pensò che forse qualcosa o qualcuno volesse tenerlo in vita.

Aggrappandosi a questo unico pensiero ingegnò un piano per fuggire. Rubò una borsa con provviste e vestiti, la mise in un sacco e nell'unico momento in cui poteva attraversare il cancello per buttare la spazzatura, scappò via.

Quello era l'unico momento in cui poteva vedere la luce della luna e delle stelle. Quel momento per lui era magico, avrebbe passato le ore a guardare la luna in tutte le sue forme.

Ma era stato privato della libertà.

Un grande cancello lo separava dalla vera vita.

Questo era sorvegliato da guardie, disse che forse lo stavano cercando.

Non poteva dire cosa succedeva in quella casa, né rivelare il nome del suo padrone. Che a quanto ho capito era tanto ricco quanto tirchio, visto che come maggiordomo usava solo Eijiro.

Era una persona famosa, se il moro avesse raccontato tutto ciò che gli accadeva, la reputazione dell'altro sarebbe andata a rotoli.

Per questo sospettavamo che fosse ricercato, a meno che non lo avessero già dato per morto.

Pensai fosse meglio evitare di farlo uscire troppo di casa.

Presi il petalo, me lo rigirai tra le mani e poi lo gettai dal balcone.
Lo vidi cadere ondeggiando nell'aria, facendo una bellissima danza.

Dopo essere scappato dalla villa si addormentò affianco ad un edificio e si risvegliò in ospedale.

-ho visto un bravo dottore dagli occhi verdi... verde speranza, forse era un segno. Era coperto da un camice e una cuffia sui capelli. Se lo vedessi per strada non saprei riconoscerlo. Ma nei suoi occhi c'era la luce. Anche io un giorno vorrei avere la stessa luce negli occhi-

Occhi verdi... mh. Nah, non poteva essere lui.

Nella notte decise di scappare nuovamente. Non voleva più essere rinchiuso da nessuna parte.
-sono alla ricerca della libertà- subito ritornò a cucinare senza che io potessi dire altro.

Poi lo incontrai io e il resto lo sappiamo.

Il bracciale bianco era per il reparto dell'ospedale. Shinjuku era l'ospedale dietro il parcheggio. Come avevo fatto a dimenticarlo? Mi tirai i capelli all'indietro.

Accesi il mio telefono: 00:02. Mi alzai e andai in salotto a controllare che Eijiro dormisse.

Dovevo ammettere però il mio peccato, questa storia aveva portato un pizzico di energia alla mia vita vuota.

-che bello, è morbido!- aveva detto stupito mettendosi sul letto.

Non immaginavo nemmeno dove dormisse prima.

Proprio dove lo avevo lasciato, con la coperta perfettamente piegata di fianco, dormiva tranquillo. Fortuna che avevo comprato un divano-letto.

Tornai in camera mia e mi infilai sotto le coperte. Dovevo smetterla di fare così tardi la sera, ma quello era il mio momento. Solo io e la mia piantina di rose.

Chiamatemi pazzo, ma alle piante bisogna parlare. E io alla mia le raccontavo tutto.

Chiusi gli occhi.

Non riuscivo a prendere sonno. Mi rigirai nel letto sospirando più volte.

Mia madre diceva che quando non riuscivo a dormire dovevo pensare alle cose belle.

Quando ero piccolo pensavo al gelato, o all'estate, ai miei giocattoli. E così riuscivo a riaddormentarmi.

Avvolte capitava che mia madre si mettesse affianco a me e mi accarezzasse dolcemente la testa.

Abbracciai tristemente il mio cuscino.

-tranquillo tesoro, pensa alle cose che ti piacciono, così riuscirai a dormire da solo- mi accendeva sempre la lucina. Era a forma di ape, il pungiglione si illuminava di giallo.

Quando mio padre era a lavoro dormivamo spesso assieme nel suo letto.

Mi sentivo protetto, al sicuro.

Dopo tutti questi anni, avvolte, mi sembrava ancora di sentire la sua voce.

Happy Sugar Life KIRIBAKU Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora